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I casi a confronto

Assembramenti tifosi Inter a Milano, si rischia un’altra Atalanta-Valencia? Cosa dicono gli esperti

Il match dei bergamaschi si era svolto due giorni prima della conferma in Italia del primo caso positivo di Covid-19. Nessuno ancora sapeva che il virus avesse varcato i confini cinesi, e nessuno aveva messo in pratica le regole che oggi conosciamo. Inoltre, contagiarsi all’aperto è piuttosto raro: il vero problema è il distanziamento

Trentamila tifosi festanti: molti senza mascherine e senza alcun distanziamento sociale, nonostante i continui richiami alla prudenza. È quanto si è verificato domenica 2 maggio a Milano, in occasione dei festeggiamenti per il 19esimo Scudetto vinto dall’Inter.

Il virologo Fabrizio Pregliasco – come riporta il Corriere della Sera – prevede un’onda di risalita di contagi, ma il fatto che il tutto sia avvenuto all’aperto dà qualche speranza: “Speriamo che i guai siano pochi perché all’aperto il rischio è ridotto – fa presente – però cantare per lungo tempo diventa un elemento di rischio”

Secondo Giorgio Buonanno, professore ordinario di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino, “i contagi e gli eventi superdiffusori avvengono quasi totalmente al chiuso. Nel giugno scorso ci furono moltissime polemiche per la festa dei tifosi del Napoli che si riversarono per le strade tra grandi cori dopo la vittoria della Coppa Italia. Eppure – osserva – non si verificò alcuna impennata della curva pandemica”.

I focolai più grandi, del resto, si verificano generalmente in luoghi chiusi: ospedali, case di riposo, cerimonie religiose, riunioni di lavoro, feste private, ristoranti, palestre, carceri. Dove contribuiscono al contagio la mancanza di ricambio d’aria, la vicinanza delle persone (spesso senza mascherina) e a contatto prolungato.

Eppure, uno dei più grandi eventi “superspreading” si è svolto all’aperto, ricorda il Corriere. Ovvero la partita di Champions League del 19 febbraio 2020 tra Atalanta e Valencia, giocata a San Siro. Occorre però fare delle precisazioni: il match si era svolto appena due giorni prima della conferma in Italia (e al di fuori della Cina) del primo caso positivo di Covid-19, tanto da convincere il responsabile della Pneumologia dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo a definire l’evento una “bomba biologica”.

Nessuno, dunque, sapeva che il virus avesse varcato i confini cinesi, e di conseguenza nessuno aveva messo in pratica le regole che oggi conosciamo. Inoltre, sappiamo che contagiarsi all’aperto è piuttosto raro: solo una persona su mille si infetta fuori dagli ambienti chiusi secondo uno studio irlandese che riflette quello che altri studi internazionali segnalano da tempo.

Il grosso problema resta il distanziamento. “All’aperto si può fare qualunque attività, anche senza mascherina, basta mantenere una distanza di un metro e mezzo con le altre persone” aggiunge Giorgio Buonanno. E i tifosi dell’Inter tutto erano fuorché distanziati. E soprattutto urlavano: due circostanze che hanno reso gli assembramenti particolarmente pericolosi.

“Durante i festeggiamenti – riporta il Corriere – è capitato un po’ di tutto: da contatti prolungati con gli amici con cui si andava a festeggiare a contatti del tutto casuali, presumibilmente più brevi. All’aperto, ma anche al chiuso di mezzi pubblici (per trasferirsi) o a bordo di auto private. Secondo uno studio non ancora revisionato con brevi esposizioni senza mascherina (all’incirca 10 secondi) dovrebbe essere mantenuta una distanza minima di sicurezza di 0,75 metri per abbassare il rischio al di contagio al di sotto dello 0,1%. Nulla di ciò con gli interisti è avvenuto”.

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