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Cinema

La recensione

“Monster”, tra pregiudizio e rinascita il nuovo crime-drama Netflix

Un adolescente di talento implicato in una rapina finita in omicidio difende la sua innocenza e integrità contro un sistema penale che lo considera già colpevole

Titolo: Monster
Regia: Anthony Mandler
Genere: Drammatico, thriller
Durata: 119’
Interpreti: Kelvin Harrison Jr., Jennifer Hudson, Jeffrey Wright, Tim Blake Nelson
Programmazione: Netflix

Steve Harmon (Kelvin Harrison Jr.) è un 17enne afroamericano di New York e più precisamente Harlem, quartiere noto per essere abitato da minoranze talvolta poco integrate nella società americana. Steve è creativo ed è appassionato di regia e fotografia tanto da iscriversi ad una scuola che potrebbe dargli qualche possibilità di sfondare nel campo per intraprendere una carriera di successo, ma qualcosa rompe la magia.

Il ragazzo fa infatti la conoscenza di alcuni coetanei poco raccomandabili che, dopo poco, lo porteranno ad essere accusato di complicità in un furto con omicidio. Da quel momento per Steve inizierà un lunghissimo calvario legale che potrebbe condannarlo a dover passare il resto della sua vita in una prigione federale.

Presentato al pubblico nel 2018 durante il Sundance Film Festival e rilasciato il 7 maggio del 2021 su Netflix, “Monster” è un dramma a sfondo legale in cui un giovane afroamericano dovrà lottare con le unghie e con i denti per non finire vittima di un sistema che, a priori, lo vede già come condannato.

Adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Walter Dean Myers, il film porta in scena un cast d’eccellenza tra cui spiccano nomi come Jennifer Hudson (premio Oscar nel 2007 per “Dreamgirls”) e Kelvin Harrison Jr. (già visto ne “Il Processo ai Chicago 7”, prodotto anch’esso da Netflix) per denunciare con forza un tema che ora più che mai pare attuale e di cui è bene continuare a discutere.

Giocando continuamente con i differenti punti di vista all’interno della storia, il regista Anthony Mandler, al suo esordio assoluto sul grande schermo dopo aver diretto per anni videoclip musicali hip-hop, lascia lo spettatore in balia nel dubbio in un precario equilibrio tra la condanna e la grazie di Steve. Se da una parte l’accusa e la giuria faranno di tutto per condannarlo, dall’altra parte il ragazzo dovrà lottare per dimostrare che l’etichetta di “Mostro”, così come viene richiamato nel titolo, non solo non gli appartiene personalmente, ma è anche sintomo di un sistema giuridico apertamente iniquo e razzista.

Lungometraggio che parte da un’ottima idea di fondo ma che perde di mordente avvicinandosi alla conclusione in favore di una narrazione fin troppo banale e scontata, “Monster” dimostra con forza e coraggio come un episodio non possa descrive un uomo.

Battuta migliore: “I mostri non piangono al buio“

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