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Report 6 - 12 aprile

Contagi: netto calo nazionale. Bergamo meglio di Lombardia e del Paese intero

La situazione in Bergamasca è in miglioramento, sia nel confronto con le altre province lombarde con un indice contagi/popolazione al 4,24% (tutte le altre vanno dal 6,8% della provincia di Lecco al 9,1% di Como) sia a livello nazionale, dove l’incidenza dei contagi è 103 casi ogni 100.000 abitanti

Analizziamo i dati della settimana epidemiologica appena conclusa (6-12 aprile), con la premessa che i numeri devono essere letti con molta cautela, vista la presenza del giorno festivo del Lunedì dell’Angelo, che ha influenzato al ribasso il numero dei test effettuati: 1.942.663 rispetto ai 2.052.853 della settimana precedente e ai 2.189.886 di 14 giorni orsono. Di conseguenza i nuovi casi comunicati hanno proposto valori evidentemente fuori scala non solo rispetto agli altri giorni della settimana, ma anche a confronto con le festività delle settimane precedenti.

A livello nazionale sono stati individuati 100.736 nuovi positivi, in calo del 25,6% rispetto ai 135.468 della settimana precedente. Per capire la reale entità del calo, al netto delle festività, abbiamo calcolato il numero dei positivi escludendo i due festivi, e comparandolo con quello degli stessi giorni restanti della settimana epidemiologica precedente: il calo si conferma importante, anche se scende a un -20% rispetto al -25,6% visto prima e testimonia che gli effetti delle zone rosse applicate in larga parte del Paese hanno effettivamente rallentato la corsa del virus. Per effetto di queste importanti riduzioni scende in modo deciso anche il valore di Rt: 0.92 a livello nazionale.

A conferma della curva in ribasso, confrontiamo alcuni dati odierni con i massimi della terza ondata:

Attualmente Positivi 524.417 – massimo il 28/03 con 573.235

Nuovi casi settimanali 100.736 – massimo 157.299 la settimana 09-15/03

Terapie Intensive 3.028 – massimo 3.743 il 06/04

Ricoverati con sintomi 27.329 – massimo il 06/04 con 29.337

Pazienti in Isolamento domiciliare 493.495 – massimo il 28/03 con 540.855

Il rallentamento dell’epidemia ha preso quindi vigore dopo tre settimane di leggeri cali e, come abbiamo visto, l’entità della riduzione resta considerevole anche scorporando l’effetto ribassista della doppia festività. Un segnale importante, che speriamo non venga annullato dagli allentamenti entrati in vigore da lunedì 12 aprile. In teoria la dinamica discendente legata alle zone rosse dovrebbe trovare conferma per almeno un paio di settimane ancora, prima di iniziare a vedere gli eventuali effetti del ritorno alle zone arancioni con possibili nuovi rialzi.

La campagna vaccinale dovrebbe perciò procedere nel contempo rapidamente, mettendo in protezione non solo gli over 80 ma in via prioritaria tutta la popolazione sopra i 50-60 anni, che assorbe il 98,8% dei decessi da inizio epidemia. Qualsiasi variazione da questa strategia, con la sola eccezione dei soggetti deboli, sarebbe a questo punto ingiustificabile e avrebbe come unico effetto quello di alimentare ancora a lungo il numero dei ricoveri e dei decessi. Approfondiremo questo aspetto nel Focus odierno.

Diamo ora uno sguardo all’evoluzione dell’epidemia in Italia utilizzando un arco di tempo più lungo rispetto alla settimana epidemiologica: i dati che vedremo di seguito (fonte Iss) riflettono un periodo mobile di 30 giorni chiuso il 10 aprile 2021. I nuovi casi registrati sono stati 522.445 con 9.854 decessi (letalità nel periodo 1,86%). Continuano a ridursi, per evidente effetto delle vaccinazioni, i casi tra gli operatori sanitari che sono ormai scesi sotto la soglia dell’1% rispetto al totale: in tutto 4.348 (0,8%). L’età mediana dei positivi resta stabile a 46 anni, con una ripartizione quasi perfetta tra uomini (49,9%) e donne (50,1%). Il maggior numero di infezioni (226.731, pari al 43,4%) è stato registrato nella fascia di età compresa tra 19 e 50 anni; seguono i soggetti tra 51 e 70 anni (28%); quelli tra 0 e 18 anni (13,5%) e gli over 70 (13,1%). Le infezioni asintomatiche rappresentano oltre il 50% del totale solo fino ai 29 anni di età, mentre in tutte le altre categorie si nota un aumento sensibile rispetto al passato delle forme sintomatiche: che esprimono il valore più alto (55%) tra i 70 e 79 anni.

In Lombardia

Dinamica di chiaro ribasso anche nelle principali Regioni. Per quanto riguarda la Lombardia i nuovi casi sono stati 15.509, con un calo del 35,7%; considerando la settimana depurata dai festivi il calo passa al 28%. Per quanto riguarda i nuovi ingressi in terapia intensiva la riduzione è stata del 25%, a quota 251 dai 337 della settimana precedente. In calo i ricoveri in T.I, da 858 a 811 e quelli in Area Covid da 6.626 a 5.763. Aumentano di altre 604 le persone decedute, per un totale di 31.815. Nonostante la Lombardia abbia più di un quarto dei decessi totali, non è la Regione più colpita in termini dei casi diagnosticati da inizio pandemia, come verrebbe facile pensare guardando i valori assoluti, bensì la Provincia autonoma di Bolzano con 10.777 casi di Covid-19 ogni 100.000 abitanti. La Lombardia, con un’incidenza di 7.526 casi per 100.000 abitanti, è settima e viene preceduta, nell’ordine, anche da Veneto (8.028); Friuli (7.977); Provincia autonoma di Trento (7.865); Valle d’Aosta (7.802) ed Emilia-Romagna con 7.526 casi per 100.000 abitanti.

A Bergamo

Anche la situazione in Bergamasca è in miglioramento, sia nel confronto con le altre province lombarde con un indice contagi/popolazione al 4,24% (tutte le altre vanno dal 6,8% della provincia di Lecco al 9,1% della provincia di Como) sia a livello nazionale, dove l’incidenza dei contagi è scesa a 103 casi ogni 100.000 abitanti, fra le ultime dell’intero territorio nazionale. I nuovi casi registrati nel periodo sono 1.135, in calo del 37,4% rispetto ai 1.811 (30% al netto delle festività). Scendono i ricoveri in Area Covid: da 751 a 650, mentre sono stabili quelli in Terapia Intensiva, 86. Diminuisce anche il numero delle persone in isolamento domiciliare, che sono ora circa 4.500 rispetto alle 5.560 precedenti. Invariato il numero settimanale dei decessi: 31.

Focus Vaccini

Visto l’alto numero di vaccinati sotto la voce “altro” che identifica soggetti non inclusi nelle categorie a rischio, sottolineiamo l’importanza di procedere con una campagna vaccinale impostata sul criterio dell’età, escludendo qualsiasi categoria tranne quelle degli operatori sanitari, delle forze dell’ordine e forze armate, dei soggetti “deboli” (come immunodepressi, pazienti oncologici, cardiopatici). Deviare dal criterio dell’età, da applicare in ordine decrescente, significa ignorare del tutto una delle poche certezze che abbiamo a proposito del Covid-19, ovvero che si tratta di una malattia i cui effetti diventano progressivamente più gravi al crescere dell’età dei soggetti colpiti.

Per trovarne l’ennesima dimostrazione ci viene in aiuto l’ultimo Report dell’Iss sulle “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da Sars-CoV-2 in Italia”, aggiornato al 30 marzo 2021. Grazie ai dati contenuti nell’analisi, condotta su 106.789 decessi ufficiali comunicati alla Sorveglianza integrata Covid-19, si evince come la popolazione italiana sia di fatto da dividere in due grandi gruppi: sopra i 50 anni, e al sotto di questo valore soglia. I decessi al di sopra dei 50 anni sono stati 105.598, il 98,8% del totale. Anche considerando solo i decessi al di sopra dei 60 anni si arriva a un numero impressionante: 102.095, il 95,6% del totale. Non è difficile capire come la messa in protezione della popolazione sopra i 50 anni, o almeno sopra i 60, riduca di fatto l’impatto negativo dell’epidemia a valori molto bassi, per quanto qualsiasi decesso sia dal punto di vista medico ed etico una sconfitta da evitare a ogni costo.

Se per ipotesi nel corso di questa emergenza fossimo riusciti a proteggere tutti gli over 50, alla fine di marzo 2021 avremmo contato, invece dei 106.789 decessi considerati dall’Iss su 3.584.899 positivi individuati, solo 1.188 morti. Un numero, per offrire un termine di paragone intuitivo, che è poco più di un terzo dei 3.173 che l’Istat ha certificato per il 2019 (ultimo dato disponibile) a seguito di incidenti stradali. Da quando sono disponibili i vaccini, efficaci fino al 100% nel proteggere contro le forme gravi della malattia e quindi nell’evitare i decessi, abbiamo a disposizione un’arma straordinaria che ci porta proprio in questa direzione: la salvezza dei soggetti più a rischio. Non proteggere le fasce più anziane della popolazione, continuando a somministrare il vaccino a persone giovani e con rischio bassissimo di sviluppare forme gravi della malattia, significa permettere al virus di alimentare senza sosta il numero dei deceduti, che invece, come abbiamo visto, avrebbe potuto essere abbattuto in modo drastico già in questi primi mesi dell’anno. Si tratta di una responsabilità precisa e che non trova giustificazione nei dati scientifici, guardando i quali, al contrario, vediamo come strada maestra una campagna impostata a partire dai soggetti più anziani per procedere scalando in ordine di età.

Nel mondo

La pandemia di Covid-19 è a un “punto critico”, con le infezioni che crescono in maniera esponenziale soprattutto in Sudamerica e in Asia. È quanto ha affermato ieri Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Ginevra, nel corso della quale è stato fatto il punto sulla situazione epidemiologica a livello globale. “A gennaio e febbraio, il mondo ha visto per sei settimane consecutive un calo dei contagi di Coronavirus. Ora, invece, veniamo da sette settimane consecutive di casi in aumento e da quattro settimane di decessi in aumento. La scorsa settimana è stato il quarto numero più alto di casi in una sola settimana finora”.
Secondo Ghebreyesus, alcune nazioni in Asia e nel Medio Oriente “hanno assistito a grandi aumenti dei contagi da Covid-19 nonostante oltre 780 milioni di dosi del vaccino siano state inoculate in tutto il mondo.

A conferma di quanto suddetto, l’India ha registrato lunedì il più alto numero di infezioni in un giorno: 168.000, raggiungendo il Brasile come numero di casi: totali, 13.500.000
Il totale dei casi a livello globale è di 136 milioni, mentre il numero dei decessi ha raggiunto un’altra soglia emblematica: 3 milioni.

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