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11-17 maggio

Covid, in Italia e a Bergamo trend in discesa, ma lontani i minimi dell’estate scorsa

Nella provincia di Bergamo i nuovi casi sono scesi da 918 a 644 (-29,9%). Meno evidente, ma comunque buona (- 23%) la discesa relativa ai pazienti ricoverati, da 294 a 227 e di quelli in Terapia Intensiva, da 45 a 37. Leggermente in rialzo il numero dei decessi settimanali: da 8 a 10.

I segnali che arrivano dai dati dalla settimana epidemiologica appena conclusa (11-17 maggio), appaiono confortanti e proseguono il trend di miglioramento. Per una maggiore tranquillità dovremo aspettare anche la chiusura della settimana in corso, ma finora l’effetto trascinamento delle restrizioni attuate a inizio primavera, insieme alle prime ricadute della campagna vaccinale, sta prevalendo su quello dei recenti allentamenti.

I nuovi casi sono stati 46.317con la media giornaliera a 6.617, in calo in una settimana del 29,4%.

In area medica ci sono stati 3.403 ricoveri in meno con un calo settimanale del 22,1%.

In terapia intensiva si è passati da 2.158 ricoveri a 1.754, con un calo di 404 unità.

1265 sono stati i decessi, con la media giornaliera a 181 in calo in una settimana del 20,8%.

Gli attualmente positivi sono 322.891, in calo di 50.779.

Nonostante i buoni dati settimanali è bene rammentare quanto ancora siamo lontani da una situazione accettabile. Confrontiamo quindi gli attuali numeri con quelli relativi ai minimi assoluti, dove appare evidente come la strada da percorrere sia ancora lunga.

La media settimanale di casi 6.617 – il minimo è stato 175 il 3 luglio.

12.024 ricoveri in area medica – il minimo è stato 705 il primo agosto.

1.754 ricoveri in terapia intensiva – il minimo è stato 38 il 29 luglio.

181 decessi la media settimanale – minimo è stato 5 il 22 agosto.

322.891 attualmente positivi – il minimo è stato 12.230 il 30 luglio.

Restano da considerare, inoltre, alcuni segnali di attenzione:

1) Il valore medio dei positivi giornalieri rimane ancora molto superiore ai 4.311 casi (50 alla settimana ogni 100.000 abitanti) che permetterebbero la ripresa delle attività di tracciamento: l’unico modo per avere il controllo dell’epidemia invece di inseguirne le mosse.

2) Gli oltre 300.000 attualmente positivi nascondono un numero reale almeno doppio, come abbiamo visto più volte: in totale potrebbero quindi essere 6-700.000 gli italiani oggi in grado di trasmettere il virus, in pratica uno ogni cento abitanti. Un dato che ci fa capire come la circolazione del Sars-CoV-2, per quanto in riduzione, resti su livelli molto elevati.

3) L’ultima settimana epidemiologica si è chiusa con un calo del 10% dei tamponi effettuati: la speranza è che le Regioni, come è accaduto in passato, non riducano progressivamente il numero dei test effettuati. Condizione che comporterebbe un minor numero di positivi individuati e, di conseguenza, ulteriori allentamenti. Sottolineiamo come le fasi di riapertura debbano essere accompagnate da un incremento dei test, al fine di individuare il maggior numero possibile di positivi e limitare al massimo le possibilità di ripresa dell’epidemia.

In Lombardia

In Lombardia i nuovi casi sono stati 7.167: il calo sulla settimana precedente è del 30,5%, mentre la media giornaliera dei positivi individuati scende da 1.473 a 1.024. Più consistente (-39,7%) il calo dei nuovi ingressi in terapia intensiva. Meno evidente, ma comunque in calo del 22,5%, sono i ricoveri in T.I., che ora sono 371. Il tasso di positività medio settimanale è al 2,61%.

A Bergamo e in provincia

Nella provincia di Bergamo i nuovi casi sono scesi da 918 a 644 (-29,9%). Meno evidente, ma comunque buona (- 23%) la discesa relativa ai pazienti ricoverati, da 294 a 227 e di quelli in Terapia Intensiva, da 45 a 37. Leggermente in rialzo il numero dei decessi settimanali: da 8 a 10. L’incidenza dei nuovi casi ogni 100.000 abitanti è a 58. Si assiste quindi anche nel nostro territorio a un ribasso delle curve, che è chiaramente legato alle vaccinazioni. In provincia siamo quasi al 50% di copertura (prima dose).

Nel mondo finalmente un rallentamento

Oggi, utilizzando i dati dell’ultimo Report epidemiologico dell’Organizzazione mondiale della Sanità (ultimo Bollettino epidemiologico disponibile 9 maggio scorso) facciamo il punto sull’andamento della Covid-19 a livello mondiale.

Dopo dieci settimane consecutive chiuse con un incremento dei nuovi casi (includendo l’ultima, di fatto stabile, con una variazione modesta pari a +0,18%) l’epidemia segna finalmente un leggero rallentamento: -3,3% a quota 5.517.602 positivi individuati, contro i 5.705.981 del periodo 26 aprile – 2 maggio. Sul dato complessivo pesano in modo decisivo i numeri espressi dall’India: un Paese con 1,4 miliardi di abitanti che ovviamente, nelle fasi di espansione del contagio, condiziona al rialzo (o mitigando la riduzione come sta accadendo ora) il valore percentuale globale. Nell’ultima settimana la sola India ha registrato circa 2,5 milioni di nuovi casi: con un incremento del 5% sulla settimana precedente (quando la variazione era stata del 20%, quindi più sostenuta) ma soprattutto generando quasi il 50% dei contagi a livello mondiale.

Nessuno degli altri Paesi più colpiti in termini di valori assoluti ha fatto registrare un aumento dei positivi individuati: il Brasile, con 423.438 nuovi casi, è rimasto stabile sulla rilevazione precedente. In calo invece i contagi negli Stati Uniti (334.784, -3%, con una riduzione molto contenuta nonostante l’alto numero di vaccinazioni effettuate, probabilmente a causa delle scarse misure di mitigazione adottate); così pure in Turchia (166.733 positivi, -35%) e in Argentina (140.771, -8%).

Sostanzialmente stabile (-3,5% sulla rilevazione precedente) il numero dei decessi registrati nella settimana: 90.242. A causa dello sfasamento temporale (circa un mese) tra la curva dei contagi e quella dei decessi, per vedere una riduzione significativa di questo valore occorrerà attendere qualche settimana dopo che l’epidemia avrà iniziato a rallentare in modo deciso. E, parallelamente, dopo che il numero delle vaccinazioni a livello mondiale avrà messo in protezione le fasce di popolazione più a rischio (gli anziani), che si concentrano peraltro nei Paesi più ricchi, caratterizzati da un’età mediana circa doppia rispetto a quelli più disagiati.

I decessi

Facciamo ora il punto sulla letalità da Covid-19 a livello mondiale (sempre utilizzando gli ultimi dati OMS), in particolare considerando il numero di decessi per 100.000 abitanti da inizio pandemia fino al 9 maggio 2021. Un indicatore che permette di valutare in modo omogeneo i singoli Paesi, in modo indipendente dalla popolazione residente. L’Italia, con 205 decessi per 100.000 abitanti, si trovava a quella data in dodicesima posizione assoluta tra i 222 Stati, territori ed aree geografiche monitorati dall’Organizzazione mondiale della Sanità: era preceduta da Belgio (213), Slovenia e Slovacchia (entrambe con 220), Bulgaria e Macedonia (entrambe con 243), Montenegro (245), San Marino (265), Bosnia Erzegovina (268), Repubblica Ceca (277), Gibilterra (279) e Ungheria (284).

Sul dato complessivo del nostro Paese pesa in modo decisivo la Lombardia, che alla data del 9 maggio registrava 331 decessi per 100.000 abitanti. Tutti i maggiori Paesi occidentali, sui quali è più logico procedere con un confronto diretto, presentavano valori inferiori a quello italiano: in particolare segnaliamo la Germania (101 decessi per 100.000 abitanti), la Francia (162), gli Stati Uniti (173) e il Regno Unito (188). Per pura curiosità citiamo anche il dato dell’India (17 decessi per 100.000 abitanti da inizio pandemia) che nei giorni scorsi ha catalizzato l’attenzione a causa dei suoi valori assoluti: quasi sempre dimenticando che gli stessi vanno rapportati a 1,4 miliardi di abitanti.

La variante indiana

Nonostante il calo riscontrato nella settimana epidemiologica appena conclusa in Italia e le leggere ma significative diminuzioni nel resto del mondo, allarma la variante del virus Covid-19 scoperta in India, la B.1.617, che è stata classificata come “preoccupante” dall’Organizzazione mondiale della sanità, in particolare perché più contagiosa. “Ci sono informazioni secondo cui B.1.617 è più contagioso”, ma anche elementi che suggeriscono che ha un grado di resistenza ai vaccini, e “quindi lo classifichiamo come una variante di preoccupazione”, ha dichiarato la dottoressa Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico della lotta al Covid-19 presso l’Oms. La dottoressa ha spiegato che maggiori dettagli saranno pubblicati oggi nel rapporto epidemiologico settimanale dell’Oms ma che restano molte ricerche da svolgere su questa variante che comunque è più pericolosa del virus originale. La variante indiana del coronavirus è stata sequenziata in oltre 17 Paesi in tutto il mondo, fra cui l’Italia, finora il ceppo era stato classificato come variante “d’interesse” dall’Oms.

Il dato relativo all’India, di cui si è detto, è comunque assai rilevante in termini assoluti: stiamo parlando di 275.000 decessi, risultando così al terzo posto in questa triste classifica che vede sempre gli Stati Uniti al primo posto con 586.000 morti, seguito dal Brasile con 435.000. I tre Paesi sommano anche 73 milioni di contagiati da inizio pandemia. Il numero relativo al mondo intero ha superato i 163 milioni.

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