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Festival Orlando - ass. Immaginare Orlando

Bergamo

A Orlando un gioco urbano su muri e spazi con Elisabetta Consonni

Da venerdì 21 a domenica 23 maggio "Ti voglio un bene pubblico" per riflettere sull’utilizzo e sul valore simbolico di spazi ed elementi architettonici di divisione

Quando un muro smette di proteggere e comincia a dividere, segregare ed escludere? A partire da questa riflessione, sul crinale tra spazio pubblico e privato, nasce la ricerca artistica di Elisabetta Consonni, che venerdì 21, sabato 22 e domenica 23 maggio, nel quartiere della Celadina di Bergamo, presenta a Orlando il suo gioco urbano Ti voglio un bene pubblico. Una ricerca iniziata nel 2019, applicando lo studio coreografico all’interno dello spazio pubblico, nell’intento di osservare come possa essere organizzato uno spazio dal punto di vista fisico, ma anche come lo stesso spazio pubblico possa permettere o meno la costruzione di reti sociali e di relazioni.

“Dopo il premio Open 2019, Ti voglio un bene pubblico è stato sperimentato in quattro diverse città (Pergine, Terni, Milano e Gorizia) – racconta Elisabetta Consonni – . Il progetto poi ha visto altre tappe, fino all’invito di Mauro Danesi, direttore artistico di Orlando, che mi ha proposto di portarlo a Bergamo, nel quartiere di Celadina, in questa edizione del Festival”.

Un appuntamento (approfondito anche nell’incontro Giocare gli spazi per intessere percorsi, che la performer terrà giovedì 20 maggio alle 20 nell’ex centrale Daste e Spalenga), in collaborazione con Rete di Quartiere Celadina, che si svolge tra gioco urbano, sviluppo di percorsi e performance. “In questo caso, la dimensione performativa tout court è ridotta al minimo, viene messa invece ancor di più in risalto l’esperienza del pubblico nello spostarsi tra gli spazi. Il mio interesse come coreografa è quello di osservare i vari movimenti all’interno dello spazio, quali percorsi e quindi quali incontri e quali relazioni lo spazio pubblico permette. Vedere dove si può passare e dove no, coinvolgere gli abitanti del quartiere e le varie realtà associative del territorio”.

Partecipanti che saranno chiamati a riflettere sull’utilizzo, tra privato e pubblico, degli spazi, dei confini e sul loro valore simbolico. “Nell’ideare il progetto mi sono accorta di come alcuni cancelli abbiano più una funzione di significante piuttosto che pratica. Un cancello alto mezzo metro non mi impedisce di scavalcarlo, serve solo per delimitare uno spazio, per limitare l’accesso. Lo stesso avviene poi negli spazi pubblici che, a seconda della conformazione, possono permettere o meno l’entrata. La limitazione dell’accessibilità viene associata alla sicurezza, ma nello stesso tempo si priva il singolo cittadino di prendersi cura di uno spazio che è pubblico. Un argomento che abbiamo discusso anche con Marzia Marchesi, assessore al verde pubblico di Bergamo: recintare un luogo pubblico significa privare il singolo cittadino non solamente dell’accessibilità, ma anche di una sua responsabilità nella cura collettiva di uno spazio”.

Un gioco urbano, quindi, che possa evidenziare alcune pratiche di benessere per la cittadinanza. “Non voglio proporre un’utopia, quanto innescare una riflessione, osservare attraverso alcuni processi artistici e ludici. Considerazioni che nascono anche dal confronto tra diverse istanze, tra chi accetta la mia riflessione e chi la rifiuta”.

Ti voglio un bene pubblico riflette poi sulla necessaria comunicazione che deve intercorrere tra pubblico e privato. “Oggi c’è una tendenza all’iperprivatizzazione di tutto, serve quindi una riflessione che porti a ragionare sugli spazi che devono essere salvaguardati per il pubblico”.

Pubblico e privato, due lati della stessa medaglia, in continuo dialogo tra loro. “Il filosofo Nicola Capone ha descritto il privato come qualcosa ‘che è privato’, ‘che è stato privato’, come participio passato. Privato, cioè che è stato tolto al pubblico. Fare una riflessione artistica sul pubblico significa anche farne una sul privato e su quanto quest’ultimo si permetta di essere poroso rispetto al pubblico. Chiudersi dentro al privato per essere salvi, una sensazione che tutti abbiamo provato durante la pandemia, significa non aprirsi al pubblico, significa privarsi di qualcosa anche in termini di relazioni”.

Il progetto di Elisabetta Consonni si fa anche allenamento verso un nuovo punto di vista, nel solco del tema cardine di questa edizione del Festival Orlando. “Gli elementi architettonici di divisione (come cancelli, muri, ecc.) assumono vari significati a seconda del contesto e della loro conformazione – spiega Consonni – . In ogni luogo, a seconda delle porte che ho trovato chiuse o aperte, emergono temi differenti. Alla Celadina, dopo una fase conoscitiva del territorio ben strutturata, sono emersi temi importanti che riguardano il rapporto tra pubblico e privato, tra interno ed esterno, la rete comunicativa che passa attraverso i cancelli. Il mio è un punto di vista esterno, ma penso che anche gli abitanti, durante il gioco, possano assumere un punto di vista differente. Dopo l’ultimo lockdown, poi, quando il privato è diventato dominante, quando la sicurezza personale si è trasformata nella ricerca di un nuovo modo di entrare in relazione con il pubblico e con le persone, è diventato necessario un cambio di punto di vista nell’osare, nel buttarsi di nuovo verso l’esterno, verso il pubblico, attraverso una ripartenza delle relazioni. In questo senso, il fatto che il mio gioco urbano sia analogico, costruito nei luoghi fisici, attraverso la relazione tra persone, è molto importante”. Relazioni necessarie, per tornare ad abbattere i muri divisori e fare dello spazio luogo di incontro.

Il programma dei prossimi giorni

La performer Elisabetta Consonni incontra il pubblico di Orlando giovedì 20 maggio alle 20 nell’area dell’ex centrale Daste e Spalenga, con Giocare gli spazi per intessere percorsi (durata 60’).

Un racconto dalla viva voce della performer, un’occasione per riportare in vita gli spazi e riattivare la vita sociale dei territori: dopo essere stato ospite a Pergine, Gorizia, Terni, Milano e Padova, il gioco urbano Ti voglio un bene pubblico arriva all’ottava edizione del Festival ORLANDO, accolto nel quartiere di Celadina. Elisabetta Consonni, in un delicato processo di osservazione, conduce una ricerca artistica attenta alle pluralità, in dialogo con la rete di quartiere e la comunità che lo abita.

Come si indaga l’ambivalenza di muri, bordi, cancelli, recinti, che “creano un senso di sicurezza per coloro che sono dentro e allo stesso tempo un senso di privazione, esclusione e talvolta violenza per coloro che ne stanno fuori”?

Incontro gratuito su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento posti disponibili a prenotazioni@orlandofestival.it o al tel. 320 6149443.

Sempre giovedì 20, solo online, Orlando presenta il film Lola vers la Mer (Lola) di Laurent Micheli (Belgio, Francia 2019 – durata 90’). Lola, giovane ragazza trans, è costretta ad affrontare un lungo viaggio in auto con il padre, distaccato e ostile, per disperdere le ceneri della madre, recentemente defunta. Sarà l’occasione per affrontare i fantasmi del passato e i rancori mai sopiti, ma anche per permettere a entramb* di affacciarsi al futuro con una nuova consapevolezza. Racconto di formazione on the road teso, intenso e intimamente commovente, sorretto da una scrittura abilissima e da due interpretazioni emozionanti.

Il film sarà disponibile unicamente in streaming sulla piattaforma OpenDDB per 72 ore a partire dalle ore 19.30 del 20.05.2021, su offerta libera.

Venerdì 21 maggio alle 17 alla Celadina si terrà il primo appuntamento con Ti voglio un bene pubblico (ore 17 – durata 90’) di e con Elisabetta Consonni in collaborazione con Sara Catellani. Ti voglio un bene pubblico è un gioco urbano (in collaborazione con Rete di Quartiere Celadina) che attraversa gli spazi pubblici e riflette su infrastrutture di divisione quali cancelli, muri, recinti. Tanto di quello che ci circonda è fatto di muri e recinzioni; capirne il senso, di volta in volta, è una pratica civile necessaria. Quando un muro smette di proteggere e comincia a dividere, segregare ed escludere? E quando a essere recintato è uno spazio pubblico di cui si limita l’accessibilità, quanto di pubblico rimane di quello spazio pubblico? Posto un muro, quanto di quello che c’è dietro non possiamo conoscere?

Biglietto unico 5 € su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento posti disponibili a prenotazioni@orlandofestival.it o al tel. 320 6149443.

Il luogo dell’incontro sarà comunicato al momento della prenotazione.

La performance verrà replicata sabato 22 e domenica 23 maggio, sempre alle 15.

Sempre venerdì 21 maggio, dalle 19.30, sarà disponibile solo online il film Futur Drei (No Hard Feelings) di Faraz Shariat (Germania 2020 – durata 92’). Amore e integrazione sullo sfondo della Germania multietnica di oggi. Impegnato a lavorare in un centro per rifugiati, il giovane Parvis, immigrato di seconda generazione, incontra i fratelli Banafshe e Amon, fuggiti dall’Iran e in attesa di permesso di soggiorno. Insieme scopriranno le intemperanze dell’amore e assaporeranno le sfide che riserverà loro il futuro, nel corso di un’estate fugace e turbolenta come solo la giovinezza sa essere.

Il film sarà disponibile unicamente in streaming sulla piattaforma OpenDDB per 72 ore a partire dalle ore 19.30 del 21.05.2021, su offerta libera.

L’ottava edizione del festival Orlando propone iniziative fino a domenica 23 maggio. Programma completo su www.orlandofestival.it.

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