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Storia delle epidemie - 25

Male del vento, folletto, male della zucca… i tanti nomi dell’influenza

Si deve alla storico fiorentino Giovanni Villani la prima descrizione, nel 1323, di una epidemia influenzale occorsa in Italia e Francia. E nell’ultimo decennio del 1800 si presentò di nuovo l’influenza a varie ondate

Già tra il IX ed il XII secolo sono state registrate saltuarie segnalazioni di eventi epidemici caratterizzati da febbre elevata, tosse ed alta mortalità probabilmente riferibili a influenza, generalmente riportate nelle cronache dei monasteri europei; è però soltanto nei secoli XIV, XV e XVI che con lo sviluppo dell’urbanizzazione, delle attività economiche e mercantili, nonché con il consolidarsi delle relazioni diplomatiche, che si creeranno le condizioni per una adeguata ed affidabile produzione documentale storica.

Si deve alla storico fiorentino Giovanni Villani la prima descrizione, nel 1323, di una epidemia influenzale occorsa in Italia e Francia; successive epidemie si ebbero in Italia nel 1358 e nel 1387; in Francia nel 1414, nel 1438 e nel 1482. Nel periodo compreso tra il 1517 e 1551 si abbatté sulle isole britanniche, a più ondate, una serie di violente epidemie influenzali ad elevata letalità. Il XVI secolo si caratterizzò peraltro per tre eventi pandemici relativamente ai seguenti anni: 1510 (proveniente dall’Africa, alta contagiosità ma scarsa mortalità), 1557 e 1580.

Già dall’epidemia del 1580 si identificava l’impiego del salasso come possibile cura, anche se poteva provocarne la morte e si era propensi all’utilizzo del salasso solo negli individui più robusti, optando piuttosto alle sanguisughe: “Dopo 3, 4 giorni se allora giudicate di trarre sangue, dovete ricorrere alle sanguisughe. Troverete grandi vantaggi nel farne applicare otto o dieci alla base del collo, immediatamente sopra la forcella sternale. Se applicate la sera il malato riposerà bene la notte”. Quanto ai purganti, si era dell’opinione di prescrivere “alcuna volta un purgante, quando di cremore di tartaro, quando di sale d’Inghilterra, quando d’olio di ricino”.

Nel XVII secolo si ebbero epidemie nel 1688, 1693 e 1699; numerose furono le epidemie anche nel XVIII secolo, ma due furono di maggior rilievo: quella del 1729-30 (detta “mal russo” perché probabilmente originatasi nell’est europeo e successivamente diffusasi nel centro e nord Europa) e del 1782 (insorta in Cina, si diffuse prima in Russia e poi in tutta Europa, colpendo particolarmente la città di Londra).

Alcuni autori ottocenteschi tracciano la storia delle epidemie e pandemie di influenza dei secoli precedenti: Giovanni Targioni Tozzetti annota che l’influenza, epidemica in Firenze nel 1323, dominò poi in tutta Italia fra quell’anno e il successivo, e poi ancora 1387. Poi scrive di ben nove epidemie nel Cinquecento e poi ancora nel 1603 e 1690; del resto ce ne furono molte anche in ogni altra parte di Europa.

In “Annali delle Epidemie”, scritto da Alfonso Corradi professore di patologia generale nella Regia Università di Palermo e pubblicato nel 1867, troviamo interessanti ed amene citazioni riguardanti tutto il Cinquecento: riguardo al 1543, per esempio, si legge: “Fuit is annus epidemicus, tamen morbi nonerant limi, nempe infiniti aegrotavere et paucissimi periere”. Anche il medico Antonio Brasavola scrisse: “in quest’anno non curò meno di mille infermi, non perdendone che tre o quattro, ed anche erano vecchi”.

Nel Settecento l’influenza, “ab occulta coeli influentia” così chiamata da Domenico detto Pietro Buoninsegni nel 1580 in Historia Fiorentina, incomincia ad apparire con altre denominazioni: in Asia era chiamata “male del vento” perché si propagava come il vento. In Italia fu chiamata dal popolo anche “mal mattone” o “mal della zucca”, perché era accompagnata da un mal di testa intenso e febbre alta. A Parigi, colpita dalla epidemia fra il 1729 e il 1730, l’influenza prese il nome di “follette o allure”. Nel 1743 quando si presentò epidemica in Europa: “Allora soltanto ella prese il nome di grippe (…) tutti erano presi da sintomi generali uniformi, così tutti gli ammalati hanno avuto le fattezze raggrinzate contratte o smagrite, in una parola la faccia grippata, oltre a ciò essi sentivano delle orripilazioni al minimo movimento, miste a vampe di calore, una rottura di membra e come dei dolori contusivi sopra tutta la superficie del corpo”.

Altro autore indica varie denominazioni: “Gli inglesi la chiamarono Influenza, da Baader in Germania ottenne il nome di Krip, per Grippe la salutarono i Francesi, altri la dissero ora febbre catarrale, ora affezione reumatica, ora affezione reumato-catarrale”; altro indica possibile origine del nome grippe facendolo derivare dall’espressione polacca crypka, la quale significa raucedine. La denominazione può anche derivare dal paese in cui ebbe origine.

Anche nel XIX secolo si verificarono diverse e importanti pandemie fin dai primi anni del secolo (1800-1803). Un evento pandemico si ebbe anche tra il 1830 e il 1833, negli anni in cui sarebbe apparso in Europa anche il colera. Si trattò probabilmente di un focolaio originato in Cina, esteso a Filippine, Russia, Europa e America, con probabile interessamento di circa un quarto della popolazione mondiale. In una rivista scientifica dell’epoca si legge: “Ora se vogliamo salire fino alla causa della grippe, una sufficiente ne ritroviamo nelle perturbazioni atmosferiche dalle quali l’Europa intiera fu agitata per vari anni. La grippe del 1830 non ha presentato specie alcuna di pericolo quella del 1831 non sembra presentarne di più. La maggior parte delle persone che ne sono state attaccate l’hanno passata se non senza accorgersene almeno senza altro incomodo che quello d’una piccola infreddatura o mal essere passeggero come quello che si prova dopo una generale stanchezza delle membra pochi ammalati ne sono morti ove se ne eccettuino quelli che erano attaccati da tisichezza prima che arrivasse la grippe. Tuttavolta questa benignità generale ebbe a Berlino una eccezione molto più notevole. I prospetti statistici della mortalità di quella capitale hanno dimostrato che, meno una piccolissima differenza, la grippa ha fatto perire nel 1831 quasi tanti ammalati quanti ne ha fatti perire il Cholera”.

Nel 1831 in Italia l’epidemia imperversa a Roma, ma anche a Napoli, Firenze e Bologna e nel 1833 a Genova e a Catania. Nel 1834 Tommaso Marcellini, dottore in medicina e chirurgia, osserva che “il catarro febbrile epidemico dominò in Catania dall’ottobre 1833 a gennaro 1834”. Venendo alle cause cita Ippocrate: “Si vero aestas sicca et aquilonia fiat, autumnus autem pluviosus et australis, capitis dolores ad hiemem siunt, et tusses, et raucedines, et gravedines”: tratta quindi i sintomi e la cura.

Anche Antonino Di Giacomo, protomedico generale a Catania, nello stesso anno scrive del catarro febbrile epidemico o grippe che aveva colpito la città: “Un catarro febbrile prodotto dalla influenza della costituzione atmosferica, che presenta caratteri particolari e costanti, che si diffonde rapidamente quasi a due terze parti della popolazione, che si dissipa nel corso di pochi mesi, avvegnachè stato si fosse innocuo nelle sue conseguenze, merita pure da una parte a giusto diritto il nome di epidemico, e di venir registrato dall’altra negli annali della storia medica del paese. Tale si è il catarro febbrile epidemico (Bronchitis epidemica), che sul cadere del 1833 a cominciare dall’ultima metà del mese di ottobre sino a quasi tutto gennaro 1834 …”

La cura per una pronta guarigione dall’influenza viene delineata in poche parole da Giacomo Berzellotti, professore dell’Università di Pisa: “le tossi catarrali hanno ceduto al riposo, tepore del letto, ed alle bevande demulcenti. Rare volte vi è occorsa nei casi semplici la cavata del sangue, o l’applicazione delle sanguisughe. Rarissime vi è stato bisogno della purga”. Il salasso, elemento principe di ogni intervento terapeutico, è messo in discussione. Oltre alle suddette “cure” Berzellotti scrisse un’opera significativa in tema di medicina sociale: ”Dell’influenza della povertà sulle malattie epidemiche e contagiose, come di queste su quella, dell’importanza di migliorare le condizioni igieniche dei poveri onde togliere l’influsso reciproco e rassicurare la pubblica e privata salute dalla ricorrenza di questi morbi nella gran penisola”. In questo lavoro egli dimostra come la massima parte delle malattie dipenda dalla miseria e, non limitandosi alla constatazione dell’esistenza di un rapporto tra povertà e malattie da infezione, si addentra nella ricerca delle cause di tale rapporto ed espone un piano organico dei provvedimenti da prendersi. Consiglia l’istituzione di asili e di circondari agricoli, di sorveglianze sui generi alimentari e sul lavoro e il rifornimento di acqua potabile.

Successive ricorrenze si verificarono nel corso del secolo fino ad arrivare alla grande pandemia del 1889-1892, con un’alta incidenza di morbosità e mortalità in tutto il mondo, e che probabilmente ebbe origine tra l’Asia e la Russia. Si diffuse dapprima lentamente verso il Caucaso poi, nell’inverno, grazie allo sviluppo delle vie di comunicazione e alla densità di popolazione, coinvolse velocemente tutta l’Europa, arrivando in dicembre in America e nel gennaio del 1890 in Australia, interessando pertanto tutto il globo. Tale pandemia si verificò in un contesto culturale orientato alla ricerca della specifica causa delle malattie, supportato oltretutto dal progresso tecnico.

Nell’ultimo decennio del secolo XIX si presentò di nuovo l’influenza a varie ondate. Secondo Patterson la pandemia del 1889-1901 segui due direttrici del nord lungo la costa ligure a Genova e La Spezia e verso l’Austria lungo l’Adriatico. Alla fine di dicembre interessa il sud Italia, la Sardegna e la Sicilia. L’insorgenza ha precise date: Roma 11- 20 dicembre, Bologna, Genova, Messina, Milano, Napoli, Sardegna, Torino, Venezia 21-31 dicembre 1889, Palermo 1-10 gennaio 1890. Le stime di morbosità per il 1889-90 danno per l’Italia 11%, per Roma 50%, per Bergamo 30%.

Nella terza ondata, settembre 1891-febbraio 1892, il nord Italia è più colpito. Nel 1899-1901 nuova epidemia che interessa sia il nord che il centro Italia. Possiamo affermare che due siano state le epidemie di rilievo dell’Ottocento: negli anni 1830-33 e 1898-1901.

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