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Le storie

Ragazzi pro vaccino: “Liti coi miei genitori no vax”; ma anche: “Ho convinto mamma, lo farà”

Abbiamo raccolto testimonianze di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 28 anni bergamaschi che con difficoltà hanno dovuto (e continuano a farlo) affrontare il tema "vaccino" in casa, trovando genitori e parenti contrari, sfiduciati e critici nei confronti delle vaccinazioni anti Covid. Mentre ognuno di loro vuole continuare a sostenere la propria (liberissima) scelta di vaccinarsi.

“Mi ero segnata il 2 giugno nel promemoria dell’Iphone appena ho saputo che aprivano le vaccinazioni per i 18enni. Era fine maggio. E da lì sono iniziate le discussioni”. Francesca, diciottenne di Almenno San Salvatore, è solo una delle storie che abbiamo raccolto.

Testimonianze di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 28 anni bergamaschi che con difficoltà hanno dovuto (e continuano a farlo) affrontare il tema “vaccino” in casa, trovando genitori e parenti contrari, sfiduciati e critici nei confronti delle vaccinazioni anti Covid. Mentre ognuno di loro vuole continuare a sostenere la propria (liberissima) scelta di vaccinarsi.

“Non ti dico quanto ho dovuto litigare quando c’è stato il tira e molla sulla sospensione di Astrazeneca per gli under 60, sconsigliato, in particolare, per le donne”, ci racconta Giovanna di Bergamo, 26 anni. “Quest’anno ho iniziato a insegnare e come docente ho potuto prenotarmi per il vaccino. Era metà marzo e ancora dicevano che Astrazeneca era consigliato per gli under 60 e sconsigliato per gli over. Poi c’è stata la sospensione di un lotto. E il mio appuntamento è stato congelato, per poi essere riconfermato una settimana dopo. Sono iniziati a circolare articoli sul fatto che per le donne giovani era sconsigliato. E non puoi immaginare le discussioni in famiglia per cercare di convincermi a non farlo. Ma io volevo farlo e alla fine sono andata. Stessa scena per la seconda dose, ancora più aggravate dalla morte di quella ragazza, Camilla. Non è stato facile portare avanti la mia idea e andare al centro vaccinale”.

Storie comuni. Fin troppo comuni. Silenziose e nell’ombra delle mura domestiche.

Simbolo, forse, di un conflitto generazionale?

Ma che dimostra un approccio profondamente differente nei confronti della vaccinazione: tra i giovani che, nonostante tutte le aspettative e le narrazioni quotidiane che li disegnano come solo dei “teppisti” e con una voglia sfrenata di divertimento anche oltre i confini della legalità, e i genitori, gli adulti, che, per primi, portano sul braccio il segno di una vaccinazione fondamentale per la salute di tutti: quella del vaiolo. Ma che contro il Covid non credono nel vaccino.

Ad influire, certamente, è il fortissimo desiderio di tornare alla vita normale. Ai viaggi, gli abbracci, i concerti e le serate con gli amici. Ma, forse, anche un senso civico molto più forte nelle nuove generazioni.

I numeri parlano chiaro: la sera del 2 giugno, ancora prima che il portale Poste desse accesso a tutti i nati in Lombardia fra i 12 e i 29 anni c’erano già 76 mila persone in coda. E alle 18 del 3 il numero dei prenotati era 473.237. La maggior parte, 263.605 per la fascia 20-29 anni (dati al 3 giugno).

“Tutta la mia classe si è subito prenotata appena ha potuto: tutti e 30. Vogliamo goderci l’estate della nostra maturità e non avere più paura ad andare a trovare i nonni”, racconta la neo diplomata Gaia di Albino.

Mentre, solo in Bergamasca, sono attualmente 66.558 le persone appartenenti alla fascia d’età over 60 che non hanno ancora ricevuto né la prima né la seconda dose di vaccino, il 19,5% del totale. A questo numero, vanno sottratte circa 17 mila persone che però si sono prenotate. C’è dunque un “buco” di circa 49 mila over 60 che, per vari motivi, sono rimasti fuori dalla campagna vaccinale: il 14,5% del totale.

Dietro ai tanti no, però, ci sono tanti sì al vaccino da parte della popolazione over 60. E, forse, tanti sono anche merito dei figli che riescono a convincere i genitori.

“Ho 28 anni e io ho potuto vaccinarmi prima degli altri miei coetanei perché mia mamma aveva diritto a far vaccinare tre persone a lei vicine, care givers. La mia mamma ha la SLA”, ci racconta Marco, 28 anni, di Presezzo. “Durante tutto il 2020 non sono mai andato da lei perché avevo troppa paura di attaccarle qualcosa e quindi puoi immaginare la felicità appena ho potuto vaccinarmi. Ho pianto, credimi. Eppure, nonostante tutto questo, mio papà che vive con lei e che ha sempre vissuto con lei durante i mesi più difficili, non voleva vaccinarsi. Abbiamo litigato, tanto, tantissimo. Io che volevo assolutamente vaccinarmi anche e soprattutto per la mamma e lui invece che continuava a dirmi che sbagliavo, che mi univo al ‘gregge’ e chissà cosa c’era dentro quel vaccino. Alla fine l’ho fatto. E, strano ma vero, sono anche riuscito a convincere mio papà. Non è stato facile, eh. Ma non hai idea della soddisfazione quando l’ho portato in Fiera”.

“A fare più resistenza era mio papà. Aveva letto non so dove che il vaccino crea danni permanenti all’organismo e continuava a dirmi questa cosa – continua Francesca di Almenno – Ma io mi sono prenotata: non voglio più avere paura. Ma ora anche mio papà si è prenotato: è tornato da due giorni al mare con mamma (vaccinata) e per la paura non si è mai tolto la mascherina. E finalmente si è deciso. Spero, forse, grazie anche al mio esempio”.

Ma non è sempre facile l’opera di convincimento.

“Io non riesco a convincere mamma”, ci racconta Alessandro, 22 anni di Sant’Omobono. “É irremovibile, io e mio fratello (25 anni) ci siamo prenotati. Lei non vuole sentire ragione. E siamo tanto preoccupati: prende il pullman, va in palestra, frequenta le amiche e non è vaccinata. Non sappiamo più come fare”.

“Io sono riuscita a convincere solo mia mamma, mio papà è ancora fermo sulle sue posizioni – conclude il suo racconto Giovanna di Bergamo – Spero che alla fine tra me, mia mamma e i suoi amici, riusciremo a fargli cambiare idea”.

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