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Il caso

Omicidio di Yara, la Corte d’Assise prende tempo per decidere sull’esame dei reperti

I difensori di Bossetti da tempo sostengono possa essere rifatto l'esame del Dna.

I giudici della Corte d’Assise di Bergamo, nel pomeriggio di mercoledì 19 maggio, si sono riservati di decidere sulla richiesta della difesa di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio, la giovane ginnasta di Brembate Sopra.

La Corte ha così deciso di prendersi il tempo necessario di poter esaminare i reperti che hanno portato alla condanna del muratore di Mapello e padre di tre figli.

Tutto ruota attorno alla traccia “31 G20” che rappresenta la “prova regina” nel processo che portò alla condanna di Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio.

“È forse l’unica traccia che è effettivamente esaurita, stando alle dichiarazioni dei consulenti di allora” affermano gli avvocati di Bossetti che chiedono comunque di poter esaminare tutti gli altri reperti che la Procura avrebbe definito “di secondaria o nulla importanza”.

L’avvocato Paolo Camporini, che difende Bossetti (condannato in via definitiva per l’omicidio della 13enne di Brembate rapita e uccisa la sera di venerdì 26 novembre 2010), chiede alla Corte d’Assise di Bergamo che “sia prima di tutto ripristinata la legalità”. I difensori di Bossetti da tempo sostengono possa essere rifatto l’esame del Dna.

Yara fu trovata morta in un campo a Chignolo d’Isola sabato 26 febbraio 2011. Dopo lunghe e complesse indagini, il 16 giugno del 2014 venne individuato e arrestato Massimo Bossetti. Processato, Bossetti fu condannato all’ergastolo e la sentenza fu confermata dalla Cassazione.

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