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Report 1 - 7 giugno

Covid: tutti i dati in calo, ottimo segnale, ma si fanno sempre meno tamponi

Pur considerando i pochi test effettuati negli ultimi giorni, si evidenzia una discesa dell’incidenza dei nuovi casi ogni 100.000 abitanti: 24 per Bergamo e poco sopra per la Lombardia.

La settimana epidemiologica si è chiusa con cinque buone notizie insieme a una pessima. Iniziamo con le buone, di cui sentivamo particolare bisogno dopo mesi e mesi di emergenza.

La prima: tutti i principali indicatori della pandemia sono in netto calo e lasciano presagire che, con il procedere della campagna vaccinale, la situazione possa essere messa sotto controllo entro il prossimo autunno. In particolare, i nuovi casi scendono nel periodo del 31,4% sul dato precedente, passando da 23.163 a 15.888.

Seconda ottima notizia: possiamo finalmente controllare l’epidemia invece di inseguirla. La media giornaliera dei positivi è infatti scesa a quota 2.270, nettamente al di sotto della soglia (4.311, pari a 50 nuovi casi settimanali per 100.000 abitanti) che delimita la nostra capacità di tracciamento sul territorio.

Terza novità positiva: in netto calo a livello nazionale anche i nuovi ingressi in terapia intensiva: 185 contro 258 del periodo 25-31 maggio (-28,3%). Così come il numero dei ricoverati in area medica, sceso dall’ultima osservazione da 6.482 a 4.910 (-24,2%). Scende anche la media giornaliera dei decessi, da 113 a 66 (-41,2%).

Quarta notizia: i dati relativi a ricoveri, terapie intensive e decessi riflettono in modo evidente gli effetti positivi della campagna vaccinale con la messa in protezione di gran parte della popolazione più a rischio (approfondiremo il tema nel focus odierno).

Quinta news: tutti questi numeri, grazie all’estensione delle vaccinazioni ai più giovani, sono destinati a ridursi ulteriormente nelle prossime settimane in assenza di discontinuità (al momento non ipotizzabili) nelle manifestazioni cliniche. Il primo obiettivo nel contrasto alla Covid-19, quello di ridurre a livelli accettabili le conseguenze della malattia, è ormai quasi raggiunto.

Veniamo alla notizia pessima, che ci porta a guardare l’altra faccia della medaglia: le Regioni stanno progressivamente riducendo il numero dei tamponi eseguiti. Nell’ultima settimana ne sono stati effettuati solo 1.239.819 (-17,7% sulla precedente); ma soprattutto con un calo che sfiora il 40% rispetto al picco raggiunto (2.051.720) nella settimana 10-16 aprile. Non è una novità, ma purtroppo una conferma rispetto a quanto accaduto sia la scorsa estate, sia a fine novembre 2020 al termine della cosiddetta seconda ondata. Se consideriamo con spirito critico i dati relativi ai positivi rilevati nell’ultima settimana vediamo come la riduzione sia stata influenzata da due fattori concomitanti:

1) La riduzione dei test, all’interno di una dinamica calante che dura da oltre un mese.

2) La presenza della festività del 2 giugno, che ha comportato il consueto effetto depressivo sul numero dei test effettuati (e di conseguenza dei positivi individuati). Non è possibile quantificare con precisione quanta parte del calo dei nuovi casi sia ascrivibile alla somma dei due fattori sopra elencati, ma possiamo dire che in questa fase il Sars-CoV-2 viene cercato il meno possibile, o il minimo indispensabile, al fine di spalancare le porte agli allentamenti delle restrizioni. Si tratta di un grave errore perché, avendo raggiunto il traguardo di limitare la malattia, il vero obiettivo diventa ora quello di ridurre la circolazione del virus: cosa possibile solo tracciandolo con la massima attenzione sul territorio.

Per capire ancor meglio quanto l’attività di testing in Italia sia ridotta, basta confrontare il numero dei tamponi effettuati nel nostro Paese (215.184 di media giornaliera tra il 25 e il 31 maggio) e quello nell’identico arco di tempo nel Regno Unito (746.895). Pur considerando che il Regno Unito ha il 10% in più di abitanti rispetto all’Italia è facile capire, già a prima vista, in quale Paese il virus venga ricercato con attenzione ed efficienza.

Due osservazioni: la prima è relativa al rapporto positivi/tamponi totali: finché rimane molto basso, possiamo dedurre che la circolazione del virus sia effettivamente molto limitata. È quanto sta accadendo da qualche settimana, con il rapporto positivi/tamponi totali costantemente sotto la soglia del 2% (ultima media settimanale 1,37%) contro un range 4-7 % dei mesi di marzo aprile. La seconda osservazione convalida l’utilità e validità di questo indicatore: la prima anomalia statistica osservata nell’ultima decade dell’agosto 2020, a tamponi costanti, è stata proprio relativa all’innalzamento improvviso del rapporto positivi/tamponi totali, preludio all’esplosione dei casi che sarebbe arrivato tra settembre e ottobre. Insomma, non avendo a disposizione un numero adeguato di test eseguiti, possiamo e dobbiamo “arrangiarci” con quello che i dati ci offrono. Non è la situazione ideale, ma sempre meglio di niente, ma permane la necessità di avere a disposizione un numero elevato di test molecolari per sequenziare efficacemente il materiale virale, operazione indispensabile per ottenere indicazioni tempestive sulla circolazione delle varianti (già note o nuove).

L’attuale forte calo dei decessi (dai circa 3.000 settimanali di inizio aprile ai 460 dell’ultima rilevazione) riflette i risultati della campagna vaccinale che ha iniziato ad assumere numeri congrui proprio da quel mese. Dobbiamo inoltre considerare due distinti elementi:

1) Il tempo necessario perché la dose singola di vaccino inizi a garantire una buona protezione è di almeno quindici giorni indipendentemente dal vaccino utilizzato e porta successivamente a una riduzione del rischio del 54% di contrarre l’infezione e del 59% di arrivare al ricovero e al decesso.

2) La protezione diventa molto più rilevante (80% contro l’infezione; 90% contro il ricovero e 95% contro il decesso) a 35 giorni dalla somministrazione della prima dose. Se consideriamo questo arco di tempo, che è quello in grado di garantire una protezione più consistente anche se non completa fino all’inoculazione della seconda dose, vediamo come i decessi di inizio giugno siano in forte calo in virtù della soglia di copertura della popolazione raggiunta a fine aprile. Alla fine del mese erano state somministrate 20.091.567 dosi totali (contro 38.178.684 del 6 giugno) con il 23,5% della popolazione protetta con almeno una dose e il 9,9% con dose doppia (il 6 giugno rispettivamente 43,2% e 21,6%). Il mese di maggio e i primi giorni di giugno, oltre a incrementare la copertura generale, hanno permesso di garantire la protezione con almeno una dose a gran parte della popolazione più anziana: sempre al 6 giugno il 72% tra 60 e 69 anni; l’83,1% tra 70 e 79; il 91,7% tra 80 e 89 anni e il 94,7% sopra i 90 anni. Fasce di età nelle quali, secondo l’ultimo aggiornamento dell’Iss (28 aprile) si è concentrato da inizio epidemia il 98,9% dei decessi totali: al di sotto dei 50 anni troviamo infatti 1.312 deceduti sui 188.592 confermati dall’Iss a quella data. È quindi lecito attendersi una ulteriore sensibile riduzione dei decessi (e delle ospedalizzazioni) nei prossimi 30 giorni.

Lombardia e Bergamo

In Lombardia i nuovi casi sono stati 2.611, erano 3.781, quindi la discesa sulla settimana precedente è del 31%. Prosegue, ormai da molte settimane, il calo dei ricoveri: 799 sono ora quelli in Area Medica e 167 in Terapia Intensiva, in diminuzione rispettivamente del 24% e del 29%. Ciò sta permettendo un graduale ritorno alle normali attività ospedaliere. Discreto anche il calo per la provincia di Bergamo, dove i pazienti ricoverati sono scesi da 110 a 92 e quelli in T.I. da 19 a 13. I nuovi casi registrati sono stati 260, in diminuzione del 30% sul periodo precedente quando erano 372. Da rilevare che nell’ultima settimana si è registrato un solo decesso (erano stati 6 nella scorsa).

Pur considerando i pochi test effettuati negli ultimi giorni, si evidenzia una discesa dell’incidenza dei nuovi casi ogni 100.000 abitanti: 24 per Bergamo e poco sopra per la Lombardia.

Nel mondo

Per quanto riguarda l’epidemia a livello mondiale, l’ultimo report epidemiologico dell’Oms registra la quinta settimana consecutiva di contrazione delle infezioni: nel periodo 24-30 maggio i nuovi casi sono stati 3.550.456, in calo del 14,3% dai 4.144.658 della settimana epidemiologica precedente. In calo anche i decessi, a quota 78.665 (-6,6%). La dinamica calante è particolarmente evidente nelle zone di monitoraggio Europa (-26%) e Sud Est Asia (-24%). Risulta moderata nelle Americhe (-2%, dove il contagio è sostenuto dai dati di Argentina e Colombia) e nel Mediterraneo Orientale (-1%). In controtendenza, quindi con una fase espansiva, Africa (+22%) e Pacifico Occidentale (+6%): dove però i nuovi positivi (rispettivamente 52.710 e 139.234 positivi nella settimana) restano per ora su valori assoluti modesti.

Per quanto riguarda i Paesi con il maggior numero di casi al primo posto si conferma l’India con 1.364.668 positivi: ricordiamo che questo numero, per noi fuori scala, deve essere contestualizzato in un Paese con quasi 1,4 miliardi di abitanti. Sempre in India, nell’ultima settimana, l’epidemia ha segnato una forte contrazione (-26%) e sembra confermare il superamento del picco raggiunto a metà maggio. Al secondo posto troviamo il Brasile (420.981 positivi con una riduzione del 7% sulla settimana precedente) seguito da Argentina (219.910; -3%), Usa (153.587; -18%) e Colombia (150.517; +40%)

La lettura costante dei dati Oms aggregati a livello mondiale mostra come il Covid-19 segua andamenti differenti non solo nelle 6 zone di monitoraggio, ma anche all’interno delle zone stesse con fasi di riduzione ed espansione non sincrone anche in Paesi geograficamente vicini. L’effetto dei vaccini è particolarmente evidente in Europa, dove anche i Paesi con il maggior numero di nuovi casi evidenziano ormai una dinamica chiaramente calante: segnaliamo Francia (60.600 nuovi casi nel periodo 24-30 maggio, ma con una riduzione del 22%) e Turchia con 57.330 positivi e un calo del 20%.

Salgono a 173 milioni i casi confermati nel mondo dall’inizio della pandemia e a 3.730.000 i morti, di cui 597.000 negli Stati Uniti, 473.000 in Brasile, 349.000 in India. Pur con notevole differenze fra un Paese e un altro, le dosi di vaccino somministrate in totale sono ora quasi 2 miliardi.

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