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Il presidente della fondazione

Berta: “La città si prepari a un teatro moderno. Sogno Tom Waits su quel palco”

Giorgio Berta, presidente della Fondazione Donizetti, fa il punto sulla riapertura del teatro cittadino e sulle nuove sfide che dovrà affrontare

Da venerdì 28 maggio Bergamo e la sua provincia possono, finalmente, tornare a teatro. Il Donizetti riapre, portando a termine un restauro durato tre anni che ha costretto alla chiusura e alla sospensione delle stagioni teatrali nel più importante centro culturale cittadino.

Un giorno carico di importanza che non solo rappresenta un nuovo inizio per il territorio bergamasco, così duramente colpito dalla pandemia da Covid, ma che porta a termine un intenso e faticoso lavoro che ha visto la preziosa collaborazione di enti pubblici e privati.

La Fondazione Donizetti è pronta a far respirare un luogo pulsante della cultura: carico di storie passate con ancora altrettante da raccontare. Il presidente della Fondazione, Giorgio Berta, è stato uno dei pilastri di questa avventura, tanto da essere uno dei ciceroni che accompagneranno la visita dei cittadini, da sabato 29 maggio, all’interno del teatro.

Presidente, che significato ha per la Fondazione questo traguardo?

È fondamentale perché è finalmente realtà nonostante il Covid che ha interrotto il cantiere. E, nonostante questo, abbiamo solo sei mesi di ritardo. Restando nel budget previsto, circa 18/19 milioni di euro. Un’impresa titanica, e inusuale perché è una rarità che un cantiere del genere si snodi senza imprevisti e restando nei tempi.

Per la città, invece?

Un segnale importante perché testimonia la voglia di rinascere e la caparbietà dei bergamaschi che quando si mettono in testa qualcosa difficilmente non la ottengono.

Cosa deve aspettarsi la città, quindi?

Di avere un teatro fruibile per 11 mesi all’anno (insieme, anche, al teatro Sociale) con una programmazione molto vasta. Un teatro aperto a tutti, che sa accogliere, che capisce le diversità culturali e il pluralismo del mondo. Un teatro moderno al passo con i tempi. Un punto di riferimento e un rifugio culturale per anche chi non è mai stato abituato a considerare vicino a sé il mondo del teatro.

Una ricca programmazione che inizierà subito dopo il weekend di inaugurazione…

Sì, avremo grandi nomi. Come Alessandro Baricco e Alessandro Bergonzoni. Diversi artisti stranieri di rilievo per il jazz che, nonostante le difficoltà del periodo, saranno qui. E poi il mitico Gianluigi Trovesi. Dopodiché ci sarà una breve pausa per ricominciare con grinta a settembre.

Ha dei ricordi speciali dedicati al Donizetti e alla storia della Fondazione?

Ne ho tanti. Mi ricordo l’impresa di mettere in scena L’ange de Nisida: non ci rendevamo conto di quello che stavamo facendo fino al giorno della prima. Poi, l’edizione 2020 del Festival Donizetti: abbiamo dovuto cambiare il cartellone in 15 giorni per le restrizioni Covid. Ma dalla crisi e dal panico iniziale è nata la Web TV che, anche se non l’avremmo mai creduto, è stato un successo grazie alla collaborazione di tantissime persone che si sono unite per realizzarlo. Ricordo e parlo sempre con grande orgoglio della nostra stagione di prosa, così in controtendenza con le altre. E, ancora, il Festival Jazz di due anni fa, al Palacraberg, che, inizialmente, non sembrava un luogo adatto: e invece…

Una storia di costellata di successi… 

Sì, e lo dico con orgoglio. Grazie al lavoro di tutti che permette di raggiungere anche i più giovani: importantissima è la collaborazione che abbiamo con le scuole, ad esempio.

I pilastri della Fondazione sono stati un costante sostegno e un lavoro di equipe?

Sì, anche per la riapertura del Donizetti è così. Resa possibile grazie alla grande collaborazione tra enti pubblici e privati. Quando abbiamo bisogno tutti danno una mano, senza farsi pregare, tutt’altro. Sempre pronti, anche a far fronte ad imprevisti.

Ci sono degli autori, dei titoli o dei musicisti che vorrebbe portare un giorno al Donizetti?

Mi piacerebbe portare a Bergamo alcuni artisti d’Oltremanica e io che sono un grande appassionato di musica sogno di vedere Tom Waits su quel palco.

Ha accennato all’importanza di coinvolgere le scuole nella stagione teatrale, questo nuovo teatro vedrà sempre più il coinvolgimento dei giovani?

Sì, assolutamente. Il teatro deve avere presente che il suo futuro è legato ai giovani ed è suo compito attrarlo a sé e capire il loro mondo. La sua grande forza si baserà, infatti, sulla sua capacità di captare e accogliere le tendenze e i gusti dei più giovani. Così, anche la Fondazione deve capire quello che sta succedendo fuori e portarlo sui palchi: rendendo realtà una politica di apertura e di inclusione, anche nella cultura.

BERTA Donizetti
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