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La decisione

Abolita la censura nei film: quando Olmi fu “oscurato” dal sindaco di Milano

Il ministro della Cultura Dario Franceschini: “Definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”,

Non succederà più che opere d’arte, come Arancia Meccanica di Stanley Kubrick vengano tagliate, che pellicole di cineasti importanti come Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, addirittura siano bloccate prima della distribizione nelle sale. In piena era Covid, mentre i cinema sono tristemente chiusi e silenziosi, il ministro della Cultura Dario Franceschini ha abolito la censura cinematografica in Italia. “Definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”, ha annunciato.

Il decreto istituisce la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del ministero della Cultura con il compito di verificare la corretta classificazione delle opere cinematografiche da parte degli operatori: non è più previsto il divieto assoluto di uscita in sala né di uscita condizionata a tagli o modifiche.

Anche un regista bergamasco, il grande Ermanno Olmi  subì una specie di censura, più un ostracismo a dire il vero. In quel di Milano. Da parte dell’allora sindaco Carlo Tognoli e dei socilaisti orgogliosi della Milano da bere. Fu per via del documentario Milano ’83: anatomia quotidiana della vita milanese rappresentata in un’ora, 1.500 inquadrature senza voci – parla solo la città – che, pur partendo da una serata alla Scala, descrive la ritualità quotidiana, dai pendolari sui treni alla scuola, dal lavoro al pulsare frenetico delle attività cittadine nel centro dell’attività e dello shopping, alla periferia dormitorio con i suoi cupi casermoni dentro i quali vivono persone; ciascuna di loro con problemi, dolori, gioie, speranze. “Sarebbe bene che Olmi scendesse dall’albero degli zoccoli – dichiarò Tognoli, promotore del film ma offeso dopo averlo visto, al Festival di Venezia, premiato con il Nastro d’argento.

E la pellicola, che doveva fare parte del progetto “Le capitali culturali d’Europa” con Atene, Lisbona, Varsavia, sparì dalle sale per poi rispuntare su YouTube.

Trent’anni dopo Tognoli si scusò: “Ai maestri si porgono solo le scuse. Da parte mia non ci fu censura. Ci fu solo una battuta, per la quale mi scuso con tutto il cuore con Ermanno Olmi, un maestro che ho sempre apprezzato”E spiegò come nacque la vicenda: “Erano tempi difficili e la città stava uscendo dal tunnel della crisi economica e del terrorismo. Volevamo il sostegno di tutti per rilanciare la città ed eravamo un po’ suscettibili”.

Dal canto suo Olmi commentò. “So che i socialisti furono insoddisfatti, delusi e contrariati. Paradossale che censurassero il realismo del lavoro”.

 

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