• Abbonati
A cura di

Centro per l’Età Evolutiva

Età evolutiva

Tuo figlio è iperattivo o disattento? Ecco cosa fare

Gian Marco Marzocchi, psicologo e docente Università Milano-Bicocca, dà alcuni consigli

Tanti bambini non riescono a stare fermi e attenti come vorrebbero i loro genitori o i loro insegnanti. Molti di questi bambini sono vivaci, mentre solo una piccola parte di essi presenta un Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD): le ricerche epidemiologiche stimano infatti che i bambini con ADHD siano circa il 3-5%, più o meno in tutto il mondo.

Cosa fare di fronte ad un bambino iperattivo o disattento?

La prima cosa da fare è capire se un bambino iperattivo presenta una diagnosi di ADHD o se ci sono altri fattori che causano l’iperattività, oppure se si tratta semplicemente di vivacità che bisogna “incanalare” in attività positive.

Prima è meglio

E’ molto importante riconoscere questi comportamenti precocemente perché in questo modo il bambino e i suoi genitori hanno maggiori probabilità, e tempo, di applicare interventi efficaci.

La diagnosi: individuare le cause del problema

Fondamentale è chiarirsi le idee sulle ragioni per cui un bambino ha difficoltà di attenzione e di controllo comportamentale: a volte si tratta di una scarsa propensione ad impegnarsi da parte del bambino, a volte di inadeguata educazione da parte dei genitori o eccessiva rigidità da parte degli insegnanti. A volte sono caratteristiche neuropsicologiche e innate del bambino che gli rendono difficile autoregolare la propria attenzione e il proprio movimento. È compito del clinico (psicologo o neuropsichiatra) chiarire se il bambino manifesta i comportamenti tipici dell’ADHD perché c’è una condizione innata che lo determina oppure se le condizioni ambientali in cui è inserito il bambino a condizionare il suo comportamento. In tutti questi casi si può fare qualcosa per migliorare la situazione, che spesso è fonte di stress per le famiglie. L’obiettivo della diagnosi è quello di capire (non di colpevolizzare) e mettere in atto delle azioni che permettano al bambino di diventare sempre più autoregolato, ovvero sempre più capace di controllare volontariamente i suoi comportamenti e adattarsi meglio ai vari contesti.

Creare una squadra che lavora in sinergia

Un passaggio fondamentale è quello di condividere questa “chiave di lettura” con tutti gli adulti che circondano il bambino e creare una squadra di lavoro che operi in sinergia. La squadra di lavoro è composta dal clinico di riferimento, da eventuali altri terapisti, dai genitori e dagli insegnanti, oltre che naturalmente dal bambino, che viene coinvolto in gradi diversi a seconda dell’età nel progetto.

Impostare un percorso terapeutico

E’ sempre compito del clinico, in collaborazione con genitori e insegnanti, impostare un percorso che permetta al bambino, e in generale alla sua famiglia, di crescere in modo “sicuro” al fine di aiutarli ad apprendere comportamenti funzionali al loro contesto di vita.

Quali sono le possibili strategie terapeutiche?

Innanzitutto, è importante lavorare insieme ai genitori per dare loro strumenti e strategie educative e relazionali per migliorare il loro benessere e indirettamente il comportamento del figlio. Una delle strategie più utili è aiutare i genitori ad osservare: i genitori imparano ad individuare nella giornata quali sono i momenti più critici del bambino e come si scatenano, poi imparano ad osservare se stessi e colgono che esistono delle relazioni bi-direzionali per arrivare a comprendere che anche il loro comportamento e le loro azioni possono influenzare quelle del figlio iperattivo. Un altro ingrediente importante con i genitori riguarda l’attivazione di strategie emotive positive, ovvero tutte quelle azioni che prevengono o riducono i comportamenti di iperattività e consentano di mantenere un clima di maggior benessere in famiglia. L’obiettivo è fare in modo che il genitore percepisca un maggior senso di competenza e di efficacia nel suo ruolo educativo.

In secondo luogo, si lavora direttamente con il bambino con l’obiettivo di stimolare i processi cognitivi che controllano l’attenzione, come ad esempio la memoria a breve termine, la flessibilità o il controllo dell’impulsività. Il percorso è impostato sul gioco, sul divertimento, perché in questo modo il bambino è motivato a svolgere le attività stimolando i processi cognitivi che favoriscono l’autocontrollo. Il training con il bambino include anche attività per aiutare il bambino a riconoscere e gestire le emozioni, soprattutto quelle negative che spesso sono di ostacolo alle relazioni sociali positive. Il percorso viene personalizzato per ciascun bambino e può essere anche effettuato in piccolo gruppo.

Inoltre, è importante creare un ponte tra le attività proposte al bambino e i genitori, ovvero chiediamo ai genitori di utilizzare queste attività di gioco con il figlio almeno un paio di volte alla settimana per stimolare le sue abilità attentive ma anche per favorire il divertimento collettivo, la comunicazione, l’empatia.

Il terzo elemento importante è il confronto con gli insegnanti: anche in questo caso una particolare attenzione la dedichiamo alla creazione dello spirito di squadra, definendo obiettivi comuni che possono riguardare tutta la classe. Proponiamo un’attività di osservazione che può essere effettuata da una persona esterna alla classe oppure dagli insegnanti stessi che compilano alcuni report sui quali poi si lavora per definire regole positive con tutta la classe per creare un clima di benessere che determina poi il rispetto degli altri e delle regole.

Ci vuole tempo e pazienza!

Le terapie per i bambini con ADHD sono percorsi concreti e sperimentati, anche se richiedono tempo e flessibilità, perché tutti (bambino, genitori, insegnanti) devono cambiare qualcosa nel loro comportamento o nel loro atteggiamento; inoltre serve persistenza perché è frequente arrendersi dopo il primo insuccesso. E’ funzionale inoltre adottare una prospettiva evolutiva, ovvero pensare nel medio-lungo termine, in quanto il bambino acquisirà solo nel tempo modalità relazionali e comportamentali funzionali al suo contesto di vita. Se riusciamo a metterci in questa prospettiva allora i risultati si vedono…e ne vale la pena!

Gian Marco Marzocchi (psicologo e docente Università Milano-Bicocca)
gianmarco.marzocchi@centroetaevolutiva.it

 

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI