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Arte

A palazzo bassi- rathgeb

A Bergamo una mostra celebra Gianfranco Ferroni nel ventennale della morte

L’esposizione dal titolo “La durata della memoria” si terrà in autunno negli spazi espositivi del palazzo sede dell’Università degli studi di Bergamo

“L’arte ha il compito di indagare il mistero e di cercare di dargli un ordine, una certezza legata al nostro essere umani”. Così diceva Gianfranco Ferroni, di cui ricorre il ventesimo anno dalla morte. Artista raffinato e complesso, cresciuto nel fermento incontenibile della Milano del dopoguerra, Ferroni ha legato a Bergamo gli ultimi anni della sua vita intensamente vissuta tra Livorno, Ancona, Tredate (nei pressi di Varese), Milano, Viareggio.

In suo onore aprirà al pubblico a Bergamo nel prossimo autunno la mostra “La durata della memoria”, una evento che si prospetta di grande interesse per la prospettiva critica in cui si inserisce, con un focus ragionato sugli anni Settanta finalizzato a “restituire un nome straordinario alle pagine della storia dell’arte italiana”.

È in questa prospettiva, illustrata dalla storica e critica dell’arte Chiara Gatti in occasione della presentazione alla stampa del progetto, che si è avviata una collaborazione a più livelli, con l’attenzione scientifica dell’Università di Bergamo, l’apporto essenziale del neonato Archivio Gianfranco Ferroni e il supporto di Fondazione UBI Banca Popolare di Bergamo.

La mostra si terrà negli spazi espositivi di Palazzo Bassi- Rathgeb, da poco divenuta sede dell’Università e proporrà trenta opere tra dipinti, disegni, incisioni dell’artista realizzate negli anni Settanta quando, come sottolinea Chiara Gatti, “Ferroni diventa Ferroni”.

gianfranco ferroni

Dopo aver acquisito il fondo Mario De Micheli (uno dei più qualificati critici del Novecento) di cui fanno parte anche opere di Ferroni, l’Università di Bergamo contribuisce così a rendere omaggio all’artista bergamasco d’adozione. “Abbiamo voluto collaborare alla mostra – sottolinea Fulvio Adobati, prorettore ai rapporti con Enti e Istituzioni del territorio – perché l’arte di Ferroni è assolutamente dinamica, costruita su categorie opposte – spirito e materia, interiorità e figura, tradizione e sperimentazione – perciò capace di smuovere l’osservatore”. In merito agli spazi espositivi, Adobati rileva che “ospitare questo progetto espositivo è anche un modo per rinnovare le connessioni di quel polo, tanto ideale quanto concreto, che l’Università di Bergamo intende abitare insieme a tutti i rappresentanti del territorio”.

Anche Armando Santus, presidente della Fondazione Ubi Banca Popolare di Bergamo, esprime soddisfazione per aver fatto squadra intorno a questa iniziativa: “Siamo lieti di partecipare a questo omaggio a un uomo e artista del nostro tempo, che sa parlare ad ognuno di noi. Credo che le stanze vuote da lui ritratte, i semplici oggetti della quotidianità siano i nostri”.

La regia di questo programma, che è anche un orizzonte di ricerca, si deve ad Arialdo Ceribelli, storico gallerista in Bergamo, collezionista e curatore dell’Archivio Gianfranco Ferroni, che concede qualche anticipazione sulla mostra: “Due opere di grandi dimensioni , pensate per la prima sala del percorso e per l’ultima, stenderanno lacci ideali con le stagioni precedenti alla reclusione della maturità, ancora segnate dalla denunzia, dalla militanza febbrile e dall’inquietudine”.

Il tributo bergamasco a Ferroni, che contempla la pubblicazione di un catalogo con testi inediti dei curatori e di Antonio Natali (ma anche una sezione di testi storici da Testori a Mascherpa , da De Micheli a Valsecchi a Sgarbi) promette di essere di interesse a più livelli, per il grande pubblico e per gli specialisti. L’intenzione è anche di ricollocare la figura del maestro al centro di una rete di ricerca internazionale, che lo vide sempre attento e partecipe della vivace temperie culturale e dell’inquieto clima sociale in cui visse, tra gli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Ottanta. I curatori intendono mettere in giusta luce la sua capacità di aprirsi e guardare oltre confine, rienterpretando le istanze delle avanguardie in chiave pittorica e personalissima.

gianfranco ferroni

A questo proposito Chiara Gatti commenta: ”Ferroni non è un iperrealista Figurativo, come si può credere a una prima impressione. La sua pittura è il pretesto per un’analisi di identità, per indagare attraverso il corpo le pieghe dell’esistenza”. È un’arte intensa, che assorbe gli umori più vitali della ricerca a lui coeva, “anche le istanze della body art, della performance e delle installazioni” commenta la critica Gatti, “tenendosi però fedele sempre al linguaggio della pittura”.

Non solo un esponente della nuova figurazione, dunque, ma un artista capace di dialogare con i fermenti – vicini e lontani- di una stagione irripetibile, elaborando una cifra inconfondibile fatta di appassionate intuizioni e di umile, appassionata ricerca.

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