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Il punto

L’attenzione della Procura di Bergamo sulla frana di Tavernola

Avviata un'indagine conoscitiva a carico di ignoti

La Procura di Bergamo ha avviato un’indagine conoscitiva sulla frana di Tavernola. Sta acquisendo documenti, come le relazioni delle università di Bologna e di Firenze e lo studio di Brescia, effettuati per capire quale sia il miglior modo di mettere in sicurezza il versante del monte Saresano, minacciato da una frana di più di due milioni di metri cubi.

Non c’è un fascicolo ma, appunto un avvio di indagine a carico di ignoti (modello 45), centrato sul tema sicurezza.

Il punto più recente sulla questione frana è stato fatto durante l’ultima audizione parlamentare nelle commissione ambiente e difesa: “I materiali pericolosi sono già stati rimossi in toto, mentre quelli non pericolosi saranno subito tolti. Per tutti gli altri materiali presenti nello stabilimento è in corso una valutazione con la Provincia di Bergamo su come operare”. Sono le parole del direttore di ItalSacci, Simone Cantiani che ha assicurato che le sostanze stoccate all’interno del cementificio saranno quasi tutte rimosse garantendo che verrà scongiurato un possibile disastro ambientale per il Lago d’Iseo.

In quell’occasione, il 29 aprile il geologo Nicola Casagli ha spiegato: “Quella di Tavernola è una frana che ha perso l’equilibrio se si muove di 2-3 mm al giorno. In casi del genere sia piogge che terremoti non creano grossi scompensi proprio perché la frana è già compromessa. In questa situazione però non possono essere del tutto esclusi questi fattori”. Fattori con un’incidenza dunque, ma non di certo la causa di un movimento di oltre 2 milioni di metri cubi: “Escludo in maniera categorica che il terremoto del 16 febbraio abbia causato la frana. Anche perché aveva un magnitudo 2.3. Di solito serve un magnitudo sopra il grado 5 per attivare una frana. È stata una concausa, ma non l’unica causa”. Appare evidente che il motore sia uno: la mano dell’uomo. “Il versante orientale del Monte Saresano è formato da strati di roccia inclinati verso il lago, che quindi già naturalmente tendono a scendere. Aver fatto una cava lì è stata una scelta sconsiderata, perché la frana scendendo non ha spazio di caduta e finisce nel lago. Non è una frana che avviene per caso, le attività minerarie hanno destabilizzato gli strati rocciosi, la base della montagna è stata scalzata. Probabilmente senza l’azione umana il Monte Saresano sarebbe sempre stato precario, ma con una probabilità di caduta nel lago inferiore”.

La frana di Tavernola non avrà una soluzione definitiva prima di 90 giorni, quando il Comitato finanziato da Regione Lombardia, formato dalle 3 università che hanno lavorato in questi mesi sul caso e presieduto dal professor Casagli, produrrà il suo studio sulle condizioni di stabilità del movimento franoso, sui sistemi di monitoraggio e sulle eventuali operazioni di arresto/rallentamento del fenomeno. Ma allora cosa fare nell’attesa di questi tre mesi di lavori? Per il geologo ci sono due passaggi chiave: continuare nei monitoraggi, ma soprattutto dotarsi di un piano d’emergenza di Protezione civile condiviso da tutti i comuni del Lago per prepararsi ad ogni scenario elaborato. Perché una cosa è certa secondo gli esperti: questo evento, nella storia del Lago d’Iseo, prima o poi avverrà. Risulta allora inevitabile, per essere organizzati e per limitare i danni, dotarsi di un piano di protezione civile condiviso da tutta la comunità lacustre: “Può succedere fra un mese, fra un anno o fra un secolo ma succederà. Per le frane a differenza dei terremoti è possibile fare un preannuncio. Si può imparare a convivere con le eruzioni dei vulcani, lo si può fare anche con la frana”.

 

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