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Storia dei vaccini - 16

Polemiche ed errori, ma il futuro contro le pandemie è nelle vaccinazioni

Siamo al capitolo conclusivo della storia dei vaccini. Nonostante la credenza comune che le malattie infettive fossero state praticamente eliminate, infezioni nuove e riemergenti stanno comparendo.

Attraverso il nostro racconto, abbiamo imparato come la vaccinazione sia stata di grande importanza nel corso dei secoli. Tutto è iniziato con rudimentali tecniche di inoculazione risalenti al 1000 d.C. con cinesi, turchi e indiani; poi in ogni secolo e con ogni medico curioso, le tecniche di inoculazione miglioravano gradualmente, dando origine a nuove tecniche di vaccinazione, a partire da Edward Jenner e più tardi con Louis Pasteur e altri.

Tuttavia, c’è ancora molto spazio per migliorare con la presenza di altre possibili epidemie e la diffusione di malattie emergenti, come l’attuale pandemia insegna. Un obiettivo importante è rafforzare la base scientifica per lo sviluppo di vaccini e per l’azione di salute pubblica e la prevenzione delle malattie. Nonostante la credenza comune che le malattie infettive fossero state praticamente eliminate, infezioni nuove e riemergenti stanno comparendo. Di queste, insieme a infezioni resistenti ai farmaci (e a prescindere dal Covid-19), si è notato che negli ultimi due decenni è cresciuta l’incidenza in varie parti del mondo, e rischia di aumentare ancora nel prossimo futuro a causa, tra le altre cose, dei cambiamenti nella demografia, nel clima, nel comportamento umano, nell’immigrazione e nella velocità dei viaggi internazionali.

Oltre a mitigare le suddette cause, l’importanza dei vaccini e della loro sicurezza ha continuato a crescere per tutto il ventunesimo secolo, con lo sviluppo e l’autorizzazione di nuovi prodotti aggiunti al robusto armamentario di immunizzazione già in nostro possesso. I vaccini rimarranno quindi lo strumento più efficace di cui disponiamo per prevenire le malattie e migliorare la salute pubblica in futuro. Nonostante la campagna anti-vaccinazione e l’associazione di vaccini con alcuni effetti collaterali, essi continuano a rimanere una pietra angolare nella salute globale.

Controversie sui vaccini

Fin dall’introduzione dei primi vaccini, sono infuriate le campagne contro la vaccinazione. La causa, come per qualsiasi nuovo intervento medico, sono i possibili problemi di sicurezza che potevano essere deleteri per la salute pubblica. Le preoccupazioni relative ai vaccini seguono spesso un percorso che parte dall’ipotesi di un potenziale evento avverso che viene impulsivamente annunciato al pubblico, spesso senza avere ancora studi approfonditi per confermare questa ipotesi. La conseguenza è che la gente impiega diverso tempo per riconquistare la fiducia nel vaccino.

Un esempio notevole nella storia recente è l’articolo, pubblicato da Andrew Wakefield sulla rivista medica britannica Lancet nel 1998, che collegava il vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) all’autismo. Tuttavia, la sua ricerca è stata screditata e l’articolo è stato ritirato dalla rivista dopo che è stato dimostrato che in realtà non esiste alcun legame tra il vaccino MPR e l’autismo, In quanto i numeri del disturbo erano comparabili fra vaccinati e non.

La battaglia contro i vaccini non si è arrestata e sono ancora in corso campagne che provengono da motivi religiosi, politici, comunitari e persino individuali che sollevano anche questioni etiche riguardo alle vaccinazioni obbligatorie proposte dal governo. Secondo il CDC, annualmente il 95% dei bambini è vaccinato negli Stati Uniti, lasciando il 5% non vaccinato a causa di esenzioni religiose e filosofiche o anche per il rifiuto dei genitori a causa della paura degli effetti collaterali del vaccino e delle preoccupazioni riguardanti l’autismo da vaccini. Questo è ancora un numero critico poiché i non vaccinati rappresenterebbero il rischio di epidemie anche tra gli immunizzati, il che rende necessaria la necessità di ulteriori campagne di sensibilizzazione sull’importanza della vaccinazione poiché i vaccini rimangono l’unica misura plausibile di protezione contro malattie prevenibili.

L’esempio del vaiolo

Durante i primi anni del XIX secolo, quando la vaccinazione jenneriana muoveva i primi passi, i medici esprimevano “disgustosa sorpresa” di fronte alle resistenze opposte da singoli cittadini o da gruppi di popolazione ai programmi di vaccinazione, e giudicavano immeritevole “di scusa o discolpa di sorta alcuna” chi, rinunciando all’impiego del “prezioso preservativo contro il pestifero vaiolo umano”, esponeva “per tal modo la vita, la sanità, l’avvenenza dei propri figli, congiunti, o pupilli, a evidente rischio, potendo pure con sì facile e sicuro rimedio renderne immuni”.

Che cosa è successo nei 220 anni che ci separano dalla grande scoperta di Jenner? Prima dell’introduzione della vaccinazione, il vaiolo era un flagello che mieteva milioni di vittime in tutto il mondo, oggi è una malattia eradicata. Questo radicale mutamento dell’epidemiologia del vaiolo ha segnato il trionfo della vaccinazione jenneriana, ma ha posto alle autorità sanitarie un nuovo problema: infatti la vaccinazione antivaiolosa (come in generale tutte le vaccinazioni) non era scevra da temibili, anche se rare, complicanze, tra le quali, temibilissima, l’encefalite. Fino a quando il rischio di essere colpiti dal vaiolo è stato alto, il rischio di queste possibili e rare complicazioni è stato considerato un costo accettabile, di fronte all’enorme vantaggio rappresentato dalla generale immunità ottenuta con la vaccinazione obbligatoria e di fronte alla prospettiva di arrivare, attraverso questo mezzo, alla totale eradicazione della malattia.

Anche per quanto riguarda i vaccini contro il Covid-19, si evidenzia come il fenomeno della protezione comunitaria, a seguito del raggiungimento di un’elevata copertura immunitaria nella popolazione bersaglio, più comunemente nota come “immunità di gregge”, rappresenti il valore aggiunto della vaccinazione globale. Proprio per tale motivo non può essere pensabile che i benefici della vaccinazione non siano disponibili in modo equo per tutta la popolazione mondiale. Ciò costituisce anche la ragione storica delle politiche di obbligo vaccinale che hanno accompagnato le vaccinazioni anche prima delle contingenze attuali.

Ne consegue che il valore sociale delle vaccinazioni si riflette sia sul singolo individuo sia sulla collettività. Per la maggior parte delle malattie, ottenere elevate coperture vaccinali permette infatti di contenere la circolazione del microrganismo responsabile e, conseguentemente, garantisce una protezione alla comunità, cioè anche ai non vaccinati. L’impatto sulla salute della popolazione risulta dunque notevole in termini di contenimento dei danni della malattia o delle sue complicanze (morbosità, mortalità, ricorso a cure mediche, ospedalizzazioni) e di riduzione dei costi sia diretti che indiretti. In conclusione, si può sostenere che il rapporto tra benefici e rischi è ancora vantaggio della raccomandazione a vaccinarsi. Questa affermazione ha una sua valenza a prescindere dall’attuale pandemia o comunque ha, come abbiamo visto, molte tesi a sostegno e alcune, occorre dirlo, in favore dei no-vax. Quando però il vaccino è l’unica arma a disposizione, è necessario adeguarsi tutti.

Non possiamo pensare di uscire dalla pandemia Covid-19 se non in un’ottica collettiva. Dobbiamo ricordare che molte delle varianti più preoccupanti, quella brasiliana, quella indiana e quella sudafricana, sono nate in Paesi con meno risorse e, dunque, è fondamentale vaccinare e condividere i vaccini anche con il Paesi più poveri. Fornire loro i vaccini non significa toglierli al proprio: la domanda, infatti, fa capo a produttori differenti per gli uni e per gli altri Paesi. La scienza medica e la politica sanitaria sono chiamate anche alla sfida di saper informare/persuadere correttamente in modo tale che i singoli e la collettività apprezzino consapevolmente i vantaggi della vaccinazione e i suoi riflessi sulla salute individuale e sociale. In termini generali, la riduzione delle disuguaglianze in salute non ha solo un significato etico ma presenta anche un risvolto economico: i costi della malattia, della disabilità e della morte prematura, rappresentano infatti degli enormi ostacoli allo sviluppo e al benessere della società.

Dobbiamo perciò unire l’impegno etico e, dunque, la solidarietà globale, a un discorso di sicurezza. La sicurezza che non può prescindere da una condivisione dei vaccini per raggiungere il risultato più importante: l’immunizzazione globale.

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