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E niente ristori

Il gioielliere di Sarnico: “Penalizzati noi e pochi altri: così non va”

Lunedì ha deciso di appendere in vetrina un cartello: “Se dopo un anno siamo ancora rossi, forse avete chiuso le attività sbagliate”. La frase è una provocazione in circolazione da qualche giorno su Facebook

Dall’interno della sua gioielleria, chiusa, con le serrande abbassate, vede i passanti in strada fissarlo e si sente “come un animale in gabbia in uno zoo”. Vorrebbe farli entrare ma non può. Gianluigi Biasi, 53 anni e di professione gioielliere, dal 1° marzo ha dovuto spegnere per l’ennesima volta le luci del suo negozio, sessanta metri quadri nel pieno centro storico di Sarnico.

Questa volta però è talmente arrabbiato e provato che lunedì 29 marzo alle 11 decide di appendere in vetrina un cartello: “Se dopo un anno siamo ancora rossi, forse avete chiuso le attività sbagliate”. La frase è una provocazione in circolazione da qualche giorno su Facebook e che il signor Biasi ha deciso di ricondividere per sfogo sulla saracinesca della sua attività. “Noi siamo inermi, non possiamo fare nulla – dice -. Tutto quello che possiamo fare è appendere cartelli un po’ polemici sperando che servano a qualcosa”.

Lui è uno dei commercianti del centro storico di Sarnico che ancora non ha la possibilità di aprire. Su 33 negozi 23 di questi, seppur con tutte le difficoltà del caso, ogni giorno accendono le luci. Per lui e gli altri nove invece ancora niente da fare. Solo dall’inizio del 2021 è riuscito a tenere aperta la gioielleria per qualcosa come quaranta giorni lavorativi. Incredulo non fa che domandarsi: “Perché? Noi chi siamo?”.

La sua è un’attività considerata “non essenziale”, ma arrivato a questo punto non ci sta più: “Ormai sono chiusi quasi soltanto i gioiellieri, i parrucchieri, gli estetisti, i cinema e i negozi d’abbigliamento che non vedono capi per bambini. È una situazione fatta male che è penalizzante solo per pochi”.

E la prospettiva è quella di non riaprire anche per il mese di aprile. Una decisione che Biasi non riesce a spiegarsi: “Da me entra un cliente all’ora se la giornata è bella. Quando faccio otto o dieci clienti al giorno sono contento”.

In questo periodo di deserto dei turisti a Sarnico poi l’affluenza di clienti sarebbe già ridotta di per sé: “Entrerebbe un terzo della gente ora, ma a me va bene, l’importante è aprire. Io sono stanco di stare tutto il giorno sul divano, voglio aprire il mio negozio ed essere lì”.

Anche Valeria Alebardi, 53 anni e moglie di Gianluigi, è proprietaria di un’attività. Lei gestisce il bar Imbarcadero a Paratico, che per una scelta dettata dalla scarsa convenienza – ci dice il marito – ha deciso di tenere chiuso. Intanto la situazione appare ormai insostenibile a livello mentale: “Siamo ultra depressi” dice Gianluigi.

Ma c’è anche un’altra depressione che preoccupa: quella economica. “La situazione è terribile. Questo mese ho la rata del mutuo, un finanziamento e una bolletta da 600 euro da pagare”.

Servirebbe un aiuto, ma di ristori al momento non se ne vedono. “Si sta ragionando sul calo del fatturato del 2019 e del 2020 per i ristori, ma devono darci qualcosa per adesso: una piccola goccia in questo momento è tanto, anche duemila euro per le bollette. Bisogna parlare del presente”. Un presente in cui far valere, secondo Gianluigi, un principio egualitario in questo momento quanto mai essenziale: «o tutti o nessuno». Presupposto per non diventare specie in via d’estinzione, o animale chiuso in gabbia in uno zoo, bersaglio impotente di sguardi di stupore.

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