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In autunno

Yara, in un film su Netflix la lunga indagine sull’arresto di Bossetti

Dovrebbe intitolarsi “Il lupo e l’Agnello”. Tra i protagonisti anche il bergamasco Alessio Boni

La lunga e complessa indagine che ha portato all’arresto di Massimo Bossetti per l’omicidio di Yara Gambirasio è al centro del film che sarà in onda su Netflix.

La produzione è firmata Pietro Valsecchi, mentre il regista è Marco Tullio Giordana: due nomi di spicco per un’opera molto attesa, che dovrebbe intitolarsi “Il lupo e l’Agnello”.

Le riprese sono state effettuate nei mesi scorsi a Fiano Romano e dintorni, in provincia di Roma, e il lungometraggio dovrebbe essere in onda a partire dall’autunno.

Tra i protagonisti ci sarà il bergamasco Alessio Boni nei panni di un colonnello (già interprete in “La ragazza nella nebbia” di Donato Carrisi, tratto dall’omonimo romanzo proprio sulla storia della tredicenne di Brembate di Sopra) e Thomas Trabacchi in quelli di un maresciallo dei Carabinieri; Isabella Ragonese sarà il pubblico ministero Letizia Ruggeri; Sandra Toffolatti e Mario Pirrello saranno invece i genitori di Yara; la ragazzina sarà impersonata da Chiara Bono, mentre nel ruolo di Massimo Bossetti ci sarà Roberto Zibetti.

Il film è stato realizzato dieci anni dopo l’omicidio della ragazzina, scomparsa nella notte del 26 novembre 2010 e ritrovata morta tre mesi più tardi in un campo di Chignolo d’isola. Il 16 giugno 2014, al termine di un’articolata inchiesta condotta dalla procura di Bergamo, l’arresto nel cantiere di Seriate di Bossetti. Proprio quelle fasi saranno al centro della pellicola.

Nel frattempo prosegue l’iter giudiziario che ha portato alla condanna in via definitiva all’ergastolo. Mercoledì 19 maggio il carpentiere di Mapello tornerà in Aula. Quel giorno la Corte d’Assise di Bergamo presieduta dal giudice Donatella Nava sarà chiamata a pronunciarsi sull’istanza della difesa di esaminare 98 reperti. Tra questi anche 54 campioni di Dna, indumenti, biancheria, scarpe che la tredicenne indossava quel 26 novembre del 2010, in cui uscì di casa per l’ultima volta.

Il 12 gennaio scorso la Cassazione ha accolto i ricorsi dei legali di Bossetti, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, annullando con rinvio le due ordinanze con cui l’Assise di Bergamo aveva respinto come inammissibili le istanze dei difensori di esaminare i reperti.

La prima sezione penale della Suprema Corte, tra le altre cose, aveva evidenziato che “era emersa l’esistenza di provette contenenti 54 campioni di Dna, nonostante la sentenza della Cassazione che aveva confermato la condanna di Bossetti avesse dato atto del totale esaurimento del materiale genetico”.

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