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Assessore alla cultura

Riapre il Teatro Donizetti, Ghisalberti: “Il trionfo della collaborazione tra pubblico e privato”

L'assessore alla Cultura del Comune di Bergamo: "Percepisco in città la necessità della presenza dello spettacolo dal vivo, della musica e della bellezza in teatro"

L’art 114 della Costituzione stabilisce che la Repubblica “è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Non è un caso che il Comune sia in cima alla lista: è l’istituzione più vicina al cittadino, il punto di riferimento per tutte le persone.

Questo vale soprattutto per la cultura, in cui il ruolo delle istituzioni diventa fondamentale. Venerdì 28 maggio il teatro Donizetti torna nelle mani dei bergamaschi. “L’inaugurazione del Teatro Donizetti è un momento di rinascita – spiega Nadia Ghisalberti, assessore alla Cultura del Comune di Bergamo – Ma anche e soprattutto l’occasione per dare conto del lavoro fatto a tutti i cittadini”.

Nei tre anni di restauro la collaborazione pubblico-privato è stata la chiave vincente del progetto, una vera “condivisione di idee, obiettivi e politiche culturali”. Ora che il Teatro torna a vivere di arte e persone, l’augurio dell’assessore Ghisalberti è che questa collaborazione prosegua e si rafforzi sempre più.

Dopo tre anni di lavori, ora il teatro torna a Bergamo e ai bergamaschi. Come sta vivendo questo momento alla luce dei mesi appena trascorsi?
Da cittadina, ho consapevolezza dell’importanza di questo momento. Percepisco in città la necessità della presenza dello spettacolo dal vivo, della musica e della bellezza in teatro. Quella bellezza che il Donizetti rinnovato ci farà ritrovare lasciandoci “d’incanto”, come recita il claim dell’inaugurazione. La riapertura del teatro ha anche un valore simbolico perché coincide con un momento di ripresa nazionale, della socialità e dello spettacolo dal vivo, seppur con tutte le regole necessarie.

E da assessore?
Come assessore, so che questo è il momento di dar conto del lavoro fatto, dei tempi e degli investimenti, alla città, ai cittadini e a tutti i donatori pubblici e privati che hanno contribuito alla ristrutturazione. Il risultato della Fondazione Teatro Donizetti è oggi evidente. È stato raggiunto un traguardo importante. Infine, ma non per importanza, la giornata del 28 maggio rappresenta una restituzione del teatro ai lavoratori che hanno operato nel cantiere nonostante tutte le difficoltà dovute dall’emergenza sanitaria.

Cosa vedranno i cittadini una volta varcato le porte di entrata del Donizetti?
La città ritrova un edificio tecnologicamente avanzato e, allo stesso tempo, intatto della sua bellezza originaria. Il Teatro è pronto per ospitare gli eventi in programma e le rassegne, attraverso Bergamo sarà connessa con il resto del paese e con il mondo. Del resto, il teatro è un prezioso centro di relazioni e su quel palco transiteranno non solo artisti nazionali ma anche provenienti da tutto il mondo.

La pandemia ha messo a dura prova tutta la macchina industriale della musica e dello spettacolo dal vivo. Che cosa si aspetta per il futuro?
Che da parte del Ministero arriverà sempre sostegno ai lavoratori e agli enti culturali. Mi aspetto anche si comprenda il ruolo dei Comuni nel progettare la cultura. È stato stimato che tutti i Comuni italiani insieme investono più dello Stato in cultura. Molte delle iniziative di arte e vitalità delle città sono possibili grazie alle amministrazioni locali: per questo motivo dovrebbe considerare i comuni quali suoi interlocutori. Le istituzioni locali sono le prima ai cui i cittadini fanno riferimento per tutti i progetti culturali.

La collaborazione tra pubblico e privato è la cifra distintiva del progetto di ristrutturazione del Donizetti. Perché è fondamentale questa relazione?
Molte delle politiche culturali della città sono caratterizzate dal rapporta tra realtà pubblica e privata che, a mio giudizio, è anche la misura del successo e del radicamento di una iniziativa culturale sul territorio. È una partnership che va oltre il solo sostegno economico e si concretizza nella totale condivisione della progettualità, degli obiettivi e delle politiche pubbliche culturali. A Bergamo ci sono molte iniziative che testimoniano la vicinanza pubblico-privato, come la ristrutturazione del Carmine, grazie all’applicazione del nuovo codice degli appalti e all’art bonus, che unite hanno dato una forte spinta alla gestione di edifici di proprietà comunale in una situazione di sottoutilizzo e di abbandono. Il teatro Donizetti è un esempio di un progetto ambizioso nel quale diverse istituzioni pubbliche – il comune di Bergamo, il ministero e la regione Lombardia – hanno fatto un importante sforzo economico, accanto a grandi enti privati donatori. L’auspicio è la relazione e la condivisione di progettualità prosegua e si rafforzi nel tempo.

Tra i privati, ci sono anche i singoli cittadini, spesso abbonati fedeli come nel caso delle rassegne del Donizetti…
L’affluenza del pubblico agli spettacoli è il primo indicatore di gradimento. C’è da dire che la pandemia ha cambiato il mondo anche dal punto di vista dei numeri. Per il momento, è necessario mettere da parte i grandi numeri e lasciare spazio ai contesti che valorizzano le relazioni e i progetti di quartiere, accanto all’internazionalizzazione della città. Bergamo ha varie iniziative di quartiere e molti festival che sono di livello nazionale e internazionale, come il Donizetti Opera, Bergamo Jazz e Bergamo Film Meeting. Tutte realtà che contiamo di valorizzare con i progetti di Bergamo e Brescia capitali della cultura.

L’inaugurazione del 29 maggio sarà un momento di riscatto e di rinascita per la nostra città anche in vista del 2023. Che cosa aspettarsi dal futuro?
Il titolo di capitale della cultura ci spinge a guardare al futuro e disegnare una progettualità nel segno dell’entusiasmo per uscire dall’incertezza che la pandemia ha portato nell’ambito culturale. È una incertezza che fa molto male, lo sappiamo, ma è anche vero che per la prima volta in Italia si discute della precarietà dei lavoratori dello spettacolo, tema che finalmente è diventato di dibattito pubblico e sociale. La crisi ha messo in luce un sistema che necessita di leggi e normative di tutela per la professionalità. Ora c’è maggiore consapevolezza nei confronti del mondo culturale, dei suoi lavoratori e dell’economia di valore che ruota attorno.

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