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L'intervista

Quali cure per il Covid? “Dal DNA informazioni utili per nuove terapie”

Ne parliamo con Ariela Benigni, segretario scientifico e coordinatore delle ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (IRCCS)

Quella che stiamo vivendo non è la prima epidemia da Coronavirus. Nel 2002 c’è stata la SARS-CoV originata in Cina e quattro anni dopo la MERS che ha colpito il Medio Oriente. Ma le epidemie da Coronavirus non si fermano qui. Nella storia si sono verificati avvenimenti analoghi che hanno avuto come protagonisti altri Coronavirus.

Un nuovo studio condotto da ricercatori australiani e americani ha rilevato che nel DNA dell’uomo ci sono i segni di risposta a precedenti epidemie da Coronavirus.

Analizzandoli si potrebbero ricavare informazioni utili per trovare nuove terapie: per saperne di più abbiamo intervistato la dottoressa Ariela Benigni, segretario scientifico e coordinatore delle ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (IRCCS).

Iniziamo da una premessa: il nostro DNA muta?

Cambia nel corso del tempo. Si replica continuamente ma di solito i suoi cambiamenti non comportano conseguenze: si tratta di piccole variazioni che non vengono percepite se non eseguendo il sequenziamento del DNA. Quando il codice genetico si modifica in modo importantesi verificano mutazioni nei geni, il risultato è il cambiamento della proteina che il gene produce e, in questo caso, può insorgere una malattia. Le cause di queste variazioni sono diverse e possono essere naturali o dovute ad altre ragioni.

In che senso?

Per quanto riguarda le mutazioni da cause naturali, queste sono il risultato di una variazione nel DNA avvenuta per caso durante il processo di replicazione (malattia genetica de novo) o ereditata da genitori portatori. I cambiamenti nel DNA possono derivare dall’esposizione dell’organismo a sostanze tossiche oppure a radiazioni come quelle che sono state sprigionate dalle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, che hanno provocato tumori. Ma le variazioni nel DNA possono avvenire anche quando entriamo in contatto con un virus. Tutti questi fattori interagiscono con il DNA dell’uomo e lo modificano.

Ci spieghi

La pandemia in corso non è l’unica accaduta nel tempo: storicamente se ne sono verificate altre. Uno studio che verrà pubblicato il mese prossimo sulla rivista scientifica Current Biology condotto da ricercatori dell’Australia e degli Stati Uniti ha rivelato che nel DNA di soggetti dell’Asia dell’Est ci sono i segni di risposta del DNA a un’epidemia di Coronavirus verificatasi 20mila anni fa in quella regione. Questa ricerca è stata condotta utilizzando la banca dati 1000 Genomi, che raccoglie tutte le sequenze di DNA di varie popolazioni umane, che derivano da tanti Paesi del mondo: l’obiettivo dello studio era di osservare se si siano verificate variazioni in queste popolazioni in certe parti del DNA in particolare nei geni che esprimono proteine che interagiscono con il virus.

E cosa è emerso?

I ricercatori hanno rilevato che nei DNA dei 1000 Genomi, solo in quelli derivanti dall’Asia dell’Est, patria ancestrale dei coronavirus, si sono verificate variazioni in alcuni geni umani che codificano per proteine che interagiscono con il virus. Sono proteine del sistema immune o proteine cellulari che vengono sfruttate dal virus a proprio vantaggio.

Cosa avviene?

Quando il virus infetta una cellula entra al suo interno e fa in modo che la cellula lavori per lui. Blocca, cioè, le proteine utili alla cellula per continuare a svolgere le proprie funzioni favorendo la sua duplicazione e la diffusione dell’infezione. Lo studio ha osservato che quando è avvenuta‘antica epidemia da Coronavirus le proteine del sistema immune e quelle importanti per la normale funzionalità cellulare sono variate, soprattutto nella popolazione asiatica. E’ possibile che questi cambiamenti abbiano aiutato gli antenati a sopravvivere e a migliorare la risposta alle infezioni.

I dati raccolti potranno aiutare a trovare nuovi farmaci o terapie contro il Covid?

Sì, sulla base delle informazioni ricavate da questo studio potremmo trovare il modo per potenziare la presenza delle proteine che il virus attacca quando infetta un individuo. In questo modo si potrebbe irrobustire l’organismo arricchendolo di queste proteine che evitano che il virus prevalga.

Esistono già farmaci con queste caratteristiche?

Ancora no: il motivo per cui si sta studiando la genetica è proprio quello di sviluppare nuovi farmaci o terapie. Oltre a capire quali siano i geni che il Coronavirus attacca, ci prepareremmo a proteggerli e addirittura a fare in modo che il nostro organismo produca più proteine che contrastino il virus. Ma stiamo ricavando informazioni utili anche da altre ricerche nel campo della genetica: molti studi hanno già identificato geni associati alla malattia.

Cosa si è scoperto?

Uno studio pubblicato qualche giorno fa sulla rivista scientifica Nature ha evidenziato che ci sono particolari zone del DNA associate alla malattia. Il lavoro ha coinvolto 3.500 autori provenienti da 25 Paesi diversi che hanno esaminato il DNA di 50mila soggetti in tutto il mondo. I risultati dimostrano che i geni associati alla malattia COVID-19 sono legati al tumore al polmone, alla fibrosi polmonare o alle malattie autoimmuni. I soggetti che ne sono affetti potrebbero essere maggiormente predisposti a sviluppare il Covid in forma più severa ma si tratta di dati riferiti a popolazioni molto eterogenee.

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