• Abbonati
L'anniversario

“Ricordare la storia di Borsellino è un’opera di vaccinazione esistenziale”

Nel giorno della strage di via D'Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta proponiamo l'omelia di padre Francesco Cavallini, gesuita bergamasco, alla Messa concelebrata con don Luigi Ciotti laddove al tempo si creò la voragine per l'esplosione

In questo giorno così significativo per Palermo e non solo in cui si fa memoria della strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Fabio Li Muli, proponiamo l’omelia di padre Francesco Cavallini, gesuita bergamasco, alla Messa che concludeva la prima giornata di commemorazioni organizzata dal Centro Studi Paolo e Rita Borsellino che indaga sul fenomeno mafioso. La messa, celebrata laddove al tempo si creò la voragine per l’esplosione, è stata celebrata dallo stesso padre Cavallini insieme a don Luigi Ciotti di Libera e don Mimmo della parrocchia di zona.

Ricordiamo che oggi, lunedì 19 luglio, continueranno tutto il giorno gli incontri in via D’Amelio e alle 16,58 ci sarà il minuto di silenzio in coincidenza con l’ora dell’esplosione dell’autobomba come oggi 29 anni fa.

Ecco l’omelia

Noi Celebriamo non per mantenere la memoria, ma perché la sua memoria è viva e “efficace” in noi per questo celebriamo ma consapevoli che deve essere veicolata alle nuove generazioni.

Ricordare la vita e la morte di Paolo Borsellino è iniettare nelle nostre vite e nella nostra società un antivirus, a quale pandemia? Quella dell’egoismo, quella della strumentalizzazione degli altri per il proprio tornaconto personale, quello della illegalità, quello della connivenza politica-mafia.

Personalmente per me è così e nelle mie attività con i giovani veicolare la storia di Falcone e Borsellino è un’opera di Vaccinazione esistenziale e spirituale nonché pedagogica.

Abbiamo scelto il Vangelo di Luca (22,39-48) per la celebrazioneperché lo riteniamo particolarmente in sintonia con la vicenda di Paolo.

Un Gesù consapevole dell’approssimarsi della sua morte che rimanere fedele alla sua missione di rivelare il vero volto di Dio, un Dio diverso predicato dalle diverse religioni, e per molti scandaloso. Ecco rimanere fedele a questa missione, a sé stesso, all’amore del Padre per ogni uomo fino al dono totale di sé stesso… vuol dire andare incontro alla morte. Ma nessuno sano vuole morire o è contento di morire. Ogni singola nostra cellula rifiuta la morte. E Gesù sperimenta la tristezza e la paura. Di più… la solitudine e il tradimento… e la tentazione di mollare, di scappare, di pensare a sé stesso. Come non leggere in parallelo alla vicenda di Gesù gli stati d’animo vissuti da Paolo Borsellino nei 57 giorni successivi alla strage di Capaci?

Nel Getzemani si realizza qualcosa di fondamentale per la vita di Gesù, per la vita di Paolo Borsellino e per la vita di ognuno di noi. Perché solo se entreremo nella logica del Getzemani potremo anche noi entrare nella Vita Vera in questo mondo. Altrimenti saremo condannati ad una vita mediocre, condizionata dalla paura e dal misero, sterile, egoismo personale.

La dinamica del Getzemani è quella di rimanere fedele al bene, all’amore, a sé stessi, alla propria missione, costi quel che costi.

Dirà Gesù: “A che serve guadagnare il mondo intero se si perde l’anima?” il senso della vita, la bellezza di essere uomini capaci di amore, coraggio, generosità. Lettera agli Ebrei 5,7: “Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà”

Sappiamo però che Gesù (e Borsellino) non fu esaudito (Dio non salva dalla morte ma nella morte…), ma lo fu nel senso che fu liberato dalla paura della morte. Fece esperienza di una particolare presenza consolante del Padre, resa dall’evangelista (che cita il salmo 33,8) con l’immagine dell’angelo che consola Gesù.

È il segreto della vita: quello che Borsellino sintetizza in una frase ormai famosa: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una sola volta”.

Noi parliamo di “consolazione senza causa” per me la prova provata dell’esistenza operativa di Dio in noi. Cioè una particolare pace, coraggio, speranza, resilienza che si sperimentano malgrado le condizioni esterne siano faticose, problematiche, dolorose. Esperibili a quanti cercando il bene e rimanendo fedeli a se stessi e alla parte migliore di sé incontra difficoltà, fatiche, problemi, guai.

Mi commuove sapere che Paolo Borsellino teneva nella sua scrivania la bibbia e che fu trovata con un segnalibro nel passo delle Beatitudini.

 

Messa Borsellino don ciotti padre cavallini

 

Beatitudine (in greco, makaria) non è felicità (in greco eudaimonia, assenza di mali e neanche olbios, abbondanza di beni) ms è un tipo di pace, serenità, armonia che include i problemi e le fatiche di chi in questo mondo si impegna per il bene!

Perché in questo mondo segnato dall’egoismo, dalla paura, dalla vulnerabilità, fare il bene vuol dire andare incontro ai guai. Ma ne deriva una vita sensata, realizzata, piena, gustosa malgrado i guai. Queste sono le Beatitudini: rispondere bene al male, rimanere fedele al bene! Costi quel che costi.

Ma fare memoria oggi non può rimanere un rito sterile ma va incarnato nell’oggi. Mettere in pratica l’esempio di Borsellino vuol dire.

Denunciare sempre la collusione Politica-mafia e tutta quella politica che è asservita agli interessi di pochi potenti più che al servizio del bene comune.

Denunciare quei funzionari, professionisti, avvocati, commercialisti, immobiliaristi, ecc. che campano e si arricchiscono aiutando l’amministrazione delle ricchezze provento di malaffare

Lo sfruttamento dei lavoratori. Ma quanti sono sfruttati, pagati in nero o peggio con una busta paga formale di una cifra e reale di molto meno?
Non abituarsi all’illegalità nelle piccole forme quotidiane,

alle raccomandazioni

al dover chiedere un favore per ottenere un servizio o un diritto dovuto

E chiedere allo stato e alle istituzioni Giustizia per questa strage e quella di Capaci, Pretendere la verità da chi qui a Palermo e a Roma rappresentano lo stato e le isituzioni

Combattere la povertà e il degrado sociale che alimenta la malavita

Concretamente. Se non facciamo questo è inutile e farisaico venire a celebrare la veglia, la memoria, la Messa in Via D’Amelio

Portando nel cuore l’esempio che alimenta in noi il desiderio di una Vita spesa con coraggio e generosità non ripiegata su sterili egoismi personali e condizionata dalla paura.

Costi quel che costi!

 

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI