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Aderisce a leu

Tre su 3, Bergamo non ha più parlamentari 5 stelle. Dori: “Io con Conte, ma l’hanno azzoppato”

Dori dopo Bologna e Termini. Lui spiega: "Il M5S avrebbe dovuto darsi una guida forte, affidandosi a Giuseppe Conte. Pareva che si fosse finalmente imboccata la strada giusta. Poi, il brusco stop"

Devis Dori lascia il Movimento 5 Stelle e approda a Liberi e Uguali (LeU). È il terzo palamentare bergamasco che esce, per sua volontà o cacciato dal gruppo dei grillini (o ex grillini visto che oggi la leadership di Beppe Grillo è contesa da Giuseppe Conte) dal momento del’elezione, nel 2018: il terzo su tre eletti.  Dopo l’addio di Fabiola Bologna, approdata al Gruppo Misto nell’aprile del 2020 e dopo l’espulsione della trevigliese Guia Termini che il 19 febbraio 2021 aveva negato il voto di fiducia al neonato governo Draghi.

E Devis Dori perché cambia casacca? Lo spiega lui stesso in un lungo intervento sulla propria pagina Facebook, mostrando con chiarezza la propria sintonia con l’ex premier Conte che però, a suo dire, anche in caso di intesa finale dentro il Movimento (intesa peraltro raggiunta nella serata di domenica), non sarebbe libero di potare avanti le proprie istanze.

Ecco la sua spiegazione dell’addio. 

Da qualche tempo in Italia si sta concretizzando progressivamente un preciso disegno politico: il logoramento politico di Giuseppe Conte. In questo esatto momento ci troviamo in un punto di non ritorno, ogni giorno che passa la situazione diventa irreparabile. E di questa situazione il M5S si sta rendendo corresponsabile.

Il M5S avrebbe dovuto darsi una guida forte, affidandosi convintamente a Giuseppe Conte. Effettivamente pareva che si fosse finalmente imboccata la strada giusta. Poi, il brusco stop. Conte, dopo aver dedicato quattro mesi per rinnovare il M5S, è stato richiamato in panchina poco prima di tirare il calcio di rigore decisivo.

Ora è in atto nel M5S un’azione di mediazione per ricomporre la frattura tra Conte e Grillo. Al di là dell’esito di questa operazione, non si può fingere di non capire che la situazione sia ormai compromessa. Giuseppe Conte potrà anche riuscire a far passare la propria linea sullo Statuto e andare alla guida del M5S, ma rimarrà per sempre l’accusa di non avere “né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione. Io questo l’ho capito, e spero che possiate capirlo anche voi” (così si è espresso qualche giorno fa il Garante del M5S).

E non si può nemmeno sottovalutare il fatto che, anche qualora Giuseppe Conte dovesse prendere la guida del M5S, lo stesso si ritroverebbe – in seguito – una serie di altri ostacoli sulla sua strada, non ancora risolti col solo Statuto, a partire dalla deroga al limite dei 2 mandati. Altre mine quindi pronte ad indebolire ulteriormente Conte, magari in modo decisivo. Quella sullo Statuto potrebbe quindi rivelarsi una falsa vittoria, perché sarebbe solo l’inizio di una serie di altri nodi da risolvere, col rischio di scissioni ad ogni curva.

Per usare una metafora: è come se il M5S, anziché affidare a Giuseppe Conte la sua migliore auto, gli prestasse un’autovettura da ‘Scuola guida’, dove l’istruttore che siede accanto al guidatore può controllare i comandi e fermarlo in ogni momento. Nonostante Conte non sia uno sprovveduto (e l’ha dimostrato in questi tre anni, rivelandosi uno dei migliori Premier di sempre) e nonostante stia tenendo controllato accuratamente lo stato di manutenzione dell’auto, qualcuno sta lavorando per foragli il serbatoio del carburante. E quando, alla prima buca, sarà costretto a sostituire un pneumatico, si accorgerà che qualcuno ha fatto sparire il cric e la ruota di scorta, in modo da costringerlo a restare fermo e a chiamare i soccorsi. Ma, a quel punto, un suo progetto politico autonomo sarà definitivamente compromesso e il suo processo di logoramento completato.

Io quindi spero che numerosi parlamentari del M5S prendano atto di questa situazione prima che diventi irrimediabile.

L’obiettivo finale, infatti, non è solo il logoramento politico di Giuseppe Conte, ma l’indebolimento dell’intero centrosinistra. Nell’immediato, rendere il centrosinistra debole significa porlo in difficoltà nel far prevalere la propria posizione nell’ambito del Governo Draghi (basta vedere cosa è successo nell’ultima settimana); sulla lunga distanza, invece, lo scopo è quello di spianare la strada alle destre che, indisturbate, potrebbero anche spingere B. verso il Quirinale. Se qualcuno vuole rendersi responsabile di tutto ciò, io lo trovo inaccettabile e non me ne renderò complice.

L’Italia, invece, ha l’urgenza di compattare immediatamente il centrosinistra: l’appello sovranista per il futuro dell’Europa che alcuni partiti di destra hanno firmato qualche giorno fa dimostra l’urgenza di lavorare per la formazione di un forte fronte progressista.

Lunedì sarà annunciato alla Camera il mio passaggio al gruppo di Liberi e Uguali (Leu).

Da quei banchi continuerò il mio lavoro con un’attenzione particolare all’ambito minorile, troppo spesso dimenticato dal legislatore. Lavorerò anche – come già fatto finora – per far ripartire la trattazione della proposta di legge a mia prima firma sulla prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo approvata alla Camera il 29 gennaio 2020 e bloccata in modo inaccettabile al Senato da 18 mesi, come ho denunciato nel mio intervento di fine seduta del 23 aprile 2021. Per mesi ho continuato a sollecitare a più livelli i colleghi del M5S per riprendere i lavori su quel disegno di legge al Senato, ma non ho riscontrato il doveroso interesse verso un tema così importante, delicato e drammatico.

Condividendo l’attenzione di Leu ai temi ambientali, a quelli sociali (come il reddito di cittadinanza, prossimo obiettivo di smantellamento da parte del centrodestra), al lavoro e ai diritti civili, il mio lavoro continuerà senza ambiguità nell’ambito di un fronte progressista che non lasci indietro nessun cittadino.

Per un’Italia democratica, inclusiva, antifascista.

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