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L'analisi

Dal fallimento di Lehman Brothers all’emergenza sanitaria: chi salderà i conti?

Alberto Personeni, analista finanziario, partendo dal fallimento della Lehman Brothers fino all'attuale emergenza sanitaria offre i possibili scenari di chi pagherà le spese degli Stati di questi anni.

Negli ultimi 13 anni si sono succedute diverse storie, tre in particolare e tutte collegate tra loro, che ha senso ripercorre per capire la svolta in corso nell’ordine mondiale .

La prima storia racconta di un fallimento. Ha inizio venerdì 12 settembre 2008. Paulson, segretario del Tesoro Usa, convoca i Padri di famiglia, come venivano chiamati i capi delle principali Banche Usa, negli uffici della Fed di Wall Street per valutare la situazione di Lehman Brothers, sull’orlo del fallimento.

Serve una soluzione “privata” e non pubblica. L’accordo non arriva. Dopo il salvataggio di Bear Stearns qualche mese prima grazie all’intervento di Jp Morgan, le grandi Banche anziché intervenire in soccorso di Lehman, decidono al contrario di ridurne la propria esposizione. Il 15 settembre Lehman Brothers porta i libri in tribunale. Il giorno prima, Bank of America acquista Merrill Lynch,
indicata come la possibile vittima dopo Lehman. Il 22 settembre la Fed permette a Goldman Sachs e Morgan Stanley e di trasformarsi in Banche commerciali.
Nel gruppo Lehman sono colpite oltre 8mila società tra controllate ed affiliate con oltre 600 mld$ di asset e di debiti in mano a 100mila creditori. Perdono il lavoro 26mila dipendenti. È il
fallimento più complesso della storia degli Usa che mette le basi per la recessione globale del 2009 e la crisi dell’euro tra il 2010 ed il 2012.

La seconda storia racconta di un mal di protagonismo: ha inizio poco dopo il fallimento Lehman per terminare nel 2020. Il sistema finanziario mondiale per effetto del crac Lehman sta fallendo. Le Banche non si fidano più l’una dell’altra. Non si prestano più denaro. Il rubinetto chiuso delle Banche rischia di mandare sul baratro l’economia mondiale. Per evitare tutto ciò inizia un programma di nazionalizzazione di Banche a livello mondiale e soprattutto l’ormai storico interventismo delle Banche Centrali a colpi di armi non convenzionali (Quantitative easing,QE) e tassi a zero.
Le Banche centrali diventano protagoniste sostituendosi agli Stati. Se da un lato permettono di evitare la crisi del sistema finanziario, dall’altro portano negli anni ad una massiccia crescita del debito mondiale alimentato dall’enorme liquidità creata da loro stesse. Al motto di ‘’c’è liquidità per tutti” vengono generate economie speculative, dipendenti dal denaro
a basso costo che, più che creare ricchezza, generano trasferimento della stessa. La liquidità delle Banche Centrali si riversa sui mercati finanziari piuttosto che sull’economia reale, generando la cosiddetta Wall Street inflation ed ampliando le diseguaglianze sociali. Il meccanismo che vede i rendimenti di mercato crescere in caso di espansione economica e decrescere in caso di recessione
non è più fluido. Il rendimento del decennale Usa, pari al 4,5% pochi mesi prima della crisi Lehman, oggi fa paura alla rottura dell’1,5% nonostante le previsioni di forte ripresa economica.

Il rendimento dell’omologo tedesco che prima della crisi Lehman valeva circa il 4%, ormai viaggia sotto lo 0,5% dal 2015 ed è addirittura in territorio negativo dall’inizio del 2019. I mercati (obbligazionario in primis) dipendenti dal denaro a basso costo traballano al solo timore di rialzo dei rendimenti cioè di denaro più costoso. I Governatori delle Banche Centrali ne sono consapevoli e si muovono ormai come degli equilibristi evitando di traumatizzare i mercati, distogliendosi forse dalle loro reali missioni. Da protagoniste con onore e ben volute, le Banche Centrali si sono tramutate in protagoniste loro malgrado anche per effetto dell’isolamento di cui hanno sofferto da parte degli Stati. In un’Europa dominata dall’ortodossia tedesca, più volte, l’ormai ex governatore della Bce, Draghi, aveva chiesto ai politici di non lasciarlo solo. Invito caduto inascoltato dato che l’austerity ha dominato la scena delle politiche economiche europee dell’ultimo decennio. Il sistema necessita di un «reset», di un ritorno al passato ma non sa come innescarlo senza creare eccessivi traumi.

La terza storia parla di una pandemia ed inizia nel febbraio 2020. Il mondo è sotto shock per una pandemia. Per contrastarla vengono imposti lockdown globali. Le economie mondiali si fermano. Il mondo entra così nella recessione più pesante dal dopoguerra. All’emergenza sociale ed economica, si accompagna ora quella sanitaria. Il ‘’reset’’ di sistema ha il giusto gancio per avere inizio. Gli Stati tornano protagonisti: è inevitabile. Nel 2020 mettono sul piatto circa 15trn$ di stimoli fiscali (15% del PIL globale), quasi il doppio degli stimoli monetari delle Banche Centrali (8trn$).
Il Tesoro Usa emette la cifra record di 3,4trn$ (il 20% del PIL Usa) di Treasury per finanziare la spesa pubblica. Per il 2021 l’attesa è per ‘’Stati ancor più keynesiani’’. La ‘’Mano pubblica’’ Usa ha approvato pochi giorni fa un piano da 1,9trn$ ed in previsione ne ha un altro infrastrutturale di circa 2trn$. Sono attese emissioni per 4,45trn$ di Treasury, un ammontare pari al Pil
della Germania. Partirà nel secondo semestre 2021 l’utilizzo dei 750mld€ del Recovery Fund.

La Gran Bretagna storicamente contraria al ‘’Gran Governo’’, tra spese e prestiti, spenderà circa 410mls£ nel prossimo biennio. Volentieri le Banche Centrali assecondano gli Stati protagonisti. Il
18 marzo, la Banca del Giappone, dopo 8 anni di ‘’interventismo aggressivo’’, si è detta favorevole a ‘’politiche monetarie sostenibili’’.
Ha deciso così di allargare il range di oscillazione dei tassi a lungo termine e di abolire il suo target di acquisti di Etf azionari pari a 55mld$ l’anno. La Banca Centrale cinese sostiene da tempo di voler operare a sostegno della crescita ma attenta ad ‘’evitare la creazione di bolle speculative’’ (quindi politiche sostenibili anche in Cina!). Il 15 marzo, Powell, ha rassicurato che, a dispetto di dati economici sensibilmente migliori e di un percorso di uscita dalla crisi sempre più chiaro, i tassi rimarranno inalterati fino al 2023.
L’equilibrismo mostrato, sulla sottile linea tra ‘’Colomba e Falco’’ non ha però convinto i mercati dato che il rendimento del Treasury scadenza 10 anni ha raggiunto un nuovo massimo dell’anno a 1,75%. La liquidità degli Stati va diretta all’economia reale (Main Street) e porta con sé inevitabili probabilità di surriscaldamento dell’economia.

I rendimenti devono salire. I traumi si eviteranno se la ricchezza creata dal denaro dei ‘’Gran Governi’’ più che compenserà l’effetto negativo dell’aumento del costo del denaro. Le Banche Centrali, alleate degli Stati, dovranno dimostrare di essere ancora abili equilibriste dando avvio a politiche monetarie restrittive nei giusti tempi ed in sintonia con la crescita degli utili (quindi senza
anticiparla) generata dall’intervento della Mano pubblica nell’economia reale. Se il tandem Stati (protagonisti) e Banche Centrali (alleate) funzionerà bene, la crescita sarà meno dipendente dalla creazione di debito (quindi più sana) e più dipendente da variabili quali la produttività aziendale e l’innovazione.

In tale contesto le disuguaglianze di reddito potrebbero finalmente ridursi.
‘’Non esiste mai un buon pranzo gratuito’’. Nel medio termine infatti bisognerà ripagare le spese degli Stati di questi anni. Come? Sorprendendo con la crescita e relativo gettito fiscale. Oppure sopportando di vivere in un mondo con più inflazione che annacqua per definizione i debiti.

Oppure negoziando, tra i responsabili politici globali, la cancellazione di parte del debito pubblico, tipo quello generato dall’emergenza sanitaria. Ma questa sarà la prossima storia!

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