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Salute

L'intervista

Sindrome dell’ovaio policistico, l’esperta: “Una diagnosi accurata per una terapia mirata ed efficace”

La parola alla dottoressa Paola Rosaschino, responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia del Policlinico San Pietro

Ciclo mestruale irregolare o, in alcuni casi, assente anche per mesi. Comparsa di peluria su viso e corpo. Ma anche problemi di acne e perdita di capelli più o meno accentuata (alopecia). Sono questi i campanelli di allarme che possono far sospettare la presenza della sindrome dell’ovaio policistico: patologia che secondo le stime più recenti colpisce circa il 5-10 % delle donne in età fertile. Ma come si fa a capire se si soffre di questa sindrome? Quali sono le cause della sua insorgenza? E quali ad oggi le terapie più efficaci? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Paola Rosaschino, responsabile del reparto di ostetricia e ginecologia del Policlinico San Pietro.

Dottoressa Rosaschino, che cosa s’intende per sindrome dell’ovaio policistico?

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è uno dei disturbi endocrini (ormonali) più comuni delle donne in età fertile. Si tratta di una complessa alterazione funzionale dell’apparato riproduttivo femminile che causa effetti sulla salute della donna di tipo estetico, metabolico e riproduttivo. La sindrome si manifesta con l’ingrossamento delle ovaie e la presenza di cisti ovariche multiple che provocano una iperproduzione di ormoni maschili (iperandrogenismo) e disfunzioni ovariche.

Quali sono i sintomi di questo disturbo?

Nelle donne affette da sindrome dell’ovaio policistico si verifica spesso un ciclo mestruale irregolare o scarso e, in alcuni casi, anche assente per più mesi. Inoltre, la sovrapproduzione degli ormoni maschili comporta la comparsa di eccessiva peluria su viso e corpo (irsutismo), problemi di acne, alopecia androgenetica, ovvero calvizie di tipo maschile. Inoltre, questo squilibrio ormonale incide anche sul metabolismo e quindi può portare a un aumento di peso. I sintomi possono comparire subito dopo la prima mestruazione (menarca) oppure svilupparsi nel corso degli anni e, generalmente, tendono a peggiorare nelle donne in sovrappeso o obese. 

Quali sono le cause dell’insorgenza?

L’origine di questo disturbo non è di così facile individuazione in quanto, come già accennato in precedenza, è espressione di molteplici alterazioni dell’apparato riproduttivo e del sistema endocrino, responsabile della produzione degli ormoni. Data la multifattorialità delle cause, la diagnosi della sindrome può risultare complicata. Dal 2003 però il Rotterdam ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) e l’ASRM (American Society or Reproductive Medicine) hanno stabilito tre criteri per semplificare la procedura di diagnosi della sindrome: disfunzioni ovariche, iperandrogenismo e presenza di cisti ovariche. Si può parlare di sindrome dell’ovaio policiclico se viene accertata la presenza di almeno due dei tre parametri indicati.

Che cosa stabiliscono nello specifico questi criteri?

Il primo fattore riguarda l’irregolarità del ciclo mestruale (oligomenorrea).  In particolare, nella donna deve verificarsi la comparsa di non più di 1-2 mestruazioni negli ultimi 90 giorni o una totale assenza delle stesse (amennorea), sempre negli ultimi 90 giorni.  A questo aspetto si unisce anche l’anovulazione, ovvero il mancato rilascio dell’ovocita da parte dell’ovaio. Il secondo criterio si basa invece sugli aspetti ormonali, ovvero sull’iperandrogenismo, le cui manifestazioni cliniche più caratteristiche sono irsutismo, acne, seborrea e cute grassa (anche se l’acne da sola non costituisce un elemento diagnostico). Infine, l’ultimo criterio valuta l’ecostruttura policistica dell’ovaio, ovvero la presenza di 12 o più follicoli di 2-9 mm di diametro in ogni ovaio e/o ovaio > 10 ml.

In che cosa consiste esattamente la diagnosi della sindrome dell’ovaio policistico?

Innanzitutto in una visita ginecologica, durante la quale si valuta l’anamnesi della paziente, ovvero le caratteristiche del ciclo mestruale, e si eseguire un esame obiettivo, per valutare eventuali segni di iperandrogenismo (sovrapproduzione degli ormoni maschili). In seguito si passa all’esecuzione di una ecografia transvaginale, per visualizzare l’aspetto delle ovaie e le loro dimensioni. Infine, si valuta il livello degli androgeni nel sangue. Quanto più è precoce la diagnosi, tanto prima è possibile intervenire per evitare le conseguenze a lungo termine (iperplasia endometriale, tumore dell’endometrio, ipertensione, iperlipidemia, insulino-resistenza, diabete mellito di tipo II, coronaropatia).

Quali sono le terapie più indicate? 

Il trattamento della sindrome dell’ovaio policistico varia a seconda del quadro clinico. Ultimamente sta dando ottimi risultati l’integrazione con mio-inositolo + D-chiro-inositolo, che sono degli zuccheri presenti sulla membrana cellulare e che sono coinvolti nella regolazione dello sviluppo degli ovociti e nella fase di maturazione ovocitaria, soprattutto in pazienti in sovrappeso e con iperinsulinemia. Questa terapia, utile comunque anche nelle pazienti non in sovrappeso, ha sostituito la terapia con estro-progestinici  se non c’è necessità di contraccezione.

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