L’urlo del Gorilla di Avola si sente fin dal Giappone. Il nono oro dell’Italia alle Olimpiadi di Tokyo 2020, l’oro che vale il superamento delle 8 medaglie conquistate nell’edizione di Rio 2016, viene dal karate. Da quella disciplina che per la prima volta fa la propria apparizione ai giochi olimpici e in casa propria, nel Giappone dove questo sport è nato. E viene da Luigi Busà, 33 anni, capitano della nazionale italiana di karate, che trionfa nel kumite nella categoria -75kg.
L’oro arriva dopo una finale col fiato sospeso, perché a contendersi l’oro con il carabiniere siciliano è il rivale di sempre, l’azero Rafael Aghayev. L’inizio è in salita, i due si conoscono da sempre e si studiano, non concedono niente l’uno all’altro. Da metà in poi della finale Luigi comincia ad alzare il ritmo. Infila un pugno e fa 1-0. Da lì in poi chiude ogni spazio, per Aghayev non c’è nulla da fare: è vittoria di misura.
Luigi ha coronato il sogno della sua vita, desiderato e inseguito da quando, bambino un po’ grassottello, sognava una medaglia a cinque cerchi seguendo gli allenamenti del proprio maestro, suo padre Sebastiano Busà. Emblema di costanza, determinazione, ma anche di lealtà, non si è mai dato per vinto. Ci ha sempre creduto, e dopo aver collezionato due titoli mondiali nel 2006 e nel 2012, e cinque europei, l’ultimo dei quali nel 2019 a Guadalajara, può aggiungere il titolo più bello di tutti, quello di campione olimpico.
Il percorso di Tokyo
La categoria di Luigi è la più attesa del torneo perché quella con gli atleti di più alto livello, nonché più titolati al mondo. È divisa in due pool da 5 atleti. Alle semifinali accedono i primi due classificati di ognuno dei gironi. Ogni atleta affronta i 4 avversari di pool in un sistema a punti: 2 per la vittoria dell’incontro, 1 per il pareggio e 0 per la sconfitta.
Luigi viene sorteggiato nella pool B. Inizia vincendo il primo incontro con il 33enne australiano Yahiro Tsuneari per 5-0, quasi in scioltezza, e guadagna i primi due punti in classifica nel girone. Al secondo turno il carabiniere siciliano invece fatica e viene infatti sconfitto dal giovanissimo kazako Nurkanat Azhikanov, atleta di soli 20 anni e vera sorpresa di questa categoria nonostante il mancato approdo in semifinale. Nel terzo match il capitano della nazionale italiana trova il tedesco Noah Bitsch ed inizia la risalita. I due concludono col punteggio di 2-2 ma Busà ottiene comunque la vittoria per senshu, ovvero per aver messo a segno il primo punto dell’incontro. Sale a quota 4 in classifica. Arriva l’ultimo turno, dove se la deve vedere con il rivale di sempre Rafael Aghayev: l’azero è considerato, assieme a Busà, il più forte di sempre. Il 36enne dell’Azerbaijan ha 6 punti nel girone, avendo battuto tutti i precedenti avversari. A Luigi serve dunque una vittoria per passare in semifinale a pari merito. Anche un pareggio basta per accedere come secondo, ma Luigi non può perdere. In questo scontro tra leggende nessuno dei due si risparmia. I due, oltre che avversari, sono veri amici fuori dal tatami. Vorrebbero ciascuno che l’altro passasse in semifinale per ritrovarsi a battersi per l’oro in quella che sarebbe stata una finale storica, una battaglia fra le leggende non solo della -75kg ma di tutto il karate. Mille volte si sono incontrati in carriera senza mai poter prevedere un vincitore. Alla fine però è proprio il gorilla d’Avola ad avere la meglio con il punteggio di 3-1. Entrambi concludono il proprio girone da primi in classifica con 6 punti avendo vinto 3 incontri su 4 ciascuno. Arriva quindi la semifinale: Luigi Busà se la deve vedere con il fortissimo ucraino Stanislav Horuna, mentre Aghayev con l’ungherese Gabor Harspataki. L’azero vince per 7-0, e dimostra che a 36 anni, a chi lo dava per finito e non più il campione inarrivabile di un tempo, è ancora lì. Luigi batte Horuna per 3-0. È finale: Busà-Aghayev. Il resto è storia.
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