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L'intervista

Gigi Riva: “Questa Atalanta fa innamorare, si merita la Coppa, ma sarà una finale da batticuore”

L'editorialista de L'Espresso, bergamasco e tifosissimo della Dea, fa il pompiere con un po' di scaramanzia: "Forse c'è troppo entusiasmo, era più facile la finale di due anni fa con la Lazio".

“L’Atalanta è rivoluzionaria, si è ribellata all’ordine costituito. E nessun’altra squadra ha saputo cambiare il proprio Dna come la Dea. Perché tanti tifosi di altre squadre faranno il tifoso oggi per l’Atalanta? Perché l’Atalanta fa un calcio che fa innamorare, vederla è come andare a teatro, è promessa di spettacolo. Anche se per noi bergamaschi c’è sempre un po’ di batticuore: nessuna partita ha un esito scontato, tantomeno se il tuo avversario si chiama Juventus”.

Parla Gigi Riva, giornalista (editorialista de L’Espresso) e omonimo del calciatore che è stato l’idolo di tanti di noi, bambini negli anni Sessanta e che allora ebbe la forza di dire no alla Juve. Ecco, chi può essere oggi il Gigi Riva dell’Atalanta?

Risponde il giornalista: “Io ammetto di essere innamorato di Muriel, che però è molto diverso da Gigi Riva. Se penso a uno come lui, mi viene in mente la potenza di Zapata, però per valore assoluto direi che Muriel ha dimostrato di essere uno dei migliori attaccanti del mondo”.

Può riuscire, allora, “Lucho” come lo chiamano il Gasp e i compagni, ad abbattere il tabù Juve, che l’Atalanta già è riuscita a piegare un mese fa in campionato a Bergamo? “E prima ancora anche in Coppa Italia. Che partita sarà questa finale? Difficilissima. Mi spiego: la Juve non è più una superpotenza, tuttavia secondo me c’è un entusiasmo eccessivo tra noi bergamaschi, mi riferisco all’ottimismo che si percepisce. Eppure abbiamo contro una squadra che per tanti parametri ci è superiore e, se guardiamo indietro, la finale di due anni fa era più facile di quella di oggi: allora fu un furto, ma non era nemmeno la vera Atalanta. Possiamo però anche dire che abbiamo imparato a perdere le finali e quindi sappiamo anche come si fa a vincerle”.

C’è anche un po’ di scaramanzia, ma molto realismo nelle parole di Gigi Riva, nell’emozione alla vigilia di una finale in cui “le ragioni del cuore si scontrano con le ragioni… della ragione: se vinciamo sarà un’impresa dopo una stagione straordinaria, un cammino importante. Il coronamento di un lavoro, adesso lo chiamano progetto, che parte da lontano ed è evidente che dopo cinque anni l’Atalanta del Gasp meriterebbe una Coppa, ma tra il meritarsela e l’aggiudicarsela c’è di mezzo la Juve. Noi che da bambini abbiamo vissuto la finale del 1963, quando a Bergamo non si potè nemmeno festeggiare per la morte del Papa, abbiamo ricordi in bianco e nero e però, anche con questa pandemia che pure ingabbia le emozioni, sarebbe ora di avere un ricordo a colori”.

Sorride, il giornalista tifoso Riva, ripensando alla formazione di allora, a quel Pizzaballa, Pesenti, Nodari e via con gli altri nomi che venivano scanditi a memoria dai tifosi: “Ed era una squadra fatta per metà da bergamaschi, mentre ora nello scioglilingua della formazione vedete che c’è solo un italiano, Gollini. Ed è una formazione specchio dei tempi: il calcio è cambiato, siamo internazionali e Bergamo riflette con la squadra la sua apertura sul mondo”.

Beh, poi se guardiamo bene De Roon è molto bergamasco, Gasperini ha avuto la cittadinanza onoraria e quindi anche lui… “Vero, hanno acquisito un’identità che è diventata plurale, ognuno di noi ha un’identità plurale, io ho ancora dentro i ricordi di Sarajevo, vivo in  Romagna, così De Roon e Gasp sono diventati anche molto bergamaschi”.

L’Atalanta è Bergamo, è nel cuore di tutti i bergamaschi e sentendo dire dal professor Garattini che non vuol essere disturbato da nessuno, quando gioca l’Atalanta, capisci che non è solo calcio.

“Quand’ero a Sarajevo alle 15 del pomeriggio cercavo la radio per sintonizzarmi su Tutto il calcio minuto per minuto e sentire cosa si diceva dell’Atalanta. Che è come Bergamo Alta, come la polenta, non più solo pelle ma pelle, ossa e muscoli di Bergamo. Anche chi non segue il calcio quando è in giro per il mondo, se è di questa terra si sente chiedere dell’Atalanta, i successi della squadra sembrano andare di pari passo con quelli che vediamo per le nostre aziende nel mondo, insomma è una corrispondenza d’amorosi sensi tra Bergamo e l’Atalanta”.

È questa l’Atalanta migliore della storia? “Ah per quello che vedo da quando sono tifoso credo proprio di sì: parlano i risultati e il gioco. Io ricordo poi una squadra che è rimasta nell’immaginario, l’Olanda di Crujiff degli anni Settanta che era uno spettacolo e penso che l’Atalanta è nell’immaginario: d’accordo, serve un trofeo per dare qualcosa in più ma se non succede questa Atalanta comunque resterà, in un momento in cui si parla di SuperLega, l’Atalanta è l’altro calcio, è la dimostrazione che con il lavoro e la programmazione si può riuscire a cambiare pelle a una squadra che era nata e lottava sempre solo per salvarsi. E invece la mentalità si può cambiare e una squadra come la nostra può giocare come il Real Madrid”.

Quanto merito di Gasperini c’è in tutto questo? È il miglior allenatore della storia? “Un po’ come Capitano mio capitano, Gasperini è l’Ulisse che porta la compagnia a varcare le colonne d’Ercole, ha lavorato soprattutto sulla testa, andando oltre lo slogan del ‘dobbiamo salvarci’ che ormai anche il presidente ripete solo per scaramanzia. L’Atalanta è rivoluzionaria e vederla è promessa di spettacolo, in questo è diversa dalle altre squadre”.

Ma tornando alla sfida di Reggio Emilia… “Eh la Juve è più forte della Lazio di due anni fa e non ha ancora vinto. Noi – Riva dice proprio così – possiamo battere la Juve, siamo andati oltre anche rispetto a due anni fa. Si pensava che andato via Gomez ci si perdesse, che fosse indispensabile Ilicic e invece altri hanno fatto cose strabilianti. Ecco, forse solo il Leicester ha la stessa continuità di questa Atalanta nel suo essere rivoluzionaria. Allora, ci vediamo a Reggio?”.

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