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La ricerca

La crisi nel terziario fa paura: “A rischio 12mila addetti e 7mila imprese”

Emerge dall'osservatorio di Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo: commercio e servizi iniziano comunque a credere nella ripresa, mentre il turismo soffre ancora la grande incertezza generale.

Seppure diversificato per settore, il clima che aleggia attorno al terziario delle imprese di Bergamo è tutt’altro che sereno.

A preoccupare sono soprattutto le prospettive occupazionali, con lo spettro dello sblocco dei licenziamenti che incombe e che, stando alle stime, in Bergamasca potrebbe tradursi in una riduzione degli organici di quasi 12mila persone (-17%) a fine 2021: 2.500 nel turismo (-24%),  6.000 nel commercio (-15%) e circa 3.000 nei servizi alle imprese (-11%).

Ma anche a monte, a livello delle imprese, sono molte quelle vedono un futuro nebuloso: se infatti il 13,8% dichiara che resterà aperto senza difficoltà e il 54,6% che lo farà con qualche problema, il 28,8% degli intervistati ha ammesso che tirerà avanti seppur con molte difficoltà o diminuendo/eliminando parte dell’attività e il 2,8% chiuderà nel corso dell’anno.

Significa che oltre un terzo delle imprese del terziario bergamasco, 7.580, resteranno a forte rischio chiusura, lasciando in bilico circa 10mila persone tra titolari e coadiuvanti.

Sono i numeri, poco rassicuranti, che emergono dalla ricerca “Clima di fiducia e congiuntura economica” realizzata da Format Research per conto di Ascom Confcommercio Bergamo, basata su un’indagine continuativa, a cadenza semestrale, effettuata su un campione statisticamente rappresentativo dell’universo delle imprese bergamasche del terziario (700).

Imprese che hanno un sentimento di fiducia nell’economia italiana a quota 20%, in leggero aumento (+1%) rispetto al secondo semestre 2020 e nettamente superiore a quello nazionale che si ferma al 13%. Con l’avanzamento della campagna vaccinale, la previsione per fine anno è che si tocchi il 25%, dato ancora di molto al di sotto dei livelli pre pandemia, quando si attestava tra il 42 e il 45%.

A trascinare verso il basso la fiducia è il sentiment delle imprese del turismo, con un indice del 12% addirittura in peggioramento di un punto entro la fine dell’anno.  Migliora la percezione sull’andamento della propria impresa che risale al 30% (+3% rispetto al secondo semestre 2020 e +6% rispetto al dato nazionale). Le previsioni a fine anno, inoltre, danno un ulteriore recupero al 35%.

Entrando nel merito dei singoli settori si nota che mentre i servizi hanno praticamente recuperato la perdita (38% con proiezione a fine anno al 44%), il commercio è in recupero (32% e 37% a fine anno), mentre restano pessime, 16% e 24%, le aspettative sulla ripresa della propria impresa nel settore del turismo.

“Veniamo da un anno davvero difficile, nel quale la nostra economia è andata a velocità differenti in base ai settori – sottolinea il presidente di Ascom Bergamo Giovanni Zambonelli – Il nostro percorso di recupero sarà condizionato inevitabilmente dall’impatto della campagna vaccinale, ma se per i pubblici esercizi ci possiamo attendere una ripartenza progressiva e bruciante, per altri come commercio e turismo vediamo maggiori difficoltà. E lo stesso turismo al suo interno avrà andamento differente: quello di vacanza avrà una ripartenza più consistente, quello d’affari non riprenderà prima di settembre e quello d’arte andrà alla prossima primavera. La politica dei continui annunci contrastanti del Governo non è stata apprezzata e sul futuro incidono ancora troppe incertezze: coprifuoco, quarantena per turisti, green pass italiano ed europeo, possibilità di operare al chiuso per bar e ristoranti”.

Nel primo semestre 2021 l’andamento dei ricavi delle imprese del terziario orobico è in miglioramento al 31%, siglando un + 5% rispetto al secondo semestre 2020 e + 8% rispetto al dato nazionale. Le previsioni danno un aumento ulteriore al 36% a fine anno.

Anche in questo caso, mentre il recupero è deciso nel settore dei servizi (37% con proiezione a fine anno a 45%), e in parte nel commercio (32% con proiezione a fine anno a 38%), resta debolissimo il turismo con un indice al 15% e un recupero al 25% a fine anno.

Riguardo alla dimensione di impresa, nell’indice dei ricavi restano pesantemente sotto media le micro e le piccole da 2 a 5 addetti e da 6 a 9 addetti, mentre il recupero è marcato in quella di grandi dimensioni.

“Un segnale di ripresa c’è, ma per risalire dal baratro nel quale siamo crollati il percorso sarà lungo – sottolinea Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo – Sui ricavi il recupero proseguirà ma sarà più lento del previsto e, secondo questa tendenza, le aspettative per il recupero dell’indice di ricavi non arriverà prima della metà del 2023, augurandoci di non dover più subire restrizioni nei prossimi mesi”.

Tema spinoso quello dell’occupazione, con un indice che per ora regge, complice il blocco dei licenziamenti che da un lato per l’87,3% delle imprese ha creato il problema di non poter ridurre i costi aziendali e dall’altro per il restante 12,7% l’impossibilità di sostituire il personale con figure necessarie.

Ma le prospettive, già citate in precedenza, sono nere: quasi 12mila dipendenti fissi rischiano di perdere il lavoro.

“Ora il Governo deve prendere una delle due direzioni: mantenere o togliere il divieto di licenziamento – spiega Enrico Betti, responsabile area Politiche del lavoro Ascom Confcommercio Bergamo -. La scelta non è semplice: togliere il divieto significa risparmiare soldi pubblici e costi alle imprese ma far perdere il lavoro a molte persone e disperdere le competenze aziendali, necessarie per la ripresa. Allungare ulteriormente il termine, già fissato al 30 giugno o al 31 ottobre a seconda della categoria, significa ingessare il mercato. La nostra posizione è di trovare soluzioni diverse in base al settore e alle condizioni dell’impresa. Pubblici esercizi e ristorazione, ad esempio, prevedono una ripartenza più veloce rispetto al turismo e quindi eliminare il blocco dei licenziamenti potrebbe dare dinamicità al settore. Viceversa, per il comparto ricettivo occorrerà stanziare ulteriori fondi per gli ammortizzatori sociali. Ad ogni modo, per salvare l’occupazione il Governo dovrebbe stanziare sgravi fiscali per le imprese che mantengono i posti di lavoro già in essere più che bonus per le nuove assunzioni. Sgravi che siano proporzionali alla perdita di fatturato e che si esauriscono con il recupero delle vendite”.

Uno scenario che lascia poco tranquillo il presidente Zambonelli: “Sarà una fase nella quale ci saranno licenziamenti quantitativi, per riproporzionare la forza lavoro all’effettiva necessità, ma anche di competenza, con la salvaguardia delle più alte a discapito di chi ne ha meno. Non è semplice, perché abbiamo già assistito alla perdita di knowhow nel campo della ristorazione, dove molti hanno scelto di fare un altro lavoro e poi diventa difficile farli tornare indietro. Si creeranno situazioni paradossali, che nel giro di pochi mesi passeranno dagli esuberi alla disperata ricerca di personale che non si troverà. La fotografia scattata da questa ricerca è molto precisa, ma se devo essere sincero dico che è perfino ottimistica. Siamo ancora tutti sotto anestesia, tra aiuti, moratorie e il ricorso ai risparmi di una vita: spero di sbagliarmi, ma quando torneremo alla normalità potremmo andare incontro a periodi più difficili di quello attuale”.

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