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Report 13 - 19 aprile

Covid, negli ultimi sette giorni dati stabili a Bergamo ma ancora troppi decessi: +31

Più evidente la discesa relativa ai pazienti ricoverati, da 650 a 500, mentre scendono di circa il 25% le persone in isolamento domiciliare

Tra il 13 e il 19 aprile i nuovi casi a livello nazionale sono stati 99.460, con un calo modestissimo (-1,3%) rispetto alla settimana precedente, quando erano 100.736. La media dei positivi individuati ogni giorno scende da 14.391 a 14.209: gli ultimi giorni stanno riflettendo una stabilizzazione del contagio e non una ulteriore riduzione.

Numeri migliori si evincono da altri indici: prosegue infatti il calo dei ricoveri in terapia intensiva, -9.7% da 3.593 a 3244, e i nuovi ingressi in area critica, che nel periodo considerato sono stati 1.335 contro i 1.476 della settimana precedente (-9,5%).

Scendono gli attualmente positivi da 524.417 a 493.489.

Anche i decessi settimanali calano, 2.631 rispetto ai 3.028, così come i ricoveri in area Covid, da 27.329 a 23.742 e quelli in Isolamento domiciliare, ora 466.503(erano 493.495).

Per quanto riguarda il valore di Rt, il dato ufficiale di 0.85 è calcolato sui soli positivi sintomatici e si riferisce ai 14 giorni compresi tra il 24 marzo e il 6 aprile. Se però consideriamo i valori di Rt istantaneo degli ultimi 10 giorni, non ancora presi in considerazione dai dati ufficiali, vediamo come i valori siano tornati a salire (range 0.79-1.08) con una progressione evidente in particolare dall’11 aprile: la sequenza esatta a partire da questa data è 0.86; 0.88; 0.95; 1.01; 1.03; 1.08 (ultimo dato relativo al 16 aprile). L’andamento riflette la stabilizzazione e non un calo dell’epidemia (con un valore di 1.0 i nuovi casi restano costanti) che abbiamo già evidenziato con il numero dei positivi rilevati nell’ultima settimana.

Proprio questi dati ci consentono di richiamare, ancora una volta, l’importanza di utilizzare i dati più recenti per procedere a restrizioni e allenamenti, per evitare mosse in netta controtendenza rispetto a repentini cambiamenti della fase epidemica, che nell’ultimo anno il Sars-CoV-2 ha più volte dimostrato di saper produrre. Vedremo come le imminenti nuove aperture incideranno in tal senso.

In Lombardia casi in calo

Anche l’Rt istantaneo della Lombardia, dopo aver toccato un minimo di 0.73 il 9 aprile, è progressivamente risalito fino a un massimo di 1.03 il 15 aprile, per poi ripiegare a 1.0 il 16 aprile: anche in questo caso ricaviamo un primo segnale di una circolazione del virus in fase di stabilizzazione e non di continua discesa.

La Lombardia registra un calo del 5,5% dei nuovi casi, a quota 14.649 contro 15.509 della settimana precedente. Un calo più evidente si riscontra nei nuovi ingressi in T.I. (da 251 a 220) e gli attualmente ivi ricoverati che sono 103 in meno (da 811 a 708). Calano del 20% circa i pazienti in Area Covid e quelli in isolamento domiciliare.

A Bergamo situazione stabile

Nella provincia di Bergamo i nuovi casi sono invece rimasti praticamente uguali: da 1.135 a 1.130 Più evidente la discesa relativa ai pazienti ricoverati, da 650 a 500. Scendono di circa il 25% le persone in isolamento domiciliare, stabili quelle in isolamento fiduciario. Ancora elevato il numero dei decessi: +31.

Sul sistema ospedaliero pressione ancora alta

Nonostante il rallentamento dell’epidemia nelle ultime quattro settimane epidemiologiche, tutte chiuse con un calo dei nuovi casi rispetto alla precedente, resta alta la pressione sul sistema ospedaliero per effetto dei valori assoluti del contagio, che si mantengono su livelli molto elevati. Ne troviamo conferma nei dati Agenas del 17 aprile 2021: a livello nazionale il numero dei posti letto occupati nei reparti di terapia intensiva (37% del totale disponibile) restano ampiamente sopra la soglia di allerta, fissata al 30%.

L’occupazione dei posti letto nei reparti di medicina generale è allo stesso livello (37%), ma leggermente al di sotto della soglia di allerta fissata in questo caso al 40%. Se osserviamo la situazione a livello locale notiamo tuttavia che solo 8 delle 21 tra Regioni e Province autonome mostrano entrambi i valori entro la soglia di sicurezza: P.A. di Bolzano, Basilicata, Veneto, Sicilia, Campania, Sardegna, Umbria e Abruzzo. Altre 8 superano il limite di sicurezza per quanto riguarda i posti letto occupati in area critica: Friuli (33%); P.A. di Trento (34%); Liguria (35%); Molise (38%); Emilia-Romagna (39%); Valle d’Aosta (40%); Toscana (44%) e Lombardia (51%). Altre 5 sono oltre le soglie di allerta con entrambi i parametri: Calabria (33% per le terapie intensive; 48% per i posti letto di medicina generale); Lazio (41%; 43%); Marche (43%; 41%); Piemonte (46%; 54%) e Puglia (49%; 51%).

Questi dati dimostrano come considerare solo la decrescita percentuale dei nuovi casi, senza parallelamente valutare il numero assoluto dei contagi giornalieri, restituisca una fotografia non veritiera della situazione migliorandone la percezione rispetto alla realtà. Che resta ancora difficile da gestire vista la media attuale di oltre 14.000 nuovi casi al giorno, lontanissima dall’obiettivo (4.311) che permetterebbe di riprendere le attività di tracciamento e quindi il controllo dell’epidemia.

Vaccini: l’81% degli over 80 ha ricevuto la prima dose

I dati dell’ultima settimana riguardo al numero di vaccinazioni in Italia, riporta una media di circa 300mila dosi giornaliere. Per quanto riguarda gli over 80, la prima dose è andata al 81% della popolazione di quella fascia, ovvero 3.572.000 persone, mentre il 52% è arrivato a due dosi. Nella fascia tra i 70 e i 79 anni, il 37,2% ha ricevuto almeno la prima dose e il 4,3% anche la seconda. Riguardo al personale scolastico, a ricevere almeno la prima dose è stato il 75,4 % del totale (l’1,5% anche la seconda).

Copertura oltre i due terzi, anche con la seconda dose, invece per il personale sanitario, arrivato al 79%, e per gli anziani ospiti delle Rsa (76%, ma il 92,4% ha comunque ricevuto almeno una dose).

In totale sono state iniettate 15.400.000 dosi. Mentre ammonta a 17.323.000 il numero di dosi di vaccino anti Covid fornite alle Regioni dall’avvio delle vaccinazioni. Sono 102 i punti vaccinali in più nell’ultima settimana e 843 in più dal 25 febbraio. Sono 2.276 in totale i punti vaccinali attivi.

Alla struttura commissariale si continua a lavorare a pieno ritmo e si confida di poter raggiungere presto l’obiettivo del mezzo milione di vaccinazioni al giorno, ma per arrivarci, e restare su quella media, è indispensabile che il cronoprogramma delle forniture sia rispettato. Tra dicembre e marzo sono arrivate 14 milioni di dosi, da qui a giugno dovremmo riceverne oltre il triplo: la stima “prudenziale” su cui lavora Figliuolo è di 45 milioni. Due giorni fa Pfizer ha annunciato che anticiperà per l’Unione europea 50 milioni di dosi dal quarto al secondo trimestre (il 13,46%, poco meno di 7 milioni, è destinato all’Italia).

E tra pochi giorni potrebbe giungere il via libera dell’Ema per Johnson&Johnson. Che se anche fosse “limitato” a certe fasce d’età, essendo monodose, darebbe un contributo importante alla campagna. Anche con le previsioni più ottimistiche, però, si arriverà a settembre per raggiungere una copertura del 70% della popolazione. Nel frattempo ulteriori nuove varianti potrebbero inficiare i benefici del vaccino.

In Europa campagna vaccinale difficile

Mentre l’Europa va avanti a stento con una difficile campagna vaccinale fatta di forniture inferiori al previsto, stop ed indagini dalle varie autorità sanitarie, la Gran Bretagna procede a tutta velocità: sono 40 milioni le persone che hanno ricevuto il vaccino contro il Covid-19. Un Paese, quello britannico, modello per l’UE che continua a conquistare primati: ha somministrato la prima dose a tutti gli ultracinquantenni e ora, con un’ulteriore accelerazione, ha dato la possibilità per chi ha dai 40 anni in su di prenotare online l’appuntamento senza attendere la convocazione. Si avvicina così l’obiettivo della prima dose a tutta la popolazione over 18 del Regno entro il 31 luglio, anche se è lo stesso premier Johnson ad invitare alla cautela nei rapporti sociali, ma aggiunge di non vedere al momento ragioni per cambiare il graduale allentamento delle restrizioni. Da sottolineare che nell’ultimo mese sono stati 85.000 i nuovi casi e 1.100 i decessi. Il confronto con il nostro Paese è evidente.

In Israele via anche la mascherina all’aperto

Da domenica scorsa gli israeliani non avranno più l’obbligo di portare la mascherina all’aperto. Resterà invece in vigore l’obbligo di indossarla al chiuso. Questo è solo uno degli allentamenti delle restrizioni programmati nel Paese, a fronte del successo della campagna di vaccinazione anti-Covid.

“Il 65% della popolazione in Israele è vaccinato. Tra gli over 60 la percentuale sale oltre al 90%”. A fare il punto sull’andamento della campagna vaccinale anti-Covid del Paese, è Arnon Shahar, medico responsabile della task force del piano vaccinale in Israele. “Bisogna stare comunque molto attenti, e continuare a dirigere questa pandemia. Ma bisogna andare a avanti, anche con le riaperture e essere coraggiosi”, ha aggiunto.

Nel Paese ci sono attualmente 2.680 pazienti di Covid. Di questi, 201 sono in gravi condizioni, e 109 sono collegati ai ventilatori. Dall’inizio della pandemia, 6.335 persone sono morte di Coronavirus, di cui “solo” 230 nell’ultimo mese. I nuovi casi, relativi agli ultimi trenta giorni, sono stati 17.000. Numeri che evidenziano il successo della campagna vaccinale.

Catastrofe umanitaria in Brasile: 14 milioni di casi

Di tutt’altro tenore le notizie che arrivano dal Brasile: Medici Senza Frontiere definisce quanto sta accadendo nel paese sudamericano “una catastrofe umanitaria”. Il Paese nelle ultime 24 ore ha registrato 3.459 decessi legati al Covid-19 e 73.513 contagi. Il bilancio dei morti, dall’inizio della pandemia, supera ufficialmente i 360mila (ma molti altri sono sicuramente sfuggiti alla drammatica conta, negli angoli più remoti del Paese).

Il virus si sta diffondendo senza freni su tutto il territorio nazionale e i contagiati totali sfiorano i 14 milioni di casi. La scorsa settimana i brasiliani hanno rappresentato l’11% della popolazione mondiale contagiata dal Covid-19 e il 26,3% dei decessi globali e la situazione sta diventando un pericolo reale e fortissimo anche per il resto del mondo. Lo conferma la rivista Science che ha pubblicato ben due “papers” sulla situazione nel Paese sudamericano e sui pericoli connessi alla contagiosissima e più letale variante P1 nata a Manaus, nello stato di Amazonas, contro cui probabilmente i vaccini attualmente a disposizione non offrono una protezione molto efficace.

La domanda chiave è: “Il Brasile è una minaccia per la sicurezza sanitaria mondiale?”. Il rischio, reale, è che SARS-CoV-2 si trasformi in un altro virus. Più si riesce a contenere la sua propagazione, è la conclusione degli scienziati, minori saranno le possibilità che muti in qualcosa di ancor più devastante.

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