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L’allarme

Carenza dei medici di base, Marinoni: “Bergamo tra le province peggiori d’Italia”

Il dottor Guido Marinoni, presidente dell'Ordine dei Medici di Bergamo: "Nella provincia orobica una settantina di posti scoperti"

Bergamo. Mancano i medici di base: secondo gli ultimi dati a disposizione in Italia sono 1.200 i posti vacanti e con ogni probabilità l’emergenza si aggraverà nei prossimi anni con i pensionamenti: sono attese, infatti, 35mila uscite entro il 2027.

Al momento almeno 1,5 milioni di italiani ne sono sprovvisti ma potrebbero essere di più, considerando che per ora i dati sulle carenze sono stati resi noti solo da 8 regioni. E in che condizioni si trova la provincia di Bergamo? Il dottor Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo, lancia l’allarme: “Penso che la situazione di Bergamo sia tra quelle peggiori d’Italia. Ci sono una settantina di posti scoperti e nei prossimi anni saranno di più, considerando che molti andranno in pensione. Ma c’è un problema anche sul corso di formazione specifico in medicina generale, per il quale a Bergamo per quest’anno c’erano una trentina di posti per iniziare il corso triennale e ne hanno coperti 19”.

Questo quadro è determinato da una serie di motivazioni. Illustrandole il dottor Marinoni specifica: “Innanzitutto, sono stati aumentati i posti alle scuole di specializzazione universitaria, quelle che preparano a svolgere l’attività ospedaliera come cardiologia, medicina interna, anestesia ecc e le borse di studio per quelle scuole sono di 1.800 euro mentre quelle del corso di formazione specifico in medicina generale per i medici di base 800 euro al mese. Questo aspetto già fa la differenza nella scelta del percorso formativo da intraprendere, poi va considerato che sul mercato del lavoro, dal punto di vista della retribuzione, la professione di medico di base non è competitiva rispetto a quello che può guadagnare un medico svolgendo altre attività. Inoltre il medico di base deve organizzarsi in prima persona, conseguentemente deve avere lo studio, il personale, la segretaria e l’infermiera, deve garantire una disponibilità per tutta la giornata, se va in ferie deve assicurare la presenza di un sostituto e se si ammala ha una copertura per malattia ma non è vantaggiosa come quella che si può avere in ospedale: queste condizioni rendono la professione meno appetibile. Inoltre, le tutele in caso di gravidanza sono maggiori se si va a lavorare in ospedale”.

“La segretaria, l’infermiera e/o il personale presente in ambulatorio – prosegue il presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo – vengono pagati dal medico che può fruire di contributi della regione che coprono i costi parzialmente. E anche le spese dello studio come l’affitto, le utenze ecc vengono pagate da lui stesso. La Regione eroga dei contributi ma nel caso in cui lo studio è di un singolo medico non coprono interamente i costi. Nel caso dei medici che lavorano assieme, dividendosi le spese per il personale e lo studio, invece, è possibile riuscirci ma bisogna comunque sapersi organizzare e c’è la possibilità di contare sul supporto delle cooperative dei medici di famiglia che con i loro servizi evitano al medico di doversi occupare di tutta la gestione”.

“A fronte di tutto questo – prosegue Marinoni – serve una disponibilità completa e totale: bisogna ascoltare i pazienti dalla mattina alla sera. La mole di lavoro è notevole, per farsi un’idea basta pensare solamente all’impegno telefonico e di e-mail in quest’ultimo periodo. Ma non è tutto: l’informatizzazione deve essere attuata bene, mentre attualmente c’è da impazzire con i sistemi informatici di Regione Lombardia. I medici di base stanno tutto il giorno attaccati al computer: un conto è avere un software che funzioni ed è user-friendly e un altro è averne uno che scarica delle incombenze su chi lo adopera e poi magari ha problemi di funzionamento”.

Guardando a come si potrebbe cominciare ad affrontare la problematica della carenza dei medici di base, il dottor Marinoni afferma: “Potrebbero arrivare medici di base dal sud, dove ce n’è un numero maggiore ma nessuno si sposta a Bergamo dove il costo della vita è più elevato. Più in generale, si dovrebbero migliorare le condizioni di lavoro dei medici di base ma non è solo una questione di trattamento economico: è necessario riorganizzare la professione per renderla appetibile. Intanto bisognerebbe cominciare a dire che, siccome non avremo un numero sufficiente di medici, andrà aumentato il numero degli assistiti per ogni medico ma per farlo bisogna garantire a tutti i medici la presenza di un’infermiera e di una segretaria, altrimenti la situazione non sarebbe gestibile. È stata istituita la figura dell’infermiere di famiglia che lavora nel distretto a intercettare i bisogni: è importante ma il problema è che ce ne vuole uno che lavori fianco a fianco con il medico, nello stesso ambulatorio”.

I Comuni possono fare qualcosa? “Molti – continua il presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo – si sono attivati, fanno pressione e in alcuni casi si sono anche organizzati per supportare i medici di base ma non hanno funzione sanitaria. Per rispondere a queste esigenze bisogna favorire l’aggregazione dei medici, fare in modo che siano facilitati se si uniscono e lavorano in quattro o cinque con il personale, che non significa perdere di vista gli spazi periferici”.

Per quanto riguarda il corso di formazione per diventare medici di base, il dottor Marinoni osserva: “Andrebbe incentivato migliorando le condizione economiche per far sì che più persone possano frequentarlo. Altri interventi non costerebbero nulla, per esempio bisognerebbe dare valenza accademica al corso. La specializzazione in università, infatti, ce l’ha mentre questo percorso no: è regionale e abilita a svolgere la professione in tutta Europa, alla fine è la stessa cosa ma anche questo tipo di incentivo avrebbe il suo peso”.

“È un’emergenza – osserva Marinoni – perchè la presenza dei medici di famiglia è fondamentale per la stabilità del sistema sanitario nazionale. Il problema, soprattutto, è la mancanza di governance: ho sentito dire persino che qualcuno pensa di risolverlo  facendo diventare dipendenti i medici di base. È assurdo per molti motivi, a cominciare dal fatto che ognuno dovrebbe poter scegliere il medico di famiglia senza trovarselo già assegnato: adesso purtroppo capita perché ce ne sono pochi ma se diventassero dipendenti ci sarebbe solo quello di turno. La libertà di scelta va tutelata: la differenza tra il medico di famiglia e un altro specialista consiste proprio nel fatto che non cura per ciclo di malattia ma per ciclo di fiducia. Con il paziente si deve instaurare un rapporto anche personale empatico: non basta avere il medico migliore perché se non si va d’accordo con lui e non si può cambiare diventa tutto è più complicato. Il quadro che si sta delineando è proprio il contrario di quello che dovrebbe essere la medicina di famiglia, che ha la caratteristica di essere longitudinale nel tempo, non legata a un episodio: si basa sulla creazione di un rapporto continuativo e con medici dipendenti non è nemmeno immaginabile. Ci sarebbero, poi, altre complicazioni, per esempio immaginiamo che venga indetto un bando di concorso per un posto di medico di famiglia in un paesino di alta valle: si faticherebbe a trovarlo, mentre la formula di professionista convenzionato garantisce più flessibilità. Infine, se i medici di famiglia fossero dipendenti dovremmo assicurargli la malattia, i vari permessi di gravidanza, le ferie retribuite ecc: per avere la giusta copertura bisognerebbe contare almeno sul 20-30% di medici in più ma non ci sono nemmeno quelli che servirebbero… significa che non si è capito quale sia il problema”.

Infine, il dottor Marinoni conclude: “Molte persone non hanno più il medico di famiglia e, per questo, in alcune realtà della Bergamasca è stata attivata la continuità assistenziale diurna, cioè i pazienti possono rivolgersi alla guardia medica anche di giorno: una soluzione che varia con i pensionamenti o con la possibilità di reperire sostituti temporanei. La pandemia da Covid ha drammaticamente evidenziato l’importanza della medicina del territorio e la carenza dei medici di base è un campanello d’allarme da non sottovalutare”.

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