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Istituto mario negri

Ariela Benigni: “Le differenze tra i vaccini, e cosa sappiamo sulle trombosi”

Abbiamo intervistato la dottoressa Ariela Benigni, Segretario Scientifico e Coordinatore delle Ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto Mario Negri (IRCCS), chiedendole di tracciare il punto sui vaccini

In queste settimane si sta parlando molto dei vaccini anti-Covid-19. In modo particolare l’attenzione si è concentrata sulle possibili controindicazioni a seguito del sequestro di alcuni lotti e della sospensione precauzionale per qualche giorno della somministrazione del vaccino AstraZeneca, ma anche per i dubbi connessi ad alcuni casi di trombosi.

Per saperne di più abbiamo intervistato la dottoressa Ariela Benigni, Segretario Scientifico e Coordinatore delle Ricerche delle sedi di Bergamo e Ranica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (IRCCS), chiedendole tutte le informazioni e come funzionano i vaccini che ad ora sono stati autorizzati dall’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali.

Come funzionano i vaccini anti-Covid-19?

Il Coronavirus SARS-Cov-2 è dotato di una capsula esterna da cui si diramano le proteine chiamate Spike che gli consentono di entrare nelle cellule. Al suo interno, invece,il virus contiene un codice genetico che gli serve per replicarsi producendo copie di virus uguali fra di loro una volta che ha infettato una cellula. La presenza della proteina Spike sulla superficie del Coronavirus è fondamentale per permettergli di infettare l’organismo: è una sorta di sistema d’aggancio che trova nelle nostre cellule una proteina recettore che le consente di legarsi ed averne accesso. Tutti i vaccini sono finalizzati a far sì che il nostro organismo produca anticorpi contro la proteina Spike.

E cosa succede in questi casi?

Gli anticorpi si legano al virus e lo contornano, questo fa sì che il nostro sistema immunitario riconosca il complesso anticorpi-virus e lo elimini. Queste considerazioni valgono per tutti i vaccini anche se utilizzano approcci metodologici differenti: quelli prodotti da Pfizer e Moderna sono basati sulla stessa tecnologia mentre quello di AstraZeneca ne usa un’altra.

Approfondiamo le differenze tra i vaccini

Per Pfizer e Moderna si è adoperata una tecnologia che è stata messa a punto anni fa anche per la produzione di farmaci oncologici: sono vaccini che si basano su RNA messaggero per la proteina Spike. Quando l’RNA messaggero presente nel vaccino entra nelle cellule, il messaggio viene tradotto e le cellule producono la proteina Spike e la esprimono sulla loro superficie. Il sistema immunitario avverte che questa proteina è estranea e sviluppa gli anticorpi che ci permettono di eliminare il virus.

AstraZeneca invece come funziona?

AstraZeneca e Sputnik (il vaccino russo non ancora autorizzato dall’Ema) adoperano un virus che viene inattivato in laboratorio, cioè viene reso incapace di replicarsi e al suo interno viene inserito materiale genetico che fa produrre alle nostre cellule la proteina Spike. È importante specificare, dunque, che con i vaccini anti-Covid-19 non si modifica il nostro DNA: non è vero né per l’RNA messaggero perchè non entra nel nucleo delle cellule (dove sta il DNA) e nemmeno per i vaccini basati su virus inattivati.

In termini di efficacia ci sono differenze tra queste due tipologie di vaccini?

Tutti i vaccini indistintamente proteggono dalla malattia grave ed è per questo che bisogna vaccinarsi: significa avere meno persone in terapia intensiva che costano sia in termini di vite umane sia alla società. Le percentuali di protezione che offrono, poi, sono diverse: per Pfizer e Moderna si aggirano attorno al 94-95% mentre per AstraZeneca la protezione si attesta intorno all’80%.

A che età è indicato AstraZeneca?

Inizialmente erano disponibili pochi dati sulla somministrazione di AstraZeneca sugli anziani e in via precauzionale gli enti regolatori hanno indicato che fosse meglio non utilizzarlo sulle persone in età avanzata. Un recente studio inglese, invece, mostra che è efficace anche sugli over 80, anche se affetti da altre patologie. Abbiamo ricavato queste informazioni ora perché i vaccini contro il Covid sono stati sviluppati straordinariamente in pochissimo tempo: sono state condotte tutte le prove necessarie per ottenere l’approvazione seguendo un iter preciso e scrupoloso che nel caso dei vaccini anti-Covid-19 è stato realizzato in tempi rapidi. Anche gli enti regolatori hanno lavorato velocemente considerando la tragedia che il mondo sta attraversando: lo sforzo comune di ricercatori in laboratorio, clinici, accademici, industrie farmaceutiche ed enti regolatori ha permesso di accelerare i tempi. Dagli studi condotti recentemente è emerso un altro dato importante: la somministrazione di una sola dose di vaccino garantisce una buona protezione.

Come mai si usano due dosi?

Ne sono state previste due per proteggere al massimo la popolazione vaccinata. AstraZeneca, però, ha condotto tantissime prove e gli studi effettuati evidenziano che una dose sola risulta molto protettiva. Per questo, in Inghilterra, hanno deciso di procedere somministrandone una per vaccinare il maggior numero di persone e estendendo l’intervallo del richiamo. I risultati ottenuti sono importanti: da gennaio a marzo 2021 i contagi sono passati da 59mila e 5.700, dieci volte meno, mentre i decessi sono crollati da 1.241 a 17. Da tempo stiamo suggerendo di applicare questa strategia anche in Italia e adesso abbiamo la prova che funzioni. Anche con Pfizer e Moderna si potrebbe prendere la stessa decisione, considerando che alcune ricerche attestano che allargando l’intervallo di tempo tra le dosi si ha un’efficacia dell’89%.

Come mai alcuni lotti di AstraZeneca sono stati sospesi?

Lo stop al vaccino AstraZeneca è attribuibile al fatto che in alcuni soggetti vaccinati si sono verificati fenomeni tromboembolici, cioè coagulazione del sangue e formazione di trombi. Sono eventi avversi degni di un’osservazione approfondita perchè non si tratta di complicanze modeste e transitorie come avere la febbre per due giorni, senso di fatica o qualche volta brividi ma sono problematiche che possono avere conseguenze anche fatali. Gli enti regolatori hanno voluto verificare se esiste un’associazione tra il vaccino e il verificarsi di fenomeni trombo embolici

Ci spieghi

L’associazione è stata esclusa sulla base di alcune autopsie e del fatto che le trombosi tra le persone vaccinate sono inferiori rispetto a quelle che si osservano nella popolazione generale: si è concluso che non c’è nesso di causalità. Hanno destato maggior preoccupazione alcuni rarissimi casi di trombosi del seno venoso cerebrale che si sono verificati in pochi soggetti rispetto a un numero di vaccinati molto elevato: 9 su 1,6 milioni in Germania, 3 su 2 milioni in Italia, 2 in Norvegia e 1 in Spagna. Sono stati realizzati approfondimenti durante lo stop alle somministrazioni.

Cosa è emerso?

Si è capito quale rimedio si può usare in chi sviluppa questo evento avverso grave. La grande attenzione che si sta concentrando sui vaccini rappresenta un motivo in più per capire le cause e individuare il rimedio qualora si verifichino eventi avversi. I vaccini anti-Covid 19, proprio per il dramma che sta creando questa pandemia in tutto il mondo, sono studiati in poco tempo ma molto a fondo, e questo costituisce un elemento di garanzia.

Quindi i vaccini anti-Covid sono sicuri?

Nessun vaccino è sicuro al 100%. In medicina si ragiona per benefici e rischi, se i primi sono superiori ai secondi, e nel caso di questi vaccini lo sono moltissimo, vale la pena di vaccinarsi. Lo stesso avviene per i farmaci: se leggiamo i foglietti illustrativi ci spaventiamo, ma se servono per curarci da una determinata patologia, ci accolliamo i rischi.

Recentemente l’Ema ha autorizzato un altro vaccino, Johnson&Johnson: quali sono le informazioni in merito?

È un vaccino efficace e si basa su una tecnologia simile a quella di AstraZeneca: utilizza vettori virali che trasportano DNA con l’obiettivo di far esprimere la proteina Spike. Ne basta una dose sola e dai dati pubblicati risulta efficace all’85% dopo 28 giorni e al 100% dopo 49 giorni.

Per concludere, oltre a evitare di contrarre il Covid in forma grave, i vaccini servono anche a non trasmetterla?

Alcuni dati indicano una certa protezione anche per quanto riguarda la trasmissibilità ma vanno raccolti altri dati. Ma non è tutto: secondo le ultime informazioni disponibili i vaccini avrebbero un effetto protettivo nei pazienti con Long Covid cioè coloro i quali hanno sintomi anche dopo essere guariti da molto tempo. Sembra che dopo il vaccino la percentuale di soggetti con Long Covid si riduca notevolmente rispetto ai soggetti che non lo hanno ricevuto.

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