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A san pellegrino

Sanità, la Cisl Bergamo non promuove la riforma Moratti: “Serve più territorialità”

Niente firma sul protocollo di intesa con Regione Lombardia: "Abbiamo visto cosa è successo per la mancanza di una sanità territoriale efficiente"

“Noi non abbiamo potuto firmare un protocollo di intesa con Regione Lombardia sulla riforma della sanità, perché manca una forte e decisa programmazione a livello di territorio. Contiamo sulla possibilità di proseguire il confronto e incidere quando sarà il momento di proporre emendamenti”. Pierluigi Rancati, segretario di Cisl Lombardia, ha riassunto così lo stato dell’arte del dialogo con la giunta regionale sulla proposta di riforma elaborata da Letizia Moratti.

Palcoscenico, il consiglio generale della Cisl di Bergamo, al Casinò di San Pellegrino, interamente dedicato al panorama sanità. “Abbiamo visto cosa è successo per la mancanza di una sanità territoriale efficiente – ha esordito Francesco Corna, segretario generale del sindacato di via Carnovali, nell’introduzione dei lavori -. Oggi arrivano risorse attraverso il PNRR: dobbiamo fare tutto quanto nelle nostre possibilità perché sia invertita la rotta che ha portato a anni di tagli alla sanità pubblica da parte dei vari governi che si sono succeduti. Dobbiamo strutturare una sanità vicina alle persone che garantisca veramente una libertà di scelta tra pubblico e privato, ai quali vanno posti obbiettivi, obblighi e controlli univoci. Evitare confusioni di competenze tra gli organi preposti ai controlli poiché la confusione di responsabilità e attribuzioni favorisce le derive e le disfunzioni”.

La “location” della riunione ha consentito a Corna anche di spezzare una lancia nei confronti dell’ospedale di San Giovanni Bianco, oltre che di tutti gli ospedali di frontiera. “Le montagne non sono uguali a città e pianure. Anche la riforma sanitaria deve tenerne conto. Riteniamo che le zone montane – ha detto il sindacalista CISL – siano state penalizzate. Per mantenere i presidi in zone difficili bisogna investire di più. Invece, ultimamente, sia per San Giovanni, che per Lovere come per Piario, si sta assistendo a uno smantellamento di reparti, servizi o interi ospedali. Bisogna invertire la tendenza: più medicina territoriale, più strutture piccole, la presa in carico delle persone più fragili. Questo ci aspettiamo dalla riforma”.

La discussione in atto tra Regione e parti sociali ha scoperchiato uno degli alibi che hanno sorretto i tanti errori nella gestione della pandemia: “La debolezza della sanità lombarda non nasce solo per l’arrivo del Covid. Le criticità erano emerse anche prima, ma si era riuscito a nasconderle. Ora potrebbero sottoporci a nuove crisi sanitarie, se non adeguatamente corrette”, ha insistito Rancati.

Le richieste sindacali chiedono sul progetto del “distretto” un ruolo forte di programmazione; che il dipartimento della prevenzione sia ricomposto e assegnato all’interno di una azienda socio-sanitaria territoriale. “È una condizione bocciata da ogni livello politico amministrativo: lo ha fatto il ministero, lo ha fatto la corte dei conti: questa situazione non va bene – ha concluso il segretario regionale -, occorre modificarla”.

Il confronto, dunque, rimane importante, soprattutto alla luce del fatto che la legge di riforma assegna alle organizzazioni sindacali un tavolo per proporre politiche e programmazioni.
“La nostra attività dovrà continuare anche e soprattutto dal momento che la legge diventerà operativa – ha detto Osvaldo Domaneschi, segretario generale di Fnp Cisl Lombardia. Noi possiamo contare sulla nostra arma più efficace: lavoriamo sul territorio con alleanze e aperture verso amministrazioni locali e volontariato. Dobbiamo impegnarci per proposte concrete rispondenti ai bisogni delle persone, per un miglioramento del vivere comune”.

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