• Abbonati
Confesercenti

Rossi: “Il Covid ha fatto riscoprire il piccolo commercio: migliorando la qualità della vita”

Cesare Rossi, vice direttore di Confesercenti, rimarca l'importanza di sostenere il piccolo commercio anche secondo le linee del Recovery Fund che chiama tutti noi cittadini europei alla lotta climatica e alla riconversione ecologica dell'economia italiana.

“Servizio di prossimità, professionalità, qualità vanno di pari passo con vivibilità, sicurezza dei luoghi e qualità della vita”. Esordisce così Cesare Rossi, vice direttore di Confesercenti. “Lo abbiamo scoperto e rivalutato nel primo lungo periodo di lockdown e per certi versi è rimasta un’onda lunga di quelle buone pratica – prosegue Rossi -. Confesercenti da sempre è accanto alle micro attività famigliari, alle botteghe e ai negozi di vicinato. Noi abbiamo scelto di schierarci sempre dalla parte del piccolo imprenditore che nella sua attività svolge un servizio commerciale ma non solo…sicuramente ha un ruolo anche sociale del quale la Politica di tutti i livelli (Comune, Regione e Governo) dovrebbe accorgersi e soprattutto dovrebbe sostenere queste aziende”.

Quali misure potrebbero adottare i Comuni, le Regioni e il Governo?
Dobbiamo partire da un presupposto chiaro: non possiamo pensare e non chiediamo che il commercio debba vivere di contributi. Non è questo che chiediamo. Si può intervenire con delle agevolazioni o degli sconti su Tosap (ora si chiama canone unico) e Tari, incentivare con degli sgravi fiscali le assunzioni per permettere di avere un’apertura più ampia durante il corso della giornata. Penso ai piccoli borghi o nei paesi dove fare impresa commerciale è più difficile, e dove questo servizio di prossimità anima le comunità, svolge un servizio di sicurezza oltre a garantire alla nostra popolazione, sempre più anziana, di non spostarsi ma avere un servizio comodo sotto casa.

Basterebbero queste misure?
Sono solo delle prime proposte per incentivare e sostenere il piccolo commercio. Poi sarebbe necessario cambiare la mentalità del consumatore e accompagnarlo in un percorso verso la consapevolezza degli acquisti. Si deve fare una campagna di informazione per spiegare che comprando su grandi piattaforme on line si stanno arricchendo i grandi evasori mondiali. È necessario far sapere che la concorrenza sleale e le pratiche commerciali scorrette sono più diffuse di quanto si creda, e che mettono in ginocchio chi per una vita ha creduto nel proprio lavoro. In questo modo si perdono professionalità e conoscenza e dietro al banco nel prossimo futuro ci troveremo un commesso o un call center.

Ci può portare un esempio?
Prendiamo il più classico: le librerie. Le grandi case editrici, le catene on-line penalizzano le librerie indipendenti. Così abbiamo meno librai e più commessi, o solo click sul mouse. Eppure più librai significa più libri e più libri significa più libertà.

Lo avete fatto presente nelle sedi istituzionali?
Da sempre. Nel nostro continuo dialogo con i rappresentanti politici del territorio non è mai mancata questa visione che non è solo romantica o del “bello che fu”. Dietro ci sono anche convinzioni economiche reali. Per esempio: se faccio un acquisto in un negozio sotto casa sostengo l’economia di quel territorio e l’euro lì speso entra in un circuito locale che arricchisce tutta la filiera. Se invece faccio acquisti nei gradi centri commerciali o ancor peggio in Internet sto dando il mio euro a multinazionali mondiali che aspirano risorse economiche da un territorio locale per investirlo in una economia globale distante da dove quell’euro è stato prelevato e con ricadute positive quasi nulle sulle famiglie se non qualche opinabile posto di lavoro. E qui si apre il tema della qualità del lavoro.

Restiamo focalizzati sui negozi di vicinato.
Perfetto. Gli acquisti nei grandi centri commerciali e in Internet desertificano anche le relazioni sociali e umane di quel territorio. Il bambino che va a scuola da solo, se ci sono esercizi commerciali lungo il tragitto, è controllato dagli occhi dei commercianti della via che diventano “genitori di passaggio”. Non è una cosa da poco: stiamo parlando di qualità della vita e dell’ambiente nel quale si vive. Ci siamo pienamente accorti durante i periodi di lockdown che ci ha fatto riscoprire la qualità del servizio di prossimità: ci siamo accorti del negoziante sotto casa. Facendo di necessità virtù abbiamo riscoperto la bellezza di far due chiacchiere mentre si compra qualcosa di buono e unico, lontano dalle marche stereotipate e dai gusti omogeneizzati. Abbiamo riscoperto la bellezza del suono di un clacson amico dell’ambulante che viene sotto casa che ti avvisa del suo arrivo e, soprattutto, ti coccola perché si è ricordato di portarti quel mazzo di asparagi che gli avevi chiesto la settimana prima o quel pezzo di formaggio di capra che solo lui ha”.

Un tema di grande attualità è il Recovery Fund che chiama tutti noi cittadini europei alla lotta climatica e alla riconversione ecologica dell’economia italiana. I negozi di vicinato, il piccolo commercio possono avere un ruolo?
Sì, certamente. L’economia locale è più sostenibile ecologicamente. Andiamo pazzi per i mercati a km zero, ma poi non ci scandalizziamo se prenotiamo un maglione, un libro, un braccialetto che arrivano direttamente a casa nostra dopo due giorni. Dovremmo chiederci: qual è stato il costo di quel trasporto tutto su gomma? E il costo del territorio “mangiato” dai capannoni utili per la logistica? E la qualità del lavoro del corriere pagato a consegne? Per non tornare a parlare delle ricadute delle tasse “non” pagate da quella consegna.

Abbiamo parlato della potenzialità del negozio di vicinato e del loro ruolo sociale. Non nascondiamoci che alcune pecche le hanno anche certi commercianti. Non crede?
Certamente anche il commercio di vicinato deve aggiornarsi, formarsi, ascoltare le esigenze nuove dei clienti/cittadini. Questa sarà la vera sfida delle nostre Associazioni di Categoria: prendere per mano le imprese e accompagnarle verso una nuova transizione economica sostenibile e che produca reddito. Non è più il tempo di fare guerre tra diversi canali distributivi: piccoli contro grandi, reali contro virtuali. È tempo di puntare alla qualità del servizio, alla qualità del prodotto, alla qualità del territorio urbano nel quale viviamo e alla qualità della vita che vogliamo. Non deve essere ridotto tutto al profitto e alla guerra del prezzo.
Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI