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Istruzione

Abf, Amaglio: “Il nostro modello di formazione sempre più al passo con l’Europa”

Abf Azienda Bergamasca Formazione è pronta a raccogliere la sfida della crisi post Covid. Per molte persone sarà un tempo di formarsi e tornare ad imparare una professione per presentarsi sul mercato del lavoro.

Sette sedi sparse sulla provincia più la scuola del legno di Tino Sana, 10 macro aree  che vanno dalla ristorazione ai servizi alla persona, dalla meccanica all’idraulica, dall’informatica alla grafica, 2.600 alunni, e il rapporto costante con 1.800 aziende del territorio bergamasco. Sono solamente alcuni dei tratti distintivi di Abf Azienda Bergamasca Formazione che ora è pronta a raccogliere la sfida della crisi post Covid. Per molte persone sarà un tempo di formarsi e tornare ad imparare una professione per presentarsi sul mercato del lavoro. Abbiamo incontrato Damiano Amaglio, presidente di Abf Bergamo.

Cos’è Abf? E da quanti anni è attiva?

Azienda Bergamasca Formazione è l’azienda speciale della Provincia di Bergamo che si occupa di formazione professionale e più in generale di politiche attive del lavoro. E’ il suo braccio operativo.
Nasce nel 2005 dall’esigenza di unire in un unico soggetto tutti i Cfp (centri di formazione professionale) provinciali che fino ad allora operavano autonomamente. Questo con l’obiettivo di coordinarne l’azione e razionalizzarne la gestione. Il know how che si porta dietro è però frutto di quasi 50 anni di esperienza: il sistema di formazione professionale è stato prima regionale e da vent’anni è provinciale.
Gli intendimenti della Provincia si trasmettono all’azienda attraverso un Consiglio di Amministrazione nominato direttamente dal Presidente, che ha il compito di garantire l’attuazione delle linee di indirizzo annualmente approvate dal Consiglio Provinciale. Il cda che presiedo è in carica da fine agosto 2019.

Che mandato avete ricevuto dal presidente Gafforelli?

Un mandato forte basato su una grande fiducia. Immediatamente abbiamo condiviso la necessità di adeguare lo Statuto ad un quadro normativo e ad un contesto socio-economico che non sono più quelli di 15 anni fa. Insieme a questo ci è stato chiesto di aprire maggiormente l’azienda al territorio, costruendo percorsi condivisi con gli stakeholders. Penso a Confindustria e a Confartigianato che sono entrati in Cda e stanno dando un contributo straordinario su questo fronte.
Evidentemente tutto questo si è incrociato con la variabile imprevista della pandemia e parecchie energie sono state impiegate per garantire la continuità dell’offerta formativa e dei servizi al lavoro. Questo ci ha condizionato e richiesto da parte di tutti uno sforzo aggiuntivo; in altri termini, abbiamo pedalato con vento contrario ma questo non ci ha impedito di proseguire e raggiungere comunque gli obiettivi. Basta pedalare più forte…

Come vede quindi il 2021?

È il nostro orizzonte per completare il mandato ricevuto. Voglio sottolineare come l’attuale Cda si sia sempre mosso nel pieno rispetto dello statuto vigente e delle linee di indirizzo. Ritengo abbia tutti gli strumenti per accompagnare la fase di transizione che si aprirà, alla luce delle scelte che però ora spettano al Presidente Gafforelli ed al Consiglio Provinciale. Io devo pensare a traghettare Abf fuori dalla pandemia, verso un prossimo anno formativo che tutti ci auguriamo “normalizzato”.

Tornando alla formazione in senso stretto, quanti e quali corsi propone Abf?

Abf è una realtà articolata con un’offerta larghissima e in continua evoluzione. Abbiamo 7 sedi su tutto il territorio, dalle valli alla bassa. Più l’eccellenza della scuola del legno Tino Sana ad Almenno. Basta questo per mostrare la capillarità, l’osmosi tra azienda e comunità bergamasca: ogni zona ha peculiarità, bisogni, caratteristiche specifiche che dobbiamo rispettare e valorizzare. Quindi non abbiamo tutto ovunque ma progettiamo i percorsi in dialogo continuo col contesto socioeconomico.
Se guardiamo il vostro prospetto di Iefp abbiamo proposte in 10 macro aree (ristorazione, agroalimentare, servizi alla persona, elettrico/elettronico, meccanica, legno, moda e abbigliamento, idraulica, agricolo, grafica). E ora partiamo con l’informatica, in una declinazione molto particolare. In totale abbiamo 16 settori di istruzione, con specifica attenzione alla disabilità. I percorsi sono triennali con possibilità di quarto anno per conseguire un diploma tecnico di IV livello. Bergamo e Treviglio sono i centri più grandi. Ma Abf non è solo ragazzi ma anche adulti, con corsi pomeridiani o serali e aziende, con i servizi al lavoro e di formazione continua anche personalizzata. Le aziende sono spesso destinatarie di servizi, clienti possiamo dire, ma soprattutto sono nostri partner, contribuendo a formare i ragazzi. Parliamo di 1800 aziende.

Quanti studenti forma in un anno?

Abbiamo oltre 2600 ragazzi, ed ogni anno ne escono circa 800. I numeri del prossimo anno tengono, anche se il futuro non sarà facile per il trend demografico, che è calante e creerà problemi a tutto il sistema scolastico; ciò che mi fa essere ottimista è la consapevolezza che il post pandemia renderà sempre più centrale, interessante, necessario investire sulla formazione professionale. E noi ci siamo.

Quanti lasciano?

La percentuale sui totali è del 15%, più o meno, che considerata la delicatezza del settore è fisiologica. Detto questo la mission anche sociale di abf ci fa lavorare ogni giorno per ridurre al minimo la dispersione scolastica.

Quanti trovano uno sbocco occupazionale?

Dipende dal settore, evidentemente, ma entro l’anno trovano lavoro altissime percentuali. Mediamente oltre l’80%, con le punte del 100% di settori quali la falegnameria, la carrozzeria, la meccanica…

Che ruolo svolge nel panorama della formazione professionale?

È il punto di riferimento, non solo per la sua proprietà pubblica. In Provincia Abf è la seconda realtà formativa dopo l’Università per dimensione ma la sua centralità va oltre per la rete di relazioni con il tessuto imprenditoriale bergamasco che ha saputo costruire in modo autorevole. Il nostro mondo è fatto di aule e laboratori, ma anche di stage, tirocinio, apprendistato, inserimento lavorativo, e questo intreccia il destino e la storia delle aziende a quello delle famiglie.

È un modello che ci avvicina di più all’Europa?

Decisamente sì. All’Europa e al futuro. L’aspetto formativo ormai è parte costitutiva della dimensione lavorativa, non più qualcosa di separato e antecedente. Come posso dire, formarsi è già lavorare e lavorare è formarsi continuamente. Per questo chi ha la responsabilità di formare deve trasmettere innanzitutto un atteggiamento, una predisposizione, una tensione continua ad apprendere. Fatte salve le competenze proprie di un mestiere, che di fatto è un’arte, il vero valore aggiunto oggi è insegnare ad imparare, più che travolgere di nozioni che il tempo supera con una velocità impressionante.

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