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Le testimonianze

Droga, viaggio nella comunità di Pontirolo: “Col virus spaccio a domicilio e sul web, richieste già da 11enni”

Il presidente dell'Aga, Enrico Coppola: "Con la pandemia venuti a mancare tanti fondamenti dell'accoglienza, uno su tre molla ancora prima di iniziare". L'esperienza di quattro ragazzi: "È dura ma non ci voltiamo indietro, sappiamo che è la strada giusta"

I primi giorni sono i più duri. Per molti, un ostacolo troppo grande da superare. “Con l’emergenza Covid, quando un nuovo ospite entra in comunità deve stare in isolamento in attesa dei tamponi. Questo ha creato grossi problemi, perché il fondamento delle comunità è proprio l’accoglienza. Quando una persona arriva in crisi di astinenza, fisica o psicologica, la accogliamo con affettività e una presenza costante, ora dopo ora”. Questo aspetto, per questione di sicurezza sanitaria, è venuto mancare. “Restare soli per giorni in una stanza non è facile. Perché l’isolamento favorisce il disagio, e il disagio aumenta il desiderio verso le sostanze. Tant’è che uno su tre, alla fine, molla ancor prima di iniziare”.

Enrico Coppola, presidente dell’Associazione genitori antidroga (Aga) di Pontirolo Nuovo, racconta come e quanto l’emergenza sanitaria ha cambiato le vite degli operatori e degli ospiti della sua comunità: una sessantina in tutto, compresi 9 ragazzi minorenni.

 

 

La pandemia ha inevitabilmente complicato i rapporti con genitori e parenti, più o meno a distanza a seconda delle restrizioni in vigore. “Ci sono sempre il telefono e le videochiamate – osserva -, ma non sono la stessa cosa. Abbiamo anche fatto i conti con alcuni ospiti che dopo un lungo percorso di cura erano pronti ad uscire dalla struttura, ma che per questioni di sicurezza non hanno potuto farlo. Un altro aspetto non facile da gestire, che può riservare complicazioni”.

Fortunatamente, il virus non si è insinuato tra le mura della comunità. “E quasi tutti abbiamo già ricevuto la seconda dose del vaccino – aggiunge il presidente – cosa che ci fa guardare con maggiore serenità al futuro”.

Ma lo spaccio e il consumo di sostanze non si è mai fermato, nemmeno durante il lockdown. “È semplicemente mutato – precisa Coppola – adattandosi al periodo storico e alle nuove esigenze di mercato. I pusher hanno iniziato a fare il ‘delivery’, consegnando la droga a domicilio. E c’è chi è passato dall’acquisto in strada a quello sul dark web”. Tant’è che le richieste di aiuto, in questi mesi, non sono affatto diminuite.  “L’assenza del lavoro, tipica di questo periodo – sottolinea – ha senza dubbio contribuito all’abuso di stupefacenti e alcol”.

La comunità di Pontirolo opera sul territorio dagli anni ’90. “Un tempo l’età media delle persone che chiedevano aiuto si aggirava intorno ai 25 anni, oggi è scesa a 18 – racconta Coppola -. Significa che i primi approcci con le sostanze possono arrivare già a 11 o 12 anni. Non a caso, il periodo più delicato è proprio quello del passaggio tra le scuole medie e superiori”.

La maggior parte degli ospiti in comunità sta affrontando il demone della cocaina. “In media restano un anno, poi c’è tutto il capitolo dedicato al reinserimento sociale e lavorativo – prosegue -. Anche una volta dimessi, manteniamo i contatti con loro. Facciamo verifiche e test tossicologici. Ma il percorso è duro, il 30% ricade o interrompe prima”.

Le esperienze

Parliamo con quattro dei ragazzi attualmente ospiti. Si prendono una pausa dai lavori che svolgono quotidianamente in comunità. Hanno tra i 18 e i 22 anni e storie molto forti alle spalle. Non esitano ad aprirsi. Anzi, sembrano felici di essere ascoltati.

Simon (nome di fantasia che utilizzeremo per ognuno di loro) è arrivato nel gennaio 2019. La droga lo ha portato a farsi arrestare quando era ancora minorenne. “I primi tempi sono stati i più duri – confessa -, ma gli sforzi mi stanno ripagando. Qui ho cambiato il modo di pensare e relazionarmi con le persone. Ho scoperto il valore dell’amicizia, prima legata solo allo sballo. Un po’ alla volta, sto rimediando ai danni che ho fatto. Penso anche ai miei genitori, che hanno sofferto tanto e che adesso sono più sereni”. Parla a ruota libera del passato e del presente. Guardando al futuro, ringrazia gli operatori della comunità. Quelli che gli hanno dato le basi per coltivare “una vita più sana e regolare”. Come il suo amico, Michael, conosciuto in comunità. Ha 22 anni ed è in terapia da un anno e tre mesi. “Prima girava tutto intorno alle feste e alle sostanze. Ero votato all’autodistruzione e usavo le droghe per sentirmi diverso da ciò che ero. Adesso, anche se con molta fatica, sto imparando ad accettarmi per quel che sono”. Una volta terminato il programma, la sua speranza è quella di trasferirsi in zona. Trovare un lavoro e ricominciare, a testa bassa. “In passato non non davo il giusto valore alle cose – ammette -. Spero di avere imparato la lezione”.

C’è poi Mattia. Nelle droghe, pensava di ‘affogare’ il dolore derivante dalla rottura con sua la ex ragazza. “Era l’unico modo che conoscevo per placarlo – racconta – non potevo farne a meno”. Con il supporto dell’attuale compagna, ha deciso di farsi aiutare. “Sono in cura da un mese e mezzo. Non è tutto rosa e fiori, ma sto iniziando a riempire in maniera più sana quel vuoto che sento dentro. Ci vorrà del tempo, ma non ho intenzione di mollare”.

Infine, la testimonianza di Giacomo. Forse la più cruda. Un ragazzo atletico e sportivo, ma che a 16 anni faceva già uso di cocaina e pasticche. A 18 è passato all’eroina. “La mazzata più grande – la definisce -. Quando i miei genitori vedevano il braccio pieno di buchi, quasi svenivano. Trattavo meglio lo spacciatore di loro, uno dei miei rimpianti più grandi”. Durante il primo lockdown, procurarsi la droga è stato più complicato del previsto. “In quei mesi c’erano tanti controlli, prendevo la roba e andavo a farmi nei boschi. Anche quel periodo mi ha portato a riflettere di più sulla vita che stavo facendo. Dentro di me sapevo che questa era la strada giusta, ma non avevo mai avuto il coraggio di prenderla. Ora sono qui da un mesetto. Combatto. Stringo i denti e non ho intenzione di guardarmi indietro”.

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