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La testimonianza

Bergamo e il Ramadan al tempo del Covid, tra fede e restrizioni

I problemi sorgono quando gli orari di preghiera sono in contrasto con le regole anti-virus. Ovvero per l’ultima preghiera, detta Ishaa, seguita da altre preghiere, dette Tarawih, che vanno oltre le 22 del coprifuoco

È ormai cominciato da una settimana il Ramadan, tra preghiere comuni e distanziamento sociale. Parliamo del mese sacro per i musulmani, in cui si pratica il digiuno in commemorazione della prima rivelazione del Corano a Maometto: ci si astiene dal bere e dal mangiare, dall’alba al tramonto.

È la seconda volta che viene celebrato in tempo di pandemia, anche se oggi la situazione è un po’ diversa. Lo scorso anno è stato caratterizzato dal lockdown totale. I luoghi di culto, tra cui le moschee, erano completamente chiusi. Ora, invece, grazie ad alcune agevolazioni consentite dalle misure per il contenimento del Covid-19, è possibile svolgere la preghiera in collettività.

Un aspetto molto importante per i fedeli musulmani, potersi riunire nel luogo di culto per svolgere la quinta e ultima preghiera della giornata. Soprattutto durante il Ramadan, riconosciuto come il mese dei sacrifici.

Il problema sorge quando gli orari di preghiera vanno in contrasto con le regole anti-Covid. Ovvero per l’ultima preghiera, detta Ishaa, seguita da altre preghiere, dette Tarawih (presenti solo in questo mese) che vanno oltre le 22, orario del coprifuoco.

In queste circostanze la religione viene incontro alle esigenze dei fedeli. È dunque permesso unire la quarta e la quinta preghiera, così da recarsi al proprio domicilio prima del coprifuoco. I musulmani si trovano a dover rompere il digiuno fino alle 22 di sera. L’anno scorso, nonostante la quarantena forzata, si riusciva a mantenere la tradizione che permetteva di stare a tavola insieme a tutta la famiglia, situazione che quest’anno non è possibile a causa della diversa gestione degli orari nelle moschee.

Sara, 23 anni, nata in Italia, ha sempre trascorso il periodo del Ramadan a Bergamo. “Personalmente la mia famiglia, come molte altre, sta trovando parecchie difficoltà organizzative – racconta la giovane -. Dover rompere il digiuno quasi in solitudine, a causa della diversa gestione degli orari per il rispetto del coprifuoco, non facilità il clima che si era creato gli anni precedenti. È un po’ come se i fedeli cristiani dovessero passare il Natale e la Pasqua separati dalla famiglia”. Secondo Sara “si tratta di tradizioni che non dovrebbero mai perdersi, neanche col passare del tempo. Anche se – osserva – è una situazione dettata dalla pandemia. Per questo bisogna mantenere il buon senso e rispettare le misure di sicurezza, altrimenti non ne verremo più fuori”.

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