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Transizione ecologica

Il ministro Cingolani a Bergamo: “Recovery Plan? Non basta: va accolta la sfida culturale”

Inaugurata “Bergamo Next Level”: “Organizzazione e coraggio sono necessari per non crescere geniali e individualisti”

“Inutile pensare che il Recovery Plan sia la soluzione dei nostri problemi. Il Recovery Plan è l’acceleratore in questa fase iniziale della maratona, serve a partire bene e a impostare una traiettoria. Abbiamo l’obiettivo di essere decarbonizzati completamente nel 2050. La transizione ecologica si svilupperà nei prossimi 30 anni: è una maratona, non è uno sport di sprint”. Così Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, intervenuto in collegamento a “Transizione verso dove? Oggi più che mai il futuro è nelle nostre mani”, evento inaugurale di “Bergamo Next Level. Le persone e il territorio di domani”, organizzato dall’Università degli studi di Bergamo e dalla Pro Universitate Bergomensi, in collaborazione con il Comune di Bergamo, Provincia di Bergamo e Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo.

È ambizioso il programma per i prossimi cinque anni tratteggiato dal ministro Cingolani, “è una trasformazione epocale quella che dobbiamo fare, è il disegno della visione del futuro di questo Paese”, ha dichiarato senza mezzi termini. “Come Paese abbiamo puntato su 6 missioni per complessivi 221,5 miliardi di euro del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e rResilienza)”: digitalizzazione (40 miliardi di investimenti), transizione ecologica (70 miliardi), investimenti che rappresentano ben oltre la metà del pacchetto Recovery Plan. A questi si aggiungono le infrastrutture (40 miliardi), la ricerca e l’istruzione (oltre 20 miliardi), la coesione sociale e la salute. Macro-obiettivi che il Ministro declina, ad esempio, nell’elettrificazione massiccia del trasporto privato, nel monitoraggio del territorio e nella manutenzione della rete idrica nazionale (più del 40% di acqua va perso nelle falle idriche).

L’obiettivo ultimo è quello che abbiamo imparato a conoscere come una sorta di mantra del Ministro: “Un pianeta in salute, persone in salute, una società giusta”. Non esistono ricette per la sostenibilità, è frutto di compromessi, di equilibri che devono riuscire a conciliare – per intenderci – le pale eoliche al rispetto del paesaggio.

Eppure, gli investimenti non bastano. Perché? Per cominciare “abbiamo grossi problemi sul piano burocratico, la trasformazione burocratica è antecedente a quella ecologica”, dice il ministro, che non ha mai fatto mistero della necessità di norme e regole che permettano di operare in maniera efficace ed efficiente e “di accelerare i giusti cambiamenti in questi settori”.

E poi ci sono altre due parole-chiave: public awareness. “Bisogna spiegare ai ragazzini che il futuro è loro e devono cominciare a conoscerne le regole. Siamo ancora in tempo per creare generazioni più consapevoli. Nutro grande stima per gli italiani. Siamo capaci di slanci e abbiamo capacità creativa, individualmente abbiamo una grande forza, ma non c’è capacità di lavorare nel corpo complesso. Una buona organizzazione funziona meglio di una squadra di star che non sanno lavorare insieme. Tutto deve partire dai bambini di sei anni: “Organizzazione e coraggio sono necessari per non crescere geniali e individualisti”.

“A livello di formazione avanzata, occorre uno sforzo enorme per rendere interdisciplinare la formazione. Non ce la possiamo cavare con le competenze verticali”. In piena sintonia il rettore dell’Università degli studi di Bergamo, Remo Morzenti Pellegrini: “Oggi un’università deve assumere un ruolo di incubatore di contaminazione anche negli studi. Questa è una sfida nuova e una responsabilità nuova: quella di scommettere con coraggio nella trasversalità, scommettere anche su percorsi di studio nuovi. Degli 87 corsi di laurea presentati in Italia in questi mesi, quasi la metà sono interessati dalla transizione digitale, dalla intelligenza artificiale e dalla sostenibilità. L’università deve continuare in questa direzione”. Il dialogo e il confronto saranno appunto la cifra del fitto programma (fino al 22 maggio) di tavole rotonde, conferenze e webinar, che è Bergamo Next Level. “Invitiamo il mondo istituzionale, economico ed imprenditoriale ad individuare quale può essere, dopo questa pandemia, il capitale territoriale”, ha concluso il Rettore.

L’humus è, naturalmente, quello bergamasco. “Il nostro è un territorio resistente e resiliente. Le sue specificità sono la centralità del manifatturiero fortemente integrato dal mondo dei servizi, la nostra pluri-specializzazione e la forza del nostro ecosistema, che ci ha portato a fare ottimizzazioni e progetti autorevoli”, così Cristina Bombassei, presidente della Pro Universitate Bergomensi, ente no-profit che sostiene le attività extra-curriculari dell’Università al servizio della comunità bergamasca. Quelle caratteristiche ci rendono “non monotematici, vivaci, non oggetto di ciclicità, capaci di grande flessibilità e velocità” e che fa sì che l’industria bergamasca occupi il 43% delle persone contro il 31% in tutta la Lombardia e il 21% dell’Italia. “È un progetto ambizioso: tutti noi come singoli cittadini possiamo parteciparvi. Siamo pronti per la ripartenza”, conclude la presidente Bombassei.

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