Cinema

La recensione

“Black Widow”: Vedova Nera in fuga dal suo passato

Prequel cupo di “Avengers: Endgame” che fa luce sulle origini di Natasha Romanoff in quella che probabilmente sarà l’ultimo apparizione in un film Marvel per Scarlett Johansson.

Titolo: Black Widow

Regia: Cate Shortland

Durata: 133’

Genere: Azione, fantascienza, avventura

Interpreti: Scarlett Johansonn, Florence Pugh, David Harbour, O. T. Fagbenle, Olga Kurylenko

Programmazione: Cinema e Disney+ con accesso VIP

Valutazione IMBD: 6.9/10

Anno 1995, stato dell’Ohio nel Midwest degli Stati Uniti: Alexei Shostakov (David Harbour) e Melinda Vostokoff (Rachel Weisz) sono due spie russe in incognito che vivono negli USA in compagnia di Natasha (Scarlett Johansonn) e Yelena (Florence Pugh), bambine abilmente addestrate dal regime per diventare delle temibili macchine da guerra da utilizzare contro il nemico. Il programma di manipolazione infantile in questione si chiama “Stanza Rossa”, nome già noto ai fan di lunga data della Marvel sin dai tempi di “Avengers: Age of Ultron”, e ben presto le giovani assumono l’identità di “Vedove Nere” per agire sotto falso nome.

Nel 2016, a distanza di 19 anni, una Natasha Romanoff in cima alla lista delle persone più ricercate di tutto il paese e tagliata fuori dalla squadra degli Avengers, torna nella madre patria per affrontare un passato sempre più ingombrante, potendo però contare sull’aiuto di qualche vecchio alleato.

Basato sull’amatissimo e compianto personaggio di Natasha Romanoff, in arte Vedova Nera, appartenente all’universo dei fumetti Marvel Comics, “Black Widow” è il ventiquattresimo film del Marvel Cinematic Universe (anche noto come MCU), nonché il primo della “Fase Quattro” della sua narrazione. Ambientato a cavallo tra Captain America: Civil War e Avengers: Infinity War, la pellicola è un prequel utile a fare luce sulle sofferte origini del più misterioso tra i componenti del nucleo originale degli Avengers, ricreando una spy story che urla forte contro lo sfruttamento e la manipolazione minorile per fini politici e guerrafondai, ponendo inoltre l’accento sull’importanza della libertà e dell’emancipazione totale dell’individuo.

Giunto sui maxischermi di tutto il mondo con quasi un anno di ritardo a causa della pandemia, “Black Widow” è un film che a suon di sparatorie omicide e improbabili colpi di scena presenta tanto un comparto tecnico e visivo valido quanto una narrazione povera e scarna che, al contrario di quanto sarebbe lecito aspettarsi da un prequel, aggiunge poco o nulla all’universo del MCU, fungendo più che altro da commovente addio ad una Scarlett Johansonn che da più di 10 anni interpreta un personaggio che secondo molti ha terminato il suo ciclo narrativo.

Abbinando ad una trama mediocre un insieme di cliché tipici della cinematografia a stelle e strisce (la redenzione faticosa dopo anni di malefatte e il nucleo familiare diviso che dopo anni si riunisce per sconfiggere il male sono solo alcuni degli elementi ricorrenti all’interno della storia), “Black Widow” non riesce mai ad avere quello slancio emotivo che dovrebbe avere il primo capitolo di un’intera fase cinematografica pluriennale, lasciando un retrogusto amaro nella bocca di tutti quei fan che avrebbero preferito un addio più rispettoso e valido verso la povera Natasha.

Battuta migliore: “Dobbiamo tornare dove tutto è iniziato!”

Trailer

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