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Arte

Covid & arte

Maura Cantamessa, l’artista che dà forma alla scrittura: “Il lockdown per me, non vuoto ma lentezza”

Appassionata di grafica e delle tecniche specifiche dell’incisione l’artista bergamasca è docente al Liceo artistico di Bergamo e negli anni ha realizzato cicli artistici di grande interesse, molti nati in coppia con testi di autori con cui ha collaborato, da Fabrizio De Andrè a Claudio Magris

Di Maura Cantamessa ho sempre apprezzato l’intensità – e la leggerezza – del suo lavoro lento e meditato, capace di empatia con le altre voci e gli altri linguaggi del mondo dell’arte.

Cultrice dell’opera su carta, Maura si è specializzata nella calcografia e nell’editoria d’arte, facendo vivere per dieci anni (1999-2009) l’associazione Olim in via Pignolo a Bergamo e curando dal 1997 al 2007 le edizioni El Bagatt, piccola casa editrice di libri d’artista a tiratura limitata.

Appassionata di grafica e delle tecniche specifiche dell’incisione, dall’acquatinta all’acido diretto, dalla puntasecca alla ceramolle, l’artista è anche docente di discipline pittoriche al Liceo artistico di Bergamo e negli anni ha realizzato cicli artistici di grande interesse. Molti di questi sono nati in coppia con testi di autori contemporanei con i quali ha collaborato, da Fabrizio De Andrè a Claudio Magris, ma anche Pivano, Barbero, Leonetti, Gennari. Sì, perché nel punto d’incontro tra linguaggi diversi, l’arte di Maura Cantamessa libera un respiro di particolare suggestione, in particolare nel confronto tra segno e parola poetico-letteraria.

Abbiamo chiesto a questa sensibile e riservata interprete della scena contemporanea come ha vissuto il lockdown e questo presente di particolare crisi per il mondo dell’arte.

Il suo lavoro è cambiato nel corso dell’ultimo anno? Ha risentito della reclusione forzata e delle distanze fisiche imposte dal lockdown?

Dal punto di vista del lavoro inteso come ricerca no, non ho avvertito cambiamenti sostanziali. L’orizzonte si è ristretto obbligandomi a guardare attorno, osservando e scoprendo una realtà vicinissima che prima, a tratti, era invisibile. Forse è stato solo un cambio di prospettiva. Ovviamente come per tutti gli ambiti del fare umano, ho subìto il non poter far viaggiare il mio lavoro. Ho bruscamente interrotto alcune presentazioni di libri d’artista e si sono limitati o trasformati i contatti con amici artisti vicini e lontani. Soprattutto il non poter entrare in gallerie e musei ha castrato un po’ la mia curiosità.

“L’attualità” del Covid come è entrata nel suo lavoro?

Non credo al lavoro che nasce mentre si vive un momento di difficoltà. Credo sia importante far sedimentare le emozioni, i disagi e il fluire di pensieri per poi raccogliere il tutto in una fase successiva che, per quanto mi riguarda, non è ancora arrivata – e chissà se arriverà un giorno!

Qualcuno ha detto che nei momenti di vuoto nascono le cose più importanti. È vero anche per lei?

Credo dipenda da cosa si intende per vuoto e per cose importanti. Io non ho vissuto il periodo del lockdown come momento di vuoto; credo sia stato un periodo diverso; una vita diversa che per me, solitaria e intimista, ha significato concentrarmi attraverso il disegno, la poesia, la scrittura più di quanto già non facessi in precedenza. Forse ho riscoperto la lentezza, elaborando percorsi che un giorno concretizzerò. Quindi, se intendiamo il vuoto come periodo di ricerca – dunque un pieno – la risposta alla tua domanda è certamente sì. Le fasi di ricerca, di approfondimento, di lettura e di sperimentazione sono sempre periodi ricchi per un futuro più o meno prossimo.

Durante il Covid la nostra vita relazionale si è molto digitalizzata. Come ha vissuto da artista questo “farsi virtuale” delle cose?

Credo che il digitale, il virtuale, il contatto attraverso un video abbiano avuto per me una duplice valenza; da un lato sono stati la scoperta di possibilità e percorsi inaspettati che mi hanno anche arricchita dal punto di vista professionale e umano. Ad esempio la relazione a video mi ha fatto scoprire le impercettibili variazioni di un volto mentre parla e comunica. I volti vicinissimi che il computer ti mostra sono ricchi di fascino e di umanità trasversale. Per contrasto, il contatto virtuale forzato ha reso ancora più importanti le relazioni, il cercarsi, il condividere, e questo credo sia un regalo che, mentre le maglie lentamente si diradano, mi porta a scoprire, a cercare, la normalità di un incontro e il desiderio della condivisione.

Quali sono i maggiori cambiamenti nel mondo dell’arte causati dalla pandemia in corso?

Questo periodo mi ha resa ancora più solitaria e poco so dire in proposito. Mi auguro soltanto che se un cambiamento ci aspetta, questo sia dentro la verità del fare, con un occhio rivolto all’altro e all’ambiente.

Adesso a che cosa sta lavorando?

Continuo con costanza la realizzazione di un dizionario emozionale, soffermandomi su suoni e parole che vivono nella mia quotidianità. Desidero riprendere le fasi conclusive di un libro d’artista con l’amico incisore Cristian Boffelli attorno a un testo dello scrittore giapponese Kobo Abe e lentamente sto aprendo due nuovi progetti …che però sono ancora in fase embrionale.

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