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L'intervista

Federica Bononi di Albini Group e il master che ha fatto vincere UniBg e Politecnico

Il master MeGMI dell'Università di Bergamo e del Politecnico di Milano è 1° in Europa: “Per affrontare il cambiamento mai smettere di studiare e imparare”.

Federica Bononi nel 2009 è stata l’unica donna a frequentare il master in gestione degli asset industriali e della manutenzione (MeGMI) promosso dalla Scuola di Alta Formazione dell’Università degli Studi di Bergamo (SdM) e dal Mip Politecnico di Milano Graduate School of Business, giunto al primo posto della classifica Best Master Ranking stilata da EdUniversal nella categoria “Industrial and Operations Management” per l’area geografica Western Europe. Il traguardo raggiunto vede il master bergamasco e milanese superare in classifica altri 5000 master, molti dei quali erogati da prestigiose università inglesi, tedesche, francesi e spagnole. In 16 edizioni, oltre 250 professionisti coinvolti e più di 100 aziende nazionali e internazionali tra cui Tenaris Dalmine, Eni, Italcementi, Brembo, SIAD, Cotonificio Albini, Radici Group, Uniacque, Rete Ferroviaria Italiana, Unareti, Same Deutz-Fahr, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, CNH.

Una bella soddisfazione per tutti, a partire dal rettore Unibg Remo Morzenti Pellegrini e da Sergio Cavalieri, direttore del master e prorettore con delega a trasferimento tecnologico, innovazione e valorizzazione della ricerca.

Federica Bononi, 45 anni, è ingegnere edile in Albini Group. La sua è una carriera professionale che l’ha portata dalla progettazione e gestione di impianti industriali alla certificazione dei prodotti e dei processi di cui oggi è responsabile per il gruppo tessile di Albino. Una professionista che ha fatto dello studio la cifra della sua vita. Laureata a Bologna, modenese di nascita e bergamasca d’adozione, mamma di un bimbo di 7 anni, la storia di Federica ci insegna che “Si può fare. Serve grande volontà, certo, ci dice, ma è indispensabile continuare a studiare, accrescere le proprie competenze e spenderle, credendo in sé stesse”.

Ingegnere donna, in carriera, mamma. Si può fare, dunque, anche se l’evoluzione è quella dei piccoli passi. Lo dicono i numeri: da una a tre le donne iscritte quest’anno al MeGMI, il 20% su una classe media di 16 partecipanti.

“Essere donna non è facilitante, soprattutto nel nostro paese. Ma non bisogna arrendersi. Mai mollare e lasciare i sogni nel cassetto. Quando studiavo ingegneria edile a Bologna – continua Federica – ero una delle pochissime donne del corso di laurea. Eravamo in 5 su 250. Il primo giorno del master MeGMI ho rivisto la stessa scena: unica donna in una classe di poco più che una dozzina. Tant’è. Dopo il primo momento di ‘assestamento’, abbiamo stretto un rapporto positivo e professionalmente proficuo. Ero abituata ad avere a che fare con tecnici e manutentori uomini”.

Federica è arrivata a Bergamo per entrare nel gruppo Albini, divisione dei servizi tecnici. “Sono entrata in Albini nel 2007 in un momento di grandi investimenti infrastrutturali. Ho iniziato a seguire tre importanti cantieri per altrettanti nuovi stabilimenti. Con la crisi del 2009 sono passata dalla progettazione di nuovi fabbricati e impianti alla gestione e manutenzione degli esistenti. Con l’evoluzione del mio lavoro dovevano evolversi anche le mie competenze. Dovevo approfondire la gestione degli asset industriali e della manutenzione, sviluppare capacità manageriale. Così la mia strada si è incrociata con il master MeGMI. È stata un’esperienza fondamentale. Al di là del tema core, questo master forma manager.

Non si impara solo con l’esperienza sul lavoro.

Indispensabile approfondire, acquisire nuove competenze per far evolvere la propria professionalità e portare valore all’organizzazione in cui si è inseriti. In Albini c’è un’altissima attenzione alla formazione, supportata e promossa il più possibile. Quest’attenzione alla crescita professionale delle persone la ritengo davvero qualificante. L’esperienza è importante ma non basta. Occorre continuare a studiare. Viviamo in un mondo in costante cambiamento. Per sviluppare una mente aperta, predisposta e reattiva al cambiamento, lo studio è fondamentale.

La laurea non basta?

È un punto di partenza, certo. Ma credo che la formazione post-laurea sia ancora più importante. Da un lato perché permette di colmare le lacune che emergono con l’esperienza quotidiana del lavoro e, dall’altro, perché consente di approfondire gli ambiti di maggior interesse, dove provare a crescere. Un master è un bel contenitore di idee, un luogo di scambio. Al di là degli insegnamenti, un corso di approfondimento ti dà la possibilità di creare una rete di condivisione professionale.

Continuare a studiare è funzionale alla carriera?

Nella mia esperienza, sì. Quando mi sono messa in gioco i risultati sono arrivati. Nel 2014 sono diventata responsabile dei servizi tecnici e nel 2019 ho contribuito a creare una nuova area aziendale dedicata alle certificazioni di prodotto, che coordinasse anche quelle di processo, dall’ambiente alla qualità. Un lavoro orientato all’integrazione dei sistemi aziendali. Ho imparato ad avere una visione d’insieme, ad orientare il team di lavoro nella direzione della strategia aziendale. Questa è la cosa che considero più difficile: muoversi tutti nella stessa direzione.

Le materie Stem (Science, technology, engineering e mathematics) sono fattore abilitante per le donne?

Senz’altro. Se però è necessario acquisire le giuste competenze per inserirsi nel mercato del lavoro è altrettanto essenziale saper dimostrare cosa si sa fare. Le donne il più delle volte sono più skillate e più preparate degli uomini ma meno brave a valorizzarsi e a proporsi. Dobbiamo avere più fiducia in noi stesse.

Ma è vero che non si trovano profili tecnici femminili adatti?

Quello che penso è che in Italia il ruolo dei recruiter, delle risorse umane, sia un po’ vecchio stampo. Si fa una ricerca limitata che non punta all’obiettivo. Si è molto, forse troppo, legati alla formazione universitaria, al tipo di laurea conseguita. Io credo invece che sia importante allargare lo sguardo all’esperienza e alla motivazione, puntando molto alla formazione post-universitaria. Il lavoro può essere altamente specializzante e la formazione durante la carriera professionale, capace di seguirne l’evoluzione può fare la differenza. Personalmente ho fatto moltissimi corsi: per colmare gap o per seguire ciò che mi attirava di più.

Un’alleanza azienda-lavoratore per crescere insieme?

Se smettiamo di aver voglia di imparare e pensiamo di aver imparato tutto siamo morti, anche come persone. Bisogna crederci entrambi, azienda e persona. In Albini non mi è mai capitato che mi dicessero di no alla formazione. Pur in un anno difficile come questo l’investimento in formazione non è mai stato negato. Il settore tessile ha vissuto una crisi profonda; ancora oggi la situazione è complessa. Per farci trovare pronti alla ripartenza del mercato occorre sin d’ora concentrarsi su due asset strategici: gli investimenti e il cambiamento. Per sviluppare un mind set orientato al cambiamento occorre puntare sulla formazione continua.

Quanto ha investito nella sua formazione post-laurea?

Il 95% dell’investimento è stato sostenuto dall’azienda. Io ci ho messo la buona volontà e il mio tempo libero, che con un bimbo e un lavoro molto impegnativo significa serate, a volte nottate e i fine settimana. Alla base deve esserci la passione. Attualmente sto frequentando un altro master, in Tecnologie e processi della filiera tessile a Dalmine, sempre di Unibg. Per conoscere al meglio i prodotti che devo certificare. A 45 anni ci si stanca di più, lo ammetto ma non si finisce mai di imparare…

Che consiglio si sente di dare alle giovani donne di oggi?

Ragazze, non arrendetevi. Sviluppate autostima, consapevolezza e fiducia in voi stesse. E studiate, studiate, studiate.

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