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Storia dei vaccini - 13

Il papilloma virus e il Nobel per la medicina nel 2008 al prof Zur Hausen

Ma fu una donna, Sarah Stewart, la prima scienziata a ipotizzare l'esistenza di virus oncogeni (cioè in grado di causare tumori), capaci di trasmettere la malattia da un animale all'altro.

Varicella

La varicella è causata dal virus varicella zoster (VZV). L’infezione primaria non è stata distinta in modo affidabile dal vaiolo fino alla fine del XIX secolo. Nel 1875, Rudolf Steiner dimostrò che la varicella era causata da un agente infettivo, inoculando volontari con il fluido vescicolare di un paziente con varicella acuta. Nel 1954, Thomas Weller utilizzò la coltura cellulare per isolare la VZV dal fluido vescicolare di pazienti con varicella o zoster.

Michiaki Takahashi, professore di virologia presso l’Istituto di ricerca per le malattie microbiche dell’Università di Osaka, ha prodotto con successo il ceppo vaccino contro la varicella vivo e attenuato negli anni Settanta, isolando il virus dal fluido vescicolare di un bambino con la malattia della varicella. Takahashi è stato in grado di fare questo notevole progresso in un momento in cui pochissimi virus erano stati attenuati per produrre efficaci vaccini con virus vivi tra cui febbre gialla, poliomielite, morbillo, parotite e rosolia. Il vaccino VZV è il primo e unico vaccino contro l’herpesvirus vivo e attenuato autorizzato al mondo. Numerosi studi successivi hanno continuato a dimostrare la sicurezza e l’efficacia del vaccino in individui sani e immunocompromessi ad alto rischio.

Come risultato di queste prove di successo, il vaccino contro il virus vivo della varicella è stato autorizzato in Giappone e Corea nel 1988 e nel 1995 negli Stati Uniti per l’immunizzazione attiva di persone di 12 mesi di età. Circa 10 anni dopo, nel 2006, un nuovo prodotto per la profilassi post-esposizione della varicella, è diventato disponibile nell’ambito di un protocollo di accesso espanso per l’applicazione di nuovi farmaci sperimentali. Prima dell’introduzione del vaccino nel 1995 negli Stati Uniti c’erano circa 4.000.000 di casi all’anno, principalmente bambini, con migliaia di ricoveri ospedalieri e 100-150 morti ogni anno. Sebbene la malattia fosse maggiormente diffusa tra i bambini, la maggior parte dei decessi (fino all’80%) era tra gli adulti.

La varicella è una malattia che colpisce prevalentemente i bambini, ma è particolarmente temuta anche in altre fasi della vita, in particolare nelle donne in gravidanza e nei soggetti anziani. Se l’infezione viene contratta all’inizio della gestazione (nei primi due trimestri) può trasmettersi al feto, causando la sindrome della varicella congenita (che si manifesta con cicatrici cutanee, difetti oculari, ipoplasia degli arti e alterazioni neurologiche), mentre se contratta dopo la 20° settimana il neonato può presentare una forma di Herpes Zoster nei primi anni di vita. Più gravi sono le conseguenze se la madre manifesta la malattia da cinque giorni prima a due giorni dopo il parto, perché può verificarsi una forma grave di varicella del neonato, la cui letalità può arrivare fino al 30%.

Il virus rimane latente (in genere per tutta la vita) nel sistema nervoso e nel 10-20% dei casi può risvegliarsi a distanza di anni o di decenni, solitamente dopo i 50 anni, dando luogo alla malattia Herpes Zoster, nota comunemente come “fuoco di Sant’Antonio”. Sant’Antonio era reputato essere un potente taumaturgo capace di guarire malattie terribili. La tradizione riporta che tra i molti malati che chiedevano grazie e salute, molti erano afflitti dal “male degli ardenti”. Tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco vengono posti sotto la protezione di Sant’Antonio in onore del racconto che vedeva il Santo recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori.

L’Herpes Zoster dal greco hrpes, hrpetos, derivato da hrpein (strisciare) e da zwster, zwsteros (cintura): malattia che striscia a cintura. Questa malattia è caratterizzata da una eruzione cutanea vescicolare dolorosa, monolaterale, solitamente limitata al territorio di innervazione del nervo in cui il virus era annidato. Può essere complicata da nevralgia post-erpetica, retinite, neurite retro-bulbare (herpes oftalmico), encefalomielite, paralisi dei nervi cranici o periferici, infezioni batteriche secondarie. Anche per questa malattia esiste un vaccino, noto come vaccino zoster, che è semplicemente una dose più grande del normale dello stesso vaccino usato contro la varicella, ed è usato negli anziani per ridurre il rischio di fuoco di Sant’Antonio e della nevralgia post-erpetica, che sono causati dallo stesso virus. Il vaccino è raccomandato per gli adulti di età pari o superiore a 60 anni.

Rotavirus

Il rotavirus è la principale causa di diarrea grave e vomito (gastroenterite acuta grave) tra i lattanti e i bambini in tutto il mondo. Nessuna differenza significativa è stata trovata nell’incidenza del rotavirus nei paesi industrializzati e in via di sviluppo, suggerendo che la vaccinazione potrebbe essere l’unico modo per controllare l’impatto di questa grave malattia. La dottoressa Ruth Bishop e colleghi furono i primi a descrivere il rotavirus negli esseri umani nel 1973. Era chiaro, fin dall’inizio, che una prima infezione acquisita naturalmente, sintomatica o asintomatica, era la difesa più efficace contro una reinfezione grave e le successive infezioni progressivamente create maggiore protezione. Pertanto, l’obiettivo era creare una vaccinazione che imitasse l’efficacia dell’immunità acquisita naturalmente dopo l’infezione.

Studi per ottenere un vaccino attenuato, orale, sicuro ed efficace contro il rotavirus, furono poi fatti a partire dalla seconda metà degli anni Settanta. Il dottor Albert Kapikian e colleghi, presso il NIH (National Institutes of Health), hanno sviluppato il ceppo RRV che è stato successivamente utilizzato per sviluppare il vaccino RRV-TV, o RotaShield, vaccino orale vivo e tetravalente concesso in licenza nel 1998 per essere utilizzato nei bambini a 2, 4 e 6 mesi di età. Tuttavia, a causa di diversi casi segnalati di intussuscezione intestinale associata al vaccino, RotaShield è stato ritirato dal mercato negli Stati Uniti 14 mesi dopo la sua introduzione il 16 ottobre 1999. Nel 2004, il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), parte del NIH, ha assegnato un nuovo contratto di licenza per RotaShield a BIOVIRx, che ne ha pianificato la commercializzazione globale. Nel 2011, la storia di intussuscezione è stata aggiunta come controindicazione alla vaccinazione contro il rotavirus.

Clark, Offit e Plotkin hanno quindi prodotto il vaccino RotaTeq di Merck sulla base del loro ceppo bovino WC3 nel 1992, che è stato autorizzato nel 2006 dalla FDA statunitense. Questo vaccino, vivo orale e pentavalente, è destinato all’uso nei bambini di età compresa tra 6 e 32 settimane. Un altro vaccino, Rotarix, è stato anche autorizzato nel 2008. È un liquido somministrato in una serie di due dosi a bambini di età compresa tra 6 e 24 settimane. Prima di ottenere la licenza, entrambi i vaccini si sono dimostrati sicuri ed efficaci in rigorosi studi clinici.
Papilloma virus. Fino agli anni Sessanta l’idea che un virus potesse causare un tumore era considerata un’assurdità. All’epoca, 8.000 donne all’anno morivano di cancro alla cervice soltanto negli Stati Uniti, ma l’origine della malattia era del tutto sconosciuta.

Papilloma Virus

Si deve a Harald zur Hausen, professore emerito di virologia, l’identificazione dei ceppi Hpv16 e 18 cha causano l’infezione e che sono correlati al 70% dei tumori alla cervice uterina. Senza le sue ricerche oggi non esisterebbero i vaccini contro il papilloma virus e per questo nel 2008 gli è stato conferito il Nobel per la Medicina. Harald zur Hausen, classe 1936, professore emerito di virologia al German Cancer Research Center dell’University of Heidelberg, che ha diretto per anni, nel 2008 ha ricevuto il prestigioso riconoscimento “per la sua scoperta del papilloma virus come causa del cancro della cervice uterina” che provocano più del 5% di tutte le forme di cancro al mondo. Conosciamo, al momento, più di 200 tipi di papilloma virus in grado d’infettare l’uomo. Ma solo una quindicina, all’incirca, è considerata ad alto rischio. Il papilloma virus è il più comune tra gli agenti sessualmente trasmissibili: colpisce, infatti, tra il 50% e l’80% della popolazione.

Eppure, il suo lavoro non sarebbe stato possibile senza la battaglia condotta da Sarah Stewart, prima scienziata a ipotizzare l’esistenza di virus oncogeni (cioè in grado di causare tumori), capaci di trasmettere la malattia da un animale all’altro. Negli anni ’50, 20 anni prima degli studi di Zur Hausen, l’idea era considerata eretica, Nata a Tecalitlán, in Messico, Sarah Stewart iniziò la sua carriera come microbiologa, lavorando prima sui batteri fissatori di azoto (in funzione dello sviluppo dell’agricoltura in Colorado), poi sui microbi anaerobi che colonizzano le ferite di guerra, con l’obiettivo di sviluppare trattamenti anti-cancrena.

Fu in quegli anni che iniziò a ragionare su un possibile legame tra virus e cancro: quando però, nel 1944, propose ai National Institutes of Health e al National Cancer Institute di finanziare una ricerca sulle cause virali dei tumori, le fu risposto che si trattava di “una proposta piuttosto discutibile”, a maggior ragione se formulata da una donna che non aveva lavorato mai nemmeno sui mammiferi (figuriamoci sull’uomo). Per tutta risposta, nel 1949, a 43 anni, Stewart diventò la prima donna a laurearsi in medicina alla Georgetown University, dove già insegnava come batteriologa. E quando nel 1951 fu scelta come direttore medico del National Cancer Institute di Baltimora, poté finalmente dedicarsi alla sua ipotesi.

All’epoca si era pronti ad accettare che alcuni fattori ambientali potessero causare il cancro, ma non che potessero farlo i virus: ammesso che fosse possibile, perché allora il cancro non si diffondeva e trasmetteva con le stesse dinamiche di un’infezione? Alcune ricerche preliminari su fattori oncogeni negli animali erano già state condotte (e dimenticate) nei decenni precedenti, ma Stewart basò le sue ricerche sui lavori di un immunologo, Ludwig Gross, che sembrava sulle tracce dei virus della leucemia murina: Gross si era accorto che, iniettando in un topo appena nato i fluidi ricavati dagli organi di altri topi con leucemia, anche i nuovi topi si ammalavano.

Stewart lavorò con la collega Bernice Eddy per provare a replicare i risultati, ma invece di contrarre la leucemia, i topi si ammalarono di tumori alla ghiandola parotide, un tipo di cancro che non era mai stato osservato incorrere spontaneamente in questi animali. Quando pubblicarono i risultati, nel 1953, Stewart ed Eddy si limitarono a parlare di un “agente oncogeno”, senza sbilanciarsi sul contributo dei virus che, in assenza di prove più dirette, sarebbe stato respinto dalla comunità scientifica. Lavorando su colture di cellule animali, Stewart e Eddy dimostrarono una volta per tutte che l’agente in questione era un virus in grado di causare venti tipi di tumori nei topi e in altri piccoli mammiferi, e che produceva negli animali infettati anticorpi specifici, che si ammalassero o meno: per la capacità di causare “molti tumori”, il nuovo genere di patogeno fu ribattezzato polyomavirus. Nel 1959, i lavori di Stewart guadagnarono la copertina del Time, che li definì come “la più importante novità nelle ricerche sul cancro”.

Le ricerche di Stewart e Eddy aprirono un filone di studi completamente nuovo, senza il quale la scoperta del Papilloma virus umano (il più noto, ma non certo l’unico virus oncogeno) non sarebbe stata possibile. Oggi sappiamo che il 15% dei tumori è almeno in parte legato all’azione di alcuni virus. Sarah Stewart proseguì le sue ricerche fino alla fine dei suoi giorni, lavorando sui virus nei sarcomi e sul virus di Epstein-Barr (il virus della mononucleosi, che contribuisce alla genesi di alcuni linfomi.

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