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Usca sociali: più di mille bergamaschi seguiti da 7 nuovi assistenti

In un solo trimestre, febbraio-aprile 2021 si sono occupate del6% del totale delle persone positive in provincia di Bergamo in quel periodo

Come previsto dal Decreto Rilancio, dallo scorso dicembre sul territorio della provincia di Bergamo sono entrati in azione sette assistenti sociali che, assunti in regime di libera professione per un anno direttamente dall’Agenzia di Tutela della Salute, hanno svolto la loro attività a fianco delle Usca – Unità speciali di continuità assistenziale, le équipes mediche nate per intervenire al domicilio delle persone sul bisogno sanitario Covid-19.

Queste sette figure professionali, denominate “Usca sociali”, si sono occupate in un solo trimestre (febbraio-aprile 2021) di 1.120 persone, il 6% del totale delle persone positive in provincia di Bergamo nel periodo considerato. Nel loro intervento hanno privilegiato un approccio teso a valorizzare il più possibile il sistema integrato di interventi a livello territoriale a favore di soggetti affetti da Covid-19 e delle loro famiglie, in una logica “multidimensionale” nella quale operatori con estrazione professionale differente – e appartenenti a enti diversi -, sono stati chiamati ad agire in modo coordinato a supporto della sanità territoriale, con una forte proiezione verso la domiciliarità ed il coinvolgimento del contesto familiare.

Le “Usca sociali” vengono attivate (da parte di Medici di Base, Pediatri di Famiglia, Medici delle USCA, Infermieri di Famiglia e Comunità delle ASST, Assistenti Sanitari di ATS Bergamo e Servizi specialistici) quando è necessario effettuare una valutazione di tipo sociale delle esigenze del cittadino affetto da Covid-19 o sospetto tale. Questa attività consiste nel decifrare i bisogni personali e/o familiari che influiscono sulla gestione della malattia attraverso la valutazione sociale delle condizioni personali, familiari, relazionali, abitative e delle reti già attive allo scopo di intercettare precocemente i fattori di fragilità sociale e poter, quindi, costruire possibili risposte e facilitare l’accesso diretto dei cittadini alle risorse formali e informali disponibili a livello locale grazie alle connessioni con la rete dei soggetti, istituzionali e non.

Più della metà delle segnalazioni sono pervenute da parte degli infermieri di famiglia e comunità delle Asst, ma gli assistenti sociali Usca sono operativi anche per il raccordo con i Servizi Sociali (Comunali, di Ambito Territoriale, dei Servizi Specialistici) per interventi e azioni di integrazione sociosanitaria nella gestione delle situazioni Covid-19.

Con interventi di tipo consulenziale o informativo, di monitoraggio a breve termine o di “presa in carico” integrata con i servizi territoriali a causa di bisogni ad alta complessità, le USCA sociali sono intervenute soprattutto per attivare percorsi di integrazione sociosanitaria in situazioni di non autosufficienza (oltre il 60% dei casi, sostenendo la famiglia caregiver e la richiesta di tutela della domiciliarità, di generi di prima necessità, come alimentari e farmaci, dimissioni protette, …), povertà e marginalità (oltre il 20% dei casi, per mediazione culturale, richiesta di generi di prima necessità, come alimentari e farmaci, carenza mezzi di trasporto, …), problematiche abitative (circa il 13% dei casi e per lo più di natura temporanea, connessa alla necessità di assicurare un isolamento della persona Covid positiva) e stato di fragilità psicologica (nel 4% dei casi circa si è resa necessaria l’attivazione di percorsi di ascolto e sostegno).

L’esperienza delle Usca sociali, dopo solo pochi mesi di attività, è già estremamente significativa non solo poiché ha permesso di fornire un concreto supporto sociale ai pazienti seguiti dagli operatori sanitari (medici di base, medici Usca, infermieri di famiglia e comunità) che ne avessero necessità, ma anche e soprattutto perché ha potenziato e dunque facilitato le connessioni tra i diversi professionisti del settore sanitario e sociale (Ambiti Territoriali, Servizi Sociali di base, Servizi specialistici, Enti di Volontariato e del Terzo Settore, Medici di Assistenza Primaria, Medici di Continuità Assistenziale, Pediatra di Famiglia, Infermieri di Famiglia e di Comunità, Servizi ospedalieri per le dimissioni protette), permettendo di sperimentare nuove forme di collaborazione di carattere multidimensionale, in particolare con gli Infermieri di Famiglia e Comunità e con i Medici delle USCA e i Medici di Medicina Generale.

Per facilitare il raccordo tra i diversi attori del settore sociale e sanitario, infatti, si è reso necessario sperimentare metodi e prassi di lavoro innovative: questo suggerisce che tra le priorità di investimenti futuri nelle politiche di welfare vi debba essere il potenziamento dell’assistenza sociosanitaria e della sanità territoriale, promuovendo e rinforzando interventi integrati di presa in carico unitaria della persona e forme organizzative basate sull’interdisciplinarietà e la multiprofessionalità, proprio come avvenuto con la “sperimentazione” di Ats Bergamo con l’affiancamento di Assistenti Sociali alle équipes Usca.

Spiega Iorio Riva, dirigente dell’Ufficio dei sindaci di Ats Bergamo e coordinatore delle Usca sociali: “L’integrazione tra professioni sanitarie e sociali, che per vocazione e operatività parlano linguaggi necessariamente diversi e settoriali, hanno potuto connettersi e dialogare, potenziando così i risultati degli interventi e del sostegno erogati. Situazioni con bisogni semplici o situazioni a più alta complessità, anche se diversi, se ascoltati e accolti nel bisogno tempestivamente e orientati correttamente nella rete dei servizi rendono infatti possibile l’intercettazione precoce di situazioni di fragilità, in un’ottica preventiva di tutela. Questo si evidenzia bene, e forse non a caso, nell’interazione tra due figure nuove nel panorama della sanità territoriale, gli Infermieri di Famiglia e Comunità delle Asst e gli assistenti sociali presso le Ats in affiancamento alle Usca che ha concretizzato un vero e proprio network a gestione integrata, in stretta connessione con i servizi territoriali, per rispondere ai bisogni dei cittadini e delle loro famiglie. Questo tipo di ricomposizione di luoghi e linguaggi oggi appare quasi come un’eccezione: il Covid ci insegna che dovrebbe invece diventare la norma, in una prospettiva di comunità che promuove salute”.

E commenta Giuseppe Matozzo, direttore sociosanitario di ATS Bergamo: “La particolare forma di collaborazione sperimentata affiancando gli Assistenti Sociali alle USCA ha favorito la tempestiva circolazione di informazioni tra i soggetti della rete e reso possibile la riduzione della frammentazione della risposta al bisogno. Questo, di fatto, è ciò che ha permesso di attuare un’effettiva e concreta integrazione sociosanitaria, obiettivo condiviso dai servizi di presa in carico e dai servizi alla persona. Creare e rinforzare sinergie tra i vari attori del sistema è la via da percorrere per rispondere in modo appropriato ai bisogni di salute e benessere dei cittadini”.

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