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L'intervento

I mosaici del Battistero di Firenze risplendono grazie alla ricerca dell’Università di Bergamo fotogallery

Ha riaperto il bel San Giovanni e sono tornate visibili quattro delle otto pareti interne interamente restaurate. L’innovativa soluzione di ripristino dei mosaici parietali studiata dal Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate.

Bergamo. Sono tornati a splendere i mosaici trecenteschi raffiguranti profeti, santi e cherubini del Battistero di Firenze grazie al restauro diretto e finanziato dall’Opera di Santa Maria del Fiore che ha coinvolto anche il Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate dell’Università degli studi di Bergamo. Con la riapertura del monumento al pubblico è ora possibile ammirare i risultati dei lavori di ripristino su quattro delle otto pareti interne che hanno riportato a splendore, oltre ai mosaici, anche il rivestimento marmoreo e il monumento funebre dell’antipapa Giovanni XXIII, opera di Donatello e Michelozzo.

Iniziato nel 2017, il restauro delle pareti interne del più antico monumento della città di Firenze terminerà, salvo imprevisti, entro la fine dell’anno. La complessità del restauro, che ha operato contemporaneamente sul piano dell’architettura, della struttura e della decorazione a mosaico, ha richiesto una campagna di studi e analisi diagnostiche mai eseguita prima in maniera così approfondita sull’intero monumento e sulla sua storia, coinvolgendo diverse università italiane e laboratori specialistici, fra cui il team del Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate dell’Ateneo bergamasco guidato dal professor Luigi Coppola. Il docente, affiancato dai giovani ricercatori Denny Coffetti, Elena Crotti e Gabriele Gazzaniga, è stato chiamato a condurre la campagna di analisi sullo stato di degrado dei mosaici e a sviluppare l’innovativa tipologia di ripristino da adottare.

“Ogni intervento di conservazione e restauro richiede attente indagini diagnostiche per individuare le patologie di degrado e definire le migliori tecniche di ripristino da applicare – spiega l’ingegner Coppola, docente di Materiali per il restauro delle strutture e Materiali per l’edilizia nei corsi di laurea in Ingegneria Edile dell’Università degli studi di Bergamo –. Sviluppare la soluzione di ripristino su misura per questo delicato intervento è stata una sfida complessa: i mosaici parietali presentavano un importante e avanzato stato di degrado e la particolarissima tecnica utilizzata per la loro realizzazione, che si è rivelata essere un vero e proprio unicum nel panorama internazionale delle tecniche musive, ha richiesto un lungo lavoro di analisi e l’adozione di innovative tecnologie di indagine”.

Mosaici del battistero di Firenze
Luigi Coppola

I mosaici parietali nascono infatti fra il primo e il secondo decennio del Trecento come progetto di ampliamento di quelli della Cupola, estendendosi alle zone parietali dove in origine non era previsti. Come soluzione per sovrapporre il rivestimento musivo all’originario rivestimento marmoreo e ovviare al contempo ai problemi di stabilità della struttura, allora già conosciuti, i mosaicisti dell’epoca decisero di eseguire i mosaici su delle tavelle in terracotta, scalfite e fissate al marmo delle pareti del Battistero con perni centrali di ferro ribattuti e saldati a piombo. Anche l’impasto utilizzato per applicare le tessere si rivelò assolutamente originale: non fu impiegata una normale malta, ma un particolare mastice composto da calce aerea, olio di lino cotto e colofonia (una resina estratta dalle conifere) impastati a caldo. Il degrado di questo composto ha rappresentato le problematiche più complesse per il restauro: sottoposto nel tempo agli stress meccanici, alla forte umidità di risalita e agli sbalzi termici, presentava una fitta rete di microfessurazioni che non solo è andata a incidere sulla tenuta delle tessere, ma ha comportato anche distacchi del mastice dalla tavella in terracotta.

I ricercatori del Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate, quindi, hanno studiato innanzitutto una soluzione per il consolidamento strutturale del particolare mastice nelle parti interessate da questo fenomeno di microfessurazione intensa. La ricerca è stata condotta interamente nel laboratorio sui materiali cementizi (CEM-LAB) del Campus ingegneristico di Dalmine, dove è stato riprodotto un composto con caratteristiche similari a quelle del mastice degradato per pover effettuare prove di iniettabilità con diverse miscele e individuare la soluzione di consolidamento ottimale. È stata inoltre messa a punto una malta per l’ancoraggio dei mosaici alle tavelle in terracotta nelle parti in cui si era verificato il completo distacco del mastice, ottenendo una soluzione che garantisse una perfetta adesione fra i due materiali ma anche una certa flessibilità capace di assorbire gli inevitabili movimenti delle tavelle. Infine, è stata studiata una malta specifica per le integrazioni incise imitative che ha permesso di ricostruire le porzioni mancanti del rivestimento musivo, a seguito del distacco e della perdita delle tessere. Su queste malte incise sono state anche realizzate prove di invecchiamento accelerato per valutare la stabilità cromatica delle differenti colorazioni delle tessere, riproducendo le condizioni ambientali (in termini di umidità e temperatura) presenti nel Battistero e simulando l’azione della luce in laboratorio tramite lampade UV.

Mosaici del battistero di Firenze
Il team di ricercatori: Gabriele Gazzaniga, Elena Crotti e Denny Coffetti

“La ricerca sperimentale ha portato alla messa a punto di una serie di soluzioni di ripristino che rispondessero a tutte le problematiche incontrate, con un’attenzione particolare anche alla scelta di materiali tradizionali e a basso impatto ambientale. Siamo davvero orgogliosi di aver contribuito a questo grande lavoro di restauro e di poterne ammirare oggi i risultati” conclude il professor Coppola.

Attualmente sono in corso le indagini diagnostiche sulle quattro pareti ancora da restaurare, tra le quali si trova anche l’abside del Battistero, costruita nel 1202, a pianta rettangolare, del tipo definito a “scarsella”, rivestita nella volta e sull’arco trionfale da mosaici che furono oggetto di un importante restauro effettuato nei primi anni del Novecento, i cui effetti dovranno essere ora indagati per definire le metodologie di ripristino più idonee. Il progetto di restauro odierno non riguarda il ripristino dei mosaici della Cupola, che saranno oggetto di un successivo intervento.

“È stato sicuramente un onore per il nostro Dipartimento aver potuto contribuire, grazie alle competenze dei suoi docenti e ricercatori, alla salvaguardia e alla valorizzazione di un’opera così importante del patrimonio culturale del nostro Paese – dichiara Giovanna Barigozzi, Direttrice del Dipartimento di Ingegneria e Scienze Applicate UniBg –. È un esempio virtuoso di collaborazione tra il mondo accademico ed enti e imprese che saremo fieri di riportare anche in aula, nello spirito di una proficua contaminazione tra ricerca e didattica per la crescita dei nostri studenti”.

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