"un mucchio selvaggio"

Blue Bottazzi: “Nel mio libro il racconto del rock che non tornerà più”

Tanto tempo è passato da quando un giovanissimo Blue Bottazzi stregava i lettori con il suo modo di scrivere unico, ma l’entusiasmo che traspare dalle parole scritte c’è ancora. “Un mucchio selvaggio” è più di un racconto coinvolgente. È un manuale completo della musica rock

Iniziare la propria carriera intervistando Demetrio Stratos degli Area. È questo forse il sogno di quasi tutti i giornalisti musicali, ma pochi possono dire di aver avuto un incipit così. Uno di questi è Blue Bottazzi, storico cronista di Mucchio Selvaggio, il leggendario mensile di musica e cultura indipendente fondato a Roma nel 1977.

Quegli anni sono stati racchiusi in “Un mucchio selvaggio: perché non lo facciamo per la strada?”, che ha autoprodotto. Tanto tempo è passato da quando un giovanissimo Blue Bottazzi stregava i lettori con il suo modo di scrivere unico, ma l’entusiasmo che traspare dalle parole scritte c’è ancora. “Un mucchio selvaggio” è più di un racconto coinvolgente. È un manuale completo della musica rock, scritto da chi il rock lo ha vissuto, toccato, assaporato fino in fondo.

“Questo libro nasce come la testimonianza di noi che ascoltavamo il rock in quegli anni. Anni che oramai appartengono al passato”, spiega il celebre cronista. Come ogni cosa della vita, lo capisce fine in fondo solo chi lo ha veramente vissuto. “Il rock, secondo me, è fortemente legato al periodo storico. Ad esempio, i Led Zeppelin di allora erano un gruppo di periferia, a volte snobbato. Una visione completamente diversa da quella che abbiamo oggi di questo gruppo”. Leggendo il libro, si ha l’impressione di guardare delle meravigliose fotografie, un poco ingiallite, di ogni decennio del secolo scorso.

Nel suo libro un capitolo è dedicato alle interviste. Ci racconti la prima volta.

Mi reputo un intervistatore parecchio imbranato. Mi metto a chiacchierare con l’artista e poi non ho più tempo di fare domande. Avevo 16 anni quando feci la mia prima intervista, non c’era neanche la possibilità di essere professionale. Ero un adolescente e mi ritrovai a intervistare gli Area di Demetrio Stratos. Subito dopo un concerto, erano stanchi ma loro mi accolsero nei camerini e mi ascoltarono con pazienza. Ero ingenuo e parlavo senza filtri, parlavo troppo. Conobbi un Demetrio disponibile e umano oltre ogni mia immaginazione. Ma credo fosse anche merito del periodo in cui vivevamo, quando davvero si riusciva ad entrare in contatto con le persone. Questo mi è successo tante altre volte.

Ad esempio?

Mi è capitato quando venne in Italia Little Steven, il chitarrista solista di Bruce Springsteen. Alla fine del concerto al Rolling Stone non ho fatto altro che entrare nei camerini, dargli una copia del Mucchio Selvaggio con lui in copertina. Così iniziammo a parlare. Ammetto che la mia fu una buona mossa per rompere il ghiaccio.

Le è mai capitato di rimanere senza parola incontrando un artista?

La volta in cui incontrai Bob Marley, che racconto nel libro. Per me fu come vedere il Papa. Quello fu l’ultimo anno della sua vita, aveva già un’aurea da santone, mi mise quasi in soggezione

Secondo lei la critica musicale ha ancora senso?

Secondo me la critica rock non ha mai avuto senso, a differenza di quella legata alla musica classica e jazz. Uno dei miei eroi, tra l’altro, è Arrigo Polillo, grande cronista jazz. Ciò che ha senso nel mondo del rock è il lavoro del cronista musicale. Così sono nate le riviste, in America, a San Francisco, “Rolling Stone”, mentre in Italia “Mucchio Selvaggio”. Noi cronisti raccontavamo questo mondo ai lettori, veicolando delle informazioni che solo attraverso le riviste potevano conoscere. Man mano che facevo le scoperte musicali, le comunicavo sulla rivista con tanto entusiasmo, quello che hai quando sei giovane. Io credo che sia stato questo mio modo di scrivere ad attirare i lettori.

Ci sono due articoli consecutivi del suo libro che colpiscono per il titolo. Nel rock ci sono “A man’s man’s” e “Some Girls”…

Esatto. C’era una mentalità differente. E – se devo essere sincero – nemmeno allora avevamo capito, ad esempio, chi fossero davvero le groupies. Poi, conoscendo l’ambiente, capisci che non è quello che immaginiamo, ossia la fan che fa la coda per stare con il proprio idolo. Si trattava di donne padrone della propria vita che vivevano questo tipo di circo. Le groupie erano davvero dei personaggi tosti, diremmo “con le palle” che decidevano di vivere quel tipo di vita. Ho voluto dedicare un articolo alle donne del rock. Certo è che di musiciste donne ce ne sono state meno che di uomini, più cantanti e meno strumentiste. Sicuramente per una donna è stato sempre tutto più difficile, per le artiste e per le croniste di musica. Ma hanno sempre lasciato il segno, più degli uomini. Ricordo Fiorella Gentile: il suo nome lo conosciamo tutti, di quanto uomini radio cronisti possiamo dire lo stesso?

Se lei dovesse descrivere gli anni del Mucchio Selvaggio come lo farebbe?

Pieni, come tali sono stati gli anni ’70. Quando penso al periodo del Mucchio mi viene in mente la parola scena. Il rock era la nostra colonna sonora, la musica era la scena che ci circondava. Non era un hobby, era la nostra vita.

Com’era lavorare a quel tempo?

Riuscivamo a comunicare con tutti a 360 gradi. C’era libertà di movimento, che ora non c’è più. Ora è tutto più ufficiale. Anche la security è organizzata diversamente. A volte non c’è proprio modo di parlare con l’artista. Ora per fortuna c’è ancora chi mi riconosce e mi chiama nei camerini.

E i concerti come erano?

Ti perdevi nella musica. Quando il concerto decollava, viaggiavi sull’onda dell’emozione, ti distaccavi dalla realtà. Ricordo quando partimmo con il tutto il gruppo del Mucchio Selvaggio. Ci procurammo i biglietti per il concerto di Bruce Springsteen a Zurigo, all’Hallenstadion. Ci diedero dei posti orrendi, ma non fu un problema. Dieci minuti dopo eravamo sotto il palco. Questo modo di ascoltare i concerti non esiste più, secondo me. Ora vedo che la gente chiacchiera o sta al telefono, non si perde mai nel momento.

Lo hanno detto in tanti e in diversi momenti storici. Ora lo chiedo a lei: il rock è morto?

Lo hanno detto in tanti, è vero. L’ho sentito per la prima volta negli anni ’70. Però oggi c’è un dato di fatto. La musica più ascoltata su Apple Music, ad esempio, è il rap. Del rock non c’è traccia. Viviamo in un’altra epoca. Il rock è diventato un revival, ha finito di essere una cosa nuova. In questo senso il rock è morto: la sua vivacità e innovazione appartengono a un’altra epoca, che quella che stiamo vivendo adesso.

Vi elenchiamo, per farvi capire meglio cosa c’è nel Mucchio selvaggio di Blue Bottazzi, i capitoli:

Parte Uno

1. Salvato dal rock’n’roll

2. Abbiamo un riff

3. Storia brevissima del rock’n’roll

4. La radio

5. C 90

6. Londra

7. Punk

8. Il Mucchio Selvaggio

9. Long Playing

10. Cinema

11. Texas Tears

12. Jazz

13. Concerti

14. Interviste

15. Scrittori superstar

Parte Due: PERCHÉ NON LO FACCIAMO PER LA STRADA?

16. Beatles o Rolling Stones

17. Teddy Boys

18. Crossroads

19. Fratelli di sangue

20. The Duke

21. Who do you love

22. Guida spirituale John Belushi

23. Jennie Needs A Shooter

24. A Man’s Man’s World

25. Some Girls

26. Il Boss e il Pirata

27. The Big Easy

28. Perché non lo facciamo per la strada?

Parte Tre: OLD RECORDS NEVER DIE

29. Cinque stelle

30. Doppi in studio

31. Doppi dal vivo

32. Bootleg

33. Low Budget

34. 45 giri

35. Secondo ascolto

36. Questione di etichetta

37. Copertine

38. Produttori

39. Geografia

40. Motociclette

41. Vinile

42. La musica liquida

43. Il profumo della copertina

Parte Quattro: COME STA LA LUNA

44. Parole

45. Canzoni d’amore e di sesso

46. Leonard Cohen

47. Jean Genie

48. Il successo è una ricetta difficile

49. Manager

50. Beautiful Losers

51. Seminali

52. Poll di fine anno

Parte Cinque: ARS LONGA VITA BREVIS

53. L’artista non è una persona per bene

54. Le leggi della creatività

55. The kids are alright

56. Tutti quegli anni

57. Calendario

58. Il rock del duemila

59. Le rock est mort

Parte Sei: OUTTAKES

60. I dischi del cuore spezzato

61. L’albero genealogico del punk

62. Classifiche

63. Showtime

64. Libri rock

65. Sobborghi

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