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Il ministro della Giustizia Cartabia a Bergamo per l’intitolazione del carcere a don Resmini

L'ex presidente della Corte costituzionale (e prima donna ad aver ricoperto tale carica) è attesa a Bergamo: con data e programma ancora da ufficializzare

A Don Fausto Resmini, sacerdote del Patronato San Vincenzo e prete degli ultimi, stroncato dal Covid il 23 marzo 2020, sarebbe piaciuto dialogare con questa donna battagliera dei diritti.

Lunedì 19 aprile è atteso a Bergamo il Ministro della Giustizia Marta Cartabia per l’intitolazione del Carcere bergamasco a Don Fausto.

Don Resmini è stato per oltre trent’anni cappellano della casa circondariale di Bergamo ed è ricordato come un sacerdote in prima linea su tutti i fronti di lotta alla marginalità sociale e alla tossicodipendenza. Aveva fondato la comunità per minori don Milani di Sorisole, e il suo camper Esodo era una presenza costante alla stazione ferroviaria di Bergamo dove offriva pasti caldi ai poveri e alla senza fissa dimora.

La proposta di intitolare a lui la casa circondariale bergamasca era stata portata avanti con forza dagli onorevoli bergamaschi Maurizio Martina ed Elena Carnevali scrivendo all’ex Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che, infine, nel mese di maggio 2020, aveva concesso l’intitolazione.

Commentando, in risposta alla lettera: “Don Fausto Resmini era più che un semplice cappellano, era un punto di riferimento per l’intera comunità di Bergamo e per chi ha avuto la fortuna di incontrarlo sulla propria strada. Una guida morale, un padre spirituale, un uomo sempre pronto all’ascolto e al dialogo”.

Ora, quasi un anno dopo, avverrà la cerimonia per la nuova intitolazione. Per l’occasione dovrebbe arrivare l’ex presidente della Corte costituzionale (e prima donna ad aver ricoperto tale carica): il 19 aprile, anche se la data deve essere ancora confermata dagli uffici e ancora niente si conosce ufficialmente del programma per la giornata a cui presenzierà anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. 

Cartabia, con il suo primo atto da ministro del governo Draghi, ha da subito voluto dimostrare la propria vicinanza ai detenuti delle case circondariali italiane, andando a trovare il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Non solo, anche da presidente della Corte costituzionale, Cartabia aveva organizzato le visite nelle carceri per gli altri membri della Corte.

Al centro dei dibattiti e delle moderne riflessioni giuridiche c’è anche il suo discorso da neo ministro, in cui ha affermato quanto sia necessario orientarsi “verso il superamento dell’idea del carcere come unica effettiva risposta al reato. La ‘certezza della pena’ non è la ‘certezza del carcere’, che per gli effetti desocializzanti che comporta deve essere invocato quale extrema ratio. Occorre valorizzare piuttosto le alternative al carcere, già quali pene principali”.

Il rumor della sua visita arriva proprio nel giorno in cui la Cartabia, in un incontro in video-conferenza con il suo omologo francese Eric Dupond-Moretti,  ha ricordato “la massima attenzione e la pressante richiesta delle autorita’ italiane affinche’ gli autori degli attentati delle Brigate Rosse possano essere assicurati alla giustizia”.

Intervento subito commentato dal deputato della Lega Daniele Belotti che ha dichiarato: “I familiari delle vittime degli ex brigatisti attendono dagli anni ’70 e ’80 di avere giustizia e lo Stato non può permettersi di vedere le proprie condanne, per lo più definitive, assolutamente disattese per la copertura politica offerta da autorità estere. Come bergamasco da anni sono impegnato nel ricordare e sollecitare l’estradizione di Narciso Manenti, condannato, in via definitiva, all’ergastolo con l’accusa di essere l’esecutore materiale dell’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979 con 5 colpi di pistola sparati a bruciapelo davanti agli occhi del figlio undicenne. Abbiamo promosso numerose iniziative parlamentari affinché questo assassino, che da ormai quarant’anni latita a Parigi, possa pagare per l’efferato omicidio che aveva sconvolto Bergamo”.

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