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Commercio al bivio

I negozi di vicinato, riscoperti nei lockdown, oggi chiamati a nuove sfide fotogallery video

Che cosa è rimasto dell'esperienza nei lockdown? Come è cambiato il piccolo commercio? Ora che piano piano l'Italia torna alla normalità ci scorderemo del ruolo dei negozi di vicinato? Abbiamo fatto un viaggio alla scoperta del negozio sotto casa che nel frattempo ha cambiato pelle.

Al primo lockdown sono stati una salvezza per molti. I negozi di vicinato o prossimità sono passati dall’oblio in cui li aveva relegati la grande distribuzione alla ribalta: necessari per la loro funzione.

Che non è stata solamente quella di offrire pane, latte e beni di prima necessità. I lockdown hanno mostrato la loro funzione sociale – le due chiacchiere con altri clienti dentro o fuori il negozio per rispettare le distanze anti-Covid – il servizio a domicilio per persone anziane o impossibilitate a muoversi. Hanno dimostrato di essere “sentinelle” più efficaci di tante telecamere, così come gli improvvisati dehors dei bar.

Che cosa ci ha insegnato il lockdown? La riscoperta di un commercio piccolo con prodotti di nicchia, di alta qualità e spesso a km zero. Il mondo dei negozi di vicinato è cambiato. Non più solo scaffali del piccolo alimentari di paese, ma arredamenti che evocano una famigliarità e una loro personalità. Le anonime scaffalature sono state sostituite con tavoli in legno, credenze delle nonne, botti di legno. I grandi marchi sono rimasti alla grande distribuzione, il piccolo commercio ha puntato sulla qualità, sull’alta qualità dei proprio prodotti con tracciabilità certa e spesso a km zero, dimostrando un’attenzione ecologica e di grande rispetto per l’ambiente. Il servizio a domicilio spesso è fatto con mezzi elettrici, scooter o auto di piccola cilindrata, e anche il packaging è stato rivisto: spesso si tratta di carta riciclata (per buste e confezioni) e la plastica è relegata al minimo uso.

Ora che i lockdown sembrano finalmente alle spalle che presente e futuro si riserva ai negozi di vicinato? La preoccupazione è che tutto vada dimenticato. Che la fatica e l’impegno speso in questi mesi dove il confronto tra grande distribuzione e negozi di vicinato torni a giocarsi sul campo del prezzo al ribasso, senza calcolare il ruolo e l’esemplare attività svolta dal negozio sotto casa.

Che cosa chiedono i commercianti? Abbiamo girato la domanda ad Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio, a Cesare Rossi di Confesercenti e a Nicola Viscardi del Distretto Urbano del Commercio di Bergamo.

E poi siamo andati in tre negozi dell’hinterland. Siamo incappati in due negozi storici: la Salumeria Leidi di Ponteranica presente dal 1967 e oggi gestita dai figli Valter e Stefano Leidi che hanno raccolto il testimone dal papà Osvaldo; il Cor-Market di Petosino, attivo dal 1938 e oggi gestito dai fratelli Fabio, Remo e Sergio Cornolti, anche se all’entrata e alla cassa vi accoglie il sorriso solare della mamma Carla Ceruti che ha 82 anni.

Infine, da Pane e Fantasia di Almè, dove dietro il bancone e al forno abbiamo incontrato la passione di Giovanni Paolo Rota, 48 anni, che dal 2008 ha aperto questo panificio pasticceria in una realtà dove i supermercati si scontrano tra loro.

LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

“Il lockdown ci ha insegnato molto, moltissimo – afferma Oscar Fusini di Ascom Confcommercio -. I negozi di vicinato hanno giocato una grande partita e con molta dignità. Sull’acquisto di generi alimentari i negozi di vicinato hanno vissuto una splendida rinascita, mentre il commercio che non riguardava l’alimentare ha sofferto per la concorrenza sugli acquisti on-line. Anche se qui bisogna specificare che molti negozi si sono aperti anche a piattaforme on-line per rispondere alla propria clientela”.

Se il lockdown ci ha insegnato molto, ora torneremo a metterci in auto per andare all’ipermercato a fare la spesa?
“Conterà moltissimo la specializzazione dei piccoli negozi di vicinato, perché è la differenziasione sulla grande distribuzione che fa la differenza. E poi: quanto conterà la variabile prezzo? Non dimentichiamo che la pandemia ha messo in crisi tante famiglie. E in questo passaggio post pandemia potrebbe esserci un passaggio del commercio sul genere discount, perché purtroppo la variabile prezzo giocherà la sua parte. Avremo una segmentazione più definita tra i soggetti che comprano nei negozi di vicinato, chi comprerà nei supermercati dei 1500 metri che oggi va per la maggiore – che per dimensione e velocità di spesa sembra guadagnare il favore del consumatore – più che verso il grande supermercato. Ultimo canale sarà la grande distribuzione che va sul primo prezzo. La difficoltà economica di molte fasce di popolazione spingerà anche ad una contrazione nella spesa di generi alimentari”.

Che cosa rimarrà in eredità di questi lockdown?
“Qualcosa rimarrà, soprattutto per i negozi di prossimità, ma non per tutti. Resterà per tutti coloro che, in questo periodo di pandemia, hanno fatto un grande sforzo di stare vicino alle persone. Resterà se continueranno ad investire nella capacità di relazione, di consegna e di servizio al cliente”.

 

“Servizio di prossimità, professionalità, qualità vanno di pari passo con vivibilità, sicurezza dei luoghi e qualità della vita”. Evidenza Cesare Rossi, vice direttore di Confesercenti. “Lo abbiamo scoperto e rivalutato nel primo lungo periodo di lockdown e per certi versi è rimasta un’onda lunga di quelle buone pratica – prosegue Rossi -. Confesercenti da sempre è accanto alle micro attività famigliari, alle botteghe e ai negozi di vicinato. Noi abbiamo scelto di schierarci sempre dalla parte del piccolo imprenditore che nella sua attività svolge un servizio commerciale ma non solo…sicuramente ha un ruolo anche sociale del quale la Politica di tutti i livelli (Comune, Regione e Governo) dovrebbe accorgersi e soprattutto dovrebbe sostenere queste aziende”. (leggi qui)

“Il commercio di vicinato mette al centro gli essere umani, non il business, quello è solo una conseguenza di fare il proprio lavoro al meglio: mettere in gioco tutta la professionalità, lo spirito di servizio. Da questo nasce la ricchezza e non il contrario” sottolinea Nicola Viscardi, del Distretto urbano del commercio di Bergamo (leggi qui).

TRE ESEMPI DI SUCCESSO

“Con il primo lockdown da un giorno all’altro il nostro lavoro è quadruplicato”. Racconta Valter Leidi, 52 anni, che con il fratello Stefano gestisce la Salumeria Leidi di Ponteranica. Negozio storico, attività aperta dal papà Osvaldo nel 1967, questo negozio ha saputo reinventarsi e caratterizzarsi per i prodotti e il servizio a domicilio.
“Così ci siamo organizzati, uno prendeva gli ordini al telefono, poi ci hanno aiutato mia madre, le mogli e i figli: abbiamo lavorato anche 18 ore al giorno con servizio a domicilio per Ponteranica, Sorisole e nei quartieri di Valtesse e Monterosso a Bergamo”.

Bancomat, lotteria degli scontrini, spesa con possibilità di bonifico bancario spesso sulla fiducia perché il periodo del primo lockdown è stato anche una grande dimostrazione di fiducia sociale.
“Con RuotAmica (un’associazione di volontariato che trasporta disabili e persone anziane) abbiamo fatto servizio a domicilio a molte persone malate di Covid o impossibilitate ad uscire di casa, ora che il lockdown sembra alle spalle tanti non si ricordano più di noi, ma i negozi di vicinato come il nostro sono una grande risorsa per le comunità” conclude Leidi.

La concorrenza della grande distribuzione si fa sentire, per questo chiedono tassazioni più basse, iniziative per rilanciare il commercio di vicinato e buoni spesa da spendere nei negozi di quartiere.

 

All’ingresso del Cor-Market di Petosino c’è Carla Ceruti, 82 anni, un’istituzione. Riceve tutti i clienti con un sorriso e per tutti ha qualche specialità in serbo da sottoporre come cose esclusive. Il negozio è diviso in due parti, da una un grande bancone per formaggi, salumi e carni; dall’altra una vetrata che mostra la cucina dove si preparano casoncelli, scarpinocc e pasta fresca. Non c’è l’ombra di uno scaffale anonimo. Biscotti, pasta, marmellate, vini, frutta e verdura trovano posto su botti di legno, grandi pentole in rame, mensole di legno e ferro.

“Da anni abbiamo puntato sulla qualità, tutti prodotti a km zero o biologici, vini delle migliori cantine, e grande promozione dei prodotti bergamaschi” spiega Fabio Cornolti, che con i fratelli Remo e Sergio conduce l’attività. Al bancone c’è anche un sommelier che consiglia i vini più adatti per accompagnare formaggi stagionati o salumi. La rete della qualità li ha portati a fornire i fratelli Cerea del ristorante “Da Vittorio” o Roberto Amaddeo di “Da Mimmo”. 

 

Almè è costellata da supermercati e discount. Il negozio di vicinato sembrerebbe davvero un miraggio, eppure è proprio qui che in via Campofiori che c’è il panificio “Pane e Fantasia” di Giovanni Paolo Rota, 48 anni.
“Il pane deve dare emozione, non è più un semplice accompagnamento dei piatti a tavola”. Parte da qui la filosofia di questo piccolo ma bellissimo panificio. Sullo sfondo c’è una credenza della nonna per le marmellate, nel banco frigo salumi e formaggi di qualità con tutta la tracciabilità del prodotto. I vini sono in casse di legno, come un regalo da scartare a Natale.

“Con il primo lockdown ho vissuto una nuova stagione, anche se mi sono trovato in magazzino tutti gli ingredienti per le colombe che non si potevano fare perché non si capiva se erano beni di prima necessità o no” racconta. Così la creatività del fornaio ha prodotto un pane dolce che è piaciuto così tanto alla clientela che lo ha sfornato per tutta l’estate. “I nostri piccoli negozi svolgono un servizio che la grande distribuzione non può dare, per noi non si tratta solamente di clienti, c’è un rapporto che è dato dalla fiducia e si basa sulla qualità. Ormai ci dobbiamo sempre tenere informati, ogni tanto cambiare, modificare anche la presentazione dei prodotti e introdurre cose nuove. Ma la chiave di volta è sempre la qualità, il cliente alla fine la riconosce”.

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