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Il clima

Lo spirito olimpico più forte del Covid: a Tokyo cerimonia inaugurale sobria, ma speranzosa

Fra lacrime di gioia e sorrisi d’incredulità nascosti dietro le mascherine d’ordinanza, i rappresentanti delle 206 delegazioni presenti hanno strappato la scena, facendo dimenticare per qualche istante l’assenza forzata del pubblico e il dolore degli ultimi mesi.

La solitudine è uno degli aspetti che abbiamo imparato a scoprire negli ultimi due anni. L’emergenza Coronavirus ci ha infatti costretti a ripensare alle relazioni con il mondo esterno, obbligandoci ad affrontare questa nuova realtà. Un frangente della nostra vita che vorremmo lasciarci immediatamente alle spalle e dimenticarci per sempre, ma con cui siamo ancora obbligati a fare i conti.

Il buio di questa fase non deve però sopraffarci e, con sacrificio, determinazione e un pizzico di fortuna, dobbiamo saperci rialzare come mostrato dagli artisti che hanno dato il via alla cerimonia d’apertura della 32ª edizione delle Olimpiadi in corso a Tokyo.

Piccoli gesti che non hanno semplicemente dato il via a una dei più celebri eventi del mondo, ma che hanno offerto all’intera umanità un messaggio di speranza e di rinascita che passa dall’attività sportiva, capace di unire e di sconfiggere anche le complessità che hanno contraddistinto la vigilia delle “Olimpiadi più difficili della storia”.

Difficoltà che sono state spesso affrontate con silenzio e sobrietà, elementi che hanno contraddistinto la manifestazione a cinque cerchi, ma che sono state superate soprattutto grazie alla collaborazione fra personale sanitario e fuoriclasse del mondo dello sport come ricordato dal presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach.

“Oggi è un momento di speranza, che ci offre l’occasione di fare un passo avanti verso il futuro. Se questa sera abbiamo potuto esser qui presenti, è grazie alla proverbiale perseveranza del popolo giapponese che ha saputo affrontare le incertezze legate alla pandemia. Un particolare ringraziamento va ai medici e agli infermieri che hanno provato a contenere i contagi, oltre che alle migliaia di volontari, principali ambasciatori di questo paese – ha spiegato l’ex schermitore tedesco -. La lezione che abbiamo imparato è che necessario aver più solidarietà all’interno delle società e fra le società, una solidarietà che deve basarsi sul rispetto, la condivisione e il prendersi cura degli altri. Se la distanza da chi amiamo di più ha reso il tunnel della pandemia più buio, la condivisione di questi istanti permetterà alla fiamma olimpica di rendere la luce in fondo ad esso ancora più brillante”.

Fra le note delicate di “Imagine” e i dolci ricordi dei Giochi del 1964, a brillare maggiormente è stato senza dubbio il fuoco sacro acceso dalla numero due del tennis mondiale Naomi Osaka.

Un faro che non ha illuminato l’impianto occupato da un centinaio di ospiti fra i quali l’imperatore Naruhito, ma che si è diffuso ben oltre i confini dello Stadio Nazionale di Tokyo bruciando ardentemente nel cuore degli oltre undicimila atleti al via.

Nonostante il sogno a cinque cerchi sia stato rinviato di un anno e messo in discussione più volte a causa dell’emergenza sanitaria, quest’ultimi non hanno mai mollato divenendo il perfetto esempio dello spirito offerto dalla kermesse olimpica.

Fra lacrime di gioia e sorrisi d’incredulità nascosti dietro le mascherine d’ordinanza, i rappresentanti delle 206 delegazioni presenti hanno strappato la scena, facendo dimenticare per qualche istante l’assenza forzata del pubblico e il dolore degli ultimi mesi.

“Seguendo la sfida che la pandemia ci ha imposto, ritengo che questa sera siamo riusciti a connettere milioni di mani in tutto il mondo – ha sottolineato la presidente del comitato organizzatore Seiko Hashimoto rivolgendosi agli atleti -. Abbiamo incoraggiato il vostro impegno in mezzo alle numerose problematiche presenti, permettendovi di credere in voi stessi e di venire ripagati con ricordi come questo. È il momento di iniziare perché la forza e la speranza che offrite unirà il mondo e il mondo vi sta aspettando”.

Se la cicatrice lasciata dal Covid difficilmente potrà esser rimarginata in tempi brevi, i volti dei partecipanti hanno lasciato spazio per qualche minuto alla gioia di sfilare a fianco in compagnia dei propri portabandiera, chiamati a rappresentare il proprio stato oltre che a tentare di riscrivere la storia della propria disciplina.

Una responsabilità di non poco conto che Jessica Rossi e Elia Viviani hanno condiviso guidando il tricolore nella notte nipponica, un compito che è stato accolto con grande entusiasmo anche da Paola Egonu che ha accompagnato la bandiera a cinque cerchi del CIO in rappresentanza dei cinque continenti.

Ora che il fuoco olimpico brucia incessante nel cielo di Tokyo è giunto il momento di lasciare spazio alle sfide sportive, con l’augurio di sentire l’Inno di Mameli risuonare presto fra le strade della capitale giapponese.

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