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La storia

Mostre e concerti, l’artista svizzera Ladina Durisch ha raccolto fondi per le vittime bergamasche del Covid fotogallery

Mostre, concerti e una sottoscrizione con la quale ha raccolto 102mila franchi svizzeri donati alla comunità di Bergamo. Così l'artista Ladina Durisch ha deciso di sostenere la terra bergamasca colpita dal Covid. Nel giorno del suo compleanno, raccontiamo questa storia di speranza: perché anche nella disperazione più profonda, c'è sempre un mistero che soccorre l'uomo

Ci sono immagini che colpiscono il cuore, scuotono l’anima. Ci sono poi anime che smuovono il mondo e lo capovolgono anche nel vortice di una tempesta.

Le immagini che hanno colpito il cuore sono quelle della colonna di carri dell’esercito che trasportavano le bare dei morti di Covid a Bergamo. Un’anima immensa è quella di Ladina Durisch.  Artista a tutto tondo, pittrice di grande talento con base a Zurigo, che davanti a quella tragedia decise che non sarebbe rimasta inerme. Fu chiaro per lei che non sarebbe rimasta con le mani in mano davanti a quella prova che piegava la comunità bergamasca. Ha promosso mostre, ha invitato altri artisti a vedere le loro opere, ha tenuto concerti e ha aperto una sottoscrizione raccogliendo 102mila franchi svizzeri, (90mila euro ndr). Nell’ottobre scorso è stata a Bergamo e ha donato la somma alla Chiesa Valdese. A beneficiare di quella somma è stata la casa di riposo Caprotti Zavaritt di Gorle, con varie acquisizioni e progetti, come l’acquisto di cellulari e tablet per permettere agli ospiti di comunicare con i loro familiari, è stato aperto un consultorio psicologico telefonico e all’ingresso della struttura è stato installato un sanificatore.

Mercoledì 9 giugno è il compleanno di Ladina Durisch. Come segno di riconoscenza e di gratitudine abbiamo deciso di raccontare questa storia, perché anche nella disperazione più profonda c’è sempre un mistero che salva l’uomo. In questo caso ha le ali dell’arte e della musica di questa generosa e grande artista svizzera.

Signora Ladina Durisch, che cosa provò, quale fu la sua reazione emotiva alla vista delle immagini in televisione nel marzo 2020?
Per me fu un enorme shock, conoscevo le immagini di Wuhan, sapevo che c’era il corona virus dalla televisione. Ma lo shock era stato per me così forte perché quell’ atroce situazione era arrivata così vicino e c’era solo il Gottardo tra il Nord Italia e la Svizzera a dividerci. Mi sono resa conto quanto fosse vicino quell’immenso dramma. E posso solamente dire che è stato uno shock incredibile vedere quelle immagini, ho avvertito in me un’incredibile partecipazione emotiva, ero infinitamente triste. Per me è stata una delle più grandi catastrofi nella mia vita ed era così così vicina. Si sentono tante cose ogni giorno. Si è induriti dalle cattive notizie, di solito questi eventi tragici sono molto molto lontani, lì invece mi ha colpito l’esigua distanza con la mia vita qui in Svizzera. E quelle morti infinite, quell’infinito numero di destini umani e di famiglie colpite.

Che cosa decise di fare?
Io provengo da una famiglia, nella quale mio padre era del Cantone dei Grigioni mentre mia mamma è del Canton Ticino. Molto vicini all’Italia del nord. Io sono una persona che sente in maniera incredibilmente forte empatia se qualcuno sta male. Dall’età di sei anni avverto intensamente quello che avviene intorno a me e ciò che succedeva nella vostra terra mi ha colpito anche fisicamente, avevo veri dolori nel vedere quell’emergenza in Italia, a Bergamo. Non è che io abbia voluto “aiutare”, dovevo farlo! Era una necessità. Ho sentito di voler intervenire, cambiare qualcosa, anche nel mio piccolo: volevo soccorrere soprattutto le singole famiglie, i singoli destini, con un aiuto concreto.

Conosceva Bergamo?
Per la mia attività di pittrice sono stata spesso a Venezia e di solito facevo viaggi nei quali visitavo singole città e paesi. Bergamo era stata una delle mie destinazioni, avevo pranzato e anche dormito lì. Non so se posso dire di conoscere Bergamo, ero una turista che aveva sfiorato la vostra città. Ho contatti con la Chiesa di Grossmuenster a Zurigo e ho semplicemente provato a parlare con il sacrestano, poi con il pastore e in questo modo ne è risultata una meravigliosa costellazione: il pastore del Grossmuenster conosceva il Pastore Winfrid Pfannkuche di Bergamo e mi ha messo in contatto. Un meraviglioso contatto! Vorrei specificare che ho utilizzato l’arte, le mostre e i concerti come occasioni per festeggiare ad esempio compleanni, party con l’idea che i partecipanti rinunciassero ai regali, per farne invece donazioni a chi ne aveva bisogno. Così ho potuto raccogliere 102.000 franchi svizzeri (90 mila euro ndr), tra i miei conoscenti con i quali ho aperto una sottoscrizione.

Le opere di Ladina Durisch
Ladina Durisch consegna l'assegno al Pastore Winfrid Pfannkuche

Dopo la sua raccolta fondi lei venne personalmente a Bergamo nell’ottobre 2020 e consegnò generosamente un’ingente somma che aiutò le persone più fragili della casa di riposo Caprotti Zavaritt di Gorle. Che ricordi ha di questi giorni e delle persone che ha incontrato?
Per prima cosa devo dire che sono arrivata a Bergamo e ho subito sentito un’incredibile angoscia. Si percepiva la profonda pena delle persone, provate dalla tragedia. Gliela si leggeva in volto. Ho parlato con delle persone, ero seduta in un caffè, si poteva stare fuori all’aperto. E ho avvertito, ma anche ascoltato, che la paura era a un livello profondo, in tutti coloro che vedevo e osservavo. Fui accolta in maniera molto molto cordiale dal Pastore Winfrid Pfannkuche, nella Chiesa Valdese di Bergamo. Ebbi un incontro meraviglioso: consegnai un grande assegno e della documentazione. Ricevetti un’accoglienza molto calorosa, ma anche nella chiesa, potei parlare solamente con lui. Si avvertivano una grande paura, un affanno, un’infelicità. Le persone sono state veramente scosse da quella terribile malattia e dalle sue conseguenze.

Lei ha provato sulla propria pelle e nella sua vita la prova della malattia?
Purtroppo da quando avevo 20 anni sono stata messa a dura prova da varie malattie: prima di tutto il cancro, poi un virus molto forte che da 30 anni mi rende la vita un po’ un inferno, con dolori molto forti e una volta al mese mi procura una febbre alta. Ho anche avuto piccole ischemie cerebrali, in parte transitorie. Questo perché mi sono intossicata con i colori che uso per dipingere. Mi manca un gene che dovrebbe espellere le sostanze tossiche dal corpo.

Ha sviluppato un antidoto per sconfiggerla?
Il mio antidoto è la gioia di vivere, è molto molto molto importante che si vada avanti. Che si goda la vita, nonostante la malattia che ci colpisce. Un grande antidoto è stata però l’autoguarigione, che ho imparato da una guaritrice all’età di 20 anni. Si va nel profondo con la convinzione che si può sconfiggere la malattia, anche il cancro. Ci si visualizza guariti, ho imparato a farlo e ciò mi ha portato a continuare su quella strada. Così non ho mai perso la gioia di vivere, perché sono sicura che ci si può aiutare da soli. Questo mi dà una grande consapevolezza, ma adesso sono in una situazione, nella quale non riesco più da sola. Per la prima volta ho bisogno della medicina tradizionale. Anche ora devo tuttavia dire, o meglio posso dire, che vorrei – anche con l’aiuto della pittura – dopo questa pesante fase, riprendere in mano la mia vita.

Quanto conta l’arte nella vita?
Per me l’arte, la musica, la pittura sono come un alimento per l’anima. Posso dire che dipingere e suonare mettono in moto la mia gioia di vivere, se posso dipingere so che sto bene. Già da quando a vent’anni ebbi un tumore cerebrale la pittura è sempre stata un grande regalo. Nella dipingere mi ero accorta che, nonostante le tante diagnosi, ero molto in salute, che potevo sentirmi sana. La musica mi mette le ali in maniera straordinaria, mi riporta la gioia quando sono abbattuta. Per me sono alimento per l’anima e la guarigione . Ciò che conta molto, però, è anche la famiglia. Per questo motivo ho curato i miei genitori fino alla fine. La famiglia dà, o almeno a me, dà e ha dato tantissimo. Naturalmente ora ricevo molto da mia figlia.

Lei dipinge su grandi tele? Da dove nasce questa necessità di spazi ampi?
Per quanto riguarda il mio bisogno di dipingere in grande: mi capitò di dipingere su commissione una copia dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci quattro metri per due e scoprii la soddisfazione di dipingere in grande. Attualmente i miei quadri sono molto molto grandi e ciò perché nel dipingere mi sfogo. Nonostante le mie condizioni di salute sono molto volentieri su una scala o su un soppalco. Mi dà gioia essere là in alto e cominciare a dipingere in un angolo o nel centro per poi procedere. Quando dipingo sono molto veloce, amo i grandi movimenti e mi fa anche bene fisicamente.

Nei momenti più difficili si scopre la generosità, ora che il peggio sembra dietro le spalle, secondo lei l’uomo riuscirà a rivedere il proprio modo di vivere?
Devo confessarle con dispiacere, e ne sono convinta, che al termine di tutta questa tragedia la gente non avrà imparato niente. Nella mia vita ho costantemente avuto modo di osservare, che quando si è malati, ma anche quando si è vicini al destino di altre persone persone malate, si è molto molto scioccati, anche a lungo. Purtroppo però nella velocità del nostro mondo, con Internet, televisione, notizie (nel giro di secondi si invia un’email in America), sento che abbiamo così tanto da sapere che siamo tutti sovraccaricati di flussi d’informazioni. Credo che in questo momento siamo tutti, tutto il mondo, scossi. Ma già adesso vedo in Svizzera una tendenza a dimenticare. Ci si comporta come se non fosse mai successo nulla. Credo nel nord Italia ci vorrà più tempo. L’Italia settentrionale è stata più duramente colpita, rispetto alla Svizzera. Ma penso che anche a Bergamo si stia tornando alla normalità. C’è stato il lutto per le vittime vicine e meno vicine, ma si dimentica in fretta. Purtroppo devo dire che l’essere umano impara troppo poco, purtroppo!”.

Info: www.ladinadurisch.ch 

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