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Storia dei vaccini - 2

Jenner ha scoperto la vaccinazione, Pasteur ha inventato i vaccini

Come il chimico francese, padre della microbiologia moderna, è giunto a creare il vaccino per la rabbia

La prima importante scoperta di Louis Pasteur, nello studio della vaccinazione, avvenne nel 1879 e riguardava una malattia chiamata colera di pollo (oggi i batteri che causano la malattia sono classificati nel genere Pasteurella). Pasteur, a tal proposito, disse: “Il caso favorisce solo la mente preparata”, ed è stata proprio l’osservazione casuale che ha portato alla scoperta che le colture di colera di pollo perdevano la loro patogenicità se mantenute ” attenuate “. Ha quindi inoculato i polli con la forma attenuata e ha dimostrato che i polli erano resistenti al ceppo virulento. Da quel momento in poi, diresse tutto il suo lavoro sperimentale verso il problema dell’immunizzazione e applicando questo principio a molte altre malattie.

Le ricerche sull’antrace

Pasteur iniziò a indagare anche l’antrace. A quel tempo un’epidemia di antrace, in Francia e in alcune altre parti d’Europa, aveva ucciso un gran numero di pecore e la malattia stava attaccando anche gli esseri umani. Il medico tedesco Robert Koch aveva già annunciato l’isolamento del bacillo dell’antrace, che poi Pasteur ha confermato. Koch e Pasteur hanno fornito indipendentemente prove sperimentali definitive che il bacillo della malattia fosse effettivamente responsabile dell’infezione. Ciò stabilì saldamente la teoria dei germi della malattia, che poi emerse come il concetto fondamentale alla base della microbiologia medica.

Pasteur voleva quindi applicare il principio della vaccinazione contro l’antrace (chiamato anche carbonchio), preparando colture attenuate del bacillo dopo aver determinato le condizioni che hanno portato alla perdita di virulenza dell’organismo. Nella primavera del 1881 ottenne il sostegno finanziario, principalmente dagli agricoltori, per condurre un esperimento pubblico su larga scala di immunizzazione all’antrace.

L’esperimento si è svolto a Pouilly-le-Fort, nella periferia meridionale di Parigi. Pasteur ha immunizzato 70 animali da fattoria e l’esperimento è stato un completo successo. La procedura di vaccinazione prevedeva due inoculazioni a intervalli di 12 giorni con vaccini di diversa potenza. Un vaccino, da una coltura a bassa virulenza, è stato somministrato a metà delle pecore ed è stato seguito da un secondo vaccino proveniente da una coltura più virulenta del primo. Due settimane dopo queste vaccinazioni iniziali, sia la pecora vaccinata che quella di controllo sono state inoculate con un ceppo virulento di antrace. In pochi giorni tutte le pecore di controllo morirono, mentre tutti gli animali vaccinati sopravvissero. Questo ha convinto molte persone che il lavoro di Pasteur fosse davvero valido.

La rabbia

Dopo il successo dell’esperimento di vaccinazione contro l’antrace, lo scienziato si è concentrato sulle origini microbiche della malattia. Le sue indagini su animali infettati da microbi patogeni e i suoi studi sui meccanismi microbici che provocano effetti fisiologici dannosi negli animali, lo hanno reso un pioniere nel campo della patologia infettiva. Si dice spesso che il chirurgo inglese Edward Jenner ha scoperto la vaccinazione e che Pasteur ha inventato i vaccini. Infatti, quasi 90 anni dopo che Jenner iniziò l’immunizzazione contro il vaiolo, Pasteur sviluppò effettivamente un altro vaccino: il primo contro la rabbia.

Il chimico francese aveva deciso di affrontare il problema nel 1882, anno della sua accettazione all’Académie Française. La rabbia era una malattia terribile e orribile che aveva affascinato per secoli l’immaginazione popolare a causa della sua origine misteriosa e della paura che generava. Conquistarlo sarebbe lo sforzo finale di Pasteur.

Louis Pasteur era un chimico e microbiologo francese che iniziò la sua carriera studiando le malattie dei bachi da seta e le cause della non corretta fermentazione di vino, birra e aceto, e che successivamente centrò la sua attenzione, come suddetto, sulle malattie infettive dei vertebrati, quali carbonchio ematico e colera aviario. Solo negli ultimi anni della sua brillante carriera Pasteur si dedicò, per nostra fortuna, allo studio di un vaccino contro la rabbia, malattia che impressionava molto l’immaginazione pubblica con visioni di “vittime furiose e urlanti o soffocate tra due materassi”, come scrisse Émile Duclaux, collega di Pasteur e anche il trattamento cui venivano sottoposte le vittime di rabbia non era meno orrendo (cauterizzazione delle ferite da morso con un tizzone ardente).

Pasteur ha quindi il merito di aver allestito il primo vaccino per il trattamento della rabbia umana e animale.

Microbo?

Pasteur sospettava che l’agente che causava la rabbia fosse un microbo (in seguito si scoprì che l’agente era un virus ). Era troppo piccolo per essere visto al microscopio di Pasteur , e quindi la sperimentazione con la malattia richiedeva lo sviluppo di metodologie completamente nuove. Egli scelse di condurre i suoi esperimenti usando conigli e trasmise l’agente infettivo da animale ad animale mediante inoculazioni intracerebrali fino a quando non ottenne una preparazione stabile. Per attenuare l’agente invisibile, aveva essiccato il midollo spinale degli animali infetti fino a quando la preparazione diventava quasi non virulenta. In seguito si rese conto che, invece di creare una forma attenuata dell’agente, il suo trattamento l’aveva effettivamente neutralizzata. (Pasteur percepiva l’effetto neutralizzante come un effetto letale sull’agente, poiché sospettava che l’agente fosse un organismo vivente.) Quindi, piuttosto inconsapevolmente, aveva prodotto, invece di microrganismi vivi attenuati, un agente neutralizzato e aperto la strada per lo sviluppo di una seconda classe di vaccini, noti come vaccini inattivati.

In seguito, Pasteur e il suo collega medico Émile Roux, cominciarono a occuparsi della rabbia dei cani cercando di trasmettere l’infezione in cani sani mediante inoculazione di saliva di animali rabidi, ma con risultati variabili e imprevedibili. Più tardi, si resero conto che l’agente eziologico si concentrava nel midollo spinale e nel cervello e non riuscendo a isolare un microrganismo, i due ricercatori applicarono estratti di midollo spinale rabido direttamente sul cervello di cani, riuscendo così a riprodurre la rabbia in pochi giorni.

L’obiettivo successivo fu quello di sviluppare un vaccino in grado di fornire protezione ai soggetti morsicati prima che, dal sito del morso, l’agente della rabbia riuscisse a raggiungere il midollo spinale e quindi il cervello. Per far ciò i due ricercatori prepararono delle sospensioni a partire da strisce di midollo spinale di conigli rabidi attenuate mediante essiccamento all’aria per 12 giorni nelle famose “bottiglie di Roux”: tali estratti vennero inoculati giornalmente sottocute in un cane partendo da quello più attenuato fino a quello meno attenuato inoculato al 12° giorno. Alla fine del trattamento il cane fu completamente resistente ai morsi di cani rabidi e non sviluppò la rabbia neanche quando l’estratto meno attenuato venne applicato direttamente nel cervello.

L’esperimento venne ripetuto su 40 cani sempre con risultati molto incoraggianti.

In seguito alla conferma del successo di questo approccio per la prevenzione della rabbia mediante vaccinazione, Pasteur ricevette un consenso unanime e gli venne fatta molta pubblicità. Ma perché quindi non usare il vaccino nell’uomo? Molto francamente, Pasteur era terrorizzato che qualcosa potesse andare storto ed era molto a disagio nel non riuscire a isolare l’agente della rabbia, sostenendo che erano necessari ancora molti anni di studio prima di applicare un trattamento di questo tipo nell’uomo (in cui erano state condotte due sole e inconcludenti prove).

Il vaccino e il bambino

Ma un fatto inatteso obbligò Pasteur ad agire prima del previsto.

Il 6 luglio 1885, Joseph Meister, un bambino di 9 anni, venne portato dalla mamma nei laboratori di Pasteur: due giorni prima il bambino era stato morsicato ripetutamente da un cane rabido ed era così malconcio da non poter quasi neanche camminare. La signora lo pregò di trattare suo figlio in modo tale che potesse lottare contro una morte certa: Pasteur, dopo essersi consultato con i dottori Grancher e Vulpian, emeriti medici dell’Académie Nationale de Médecine francese, si decise a intervenire effettuando 13 inoculazioni in 10 giorni analoghe a quelle eseguite sui cani. Malgrado l’apprensione di Pasteur, il bambino guarì perfettamente e fu riconoscente a vita al suo salvatore, tanto da rimanere custode dei laboratori di Pasteur per tutta la vita.

Pochi mesi dopo si presentò a Pasteur un’altra vittima della rabbia, un giovane pastore anch’egli morsicato gravemente da un cane rabido nel tentativo di salvare degli amici e anche lui guarì.

La voce di questi successi si sparse a macchia d’olio e la sua reputazione raggiunse livelli mai visti in precedenza per uno scienziato. Vittime di morsi di cani e lupi provenienti da tutta la Francia, la Russia e persino gli Stati Uniti si presentavano nei laboratori di Pasteur per il trattamento salvavita ed egli divenne un eroe e una leggenda. L’Institut Pasteur venne costruito a Parigi con sovvenzioni pubbliche e governative proprio per trattare le vittime della rabbia che arrivavano nei suoi laboratori sempre più numerose. E anche la comunità medica, dopo le critiche iniziali dovute al fatto che il vaccino conteneva un agente virulento, accettò il metodo di Pasteur come trattamento della rabbia altrimenti mortale.

Dieci anni dopo il suo primo intervento vaccinale di successo nell’uomo, Pasteur morì e venne seppellito con funerali di stato, da vero eroe nazionale, nella cattedrale di Notre-Dame, prima di essere trasferito nella sua destinazione definitiva: una cripta all’interno dell’Institut Pasteur.

E l’ex bambino salvato salvò Pasteur

Concludiamo con una (triste) curiosità: nel 1940 i soldati tedeschi che avevano occupato Parigi ordinarono a Joseph Meister, il ragazzino che 45 anni prima aveva fatto la storia della medicina non ammalandosi di rabbia dopo la vaccinazione di Pasteur e che era rimasto custode dei laboratori del suo salvatore, di aprire la cripta dello scienziato, ma l’uomo, piuttosto che obbedire a questo preferì suicidarsi.

Infine un breve cenno sulla malattia: Il virus della rabbia, o rhabdovirus del genere Lyssavirus è una zoonosi che colpisce un ampio gruppo di mammiferi domestici e selvatici, inclusi i pipistrelli. L’infezione degli umani generalmente avviene attraverso la puntura di un animale infetto. Ogni altro contatto, con penetrazione della pelle, che avvenga in un’area a rischio rabbia deve essere trattata con cautela. Essa consiste in una encefalomielite virale acuta, che è pressoché invariabilmente letale. I sintomi iniziali sono senso di apprensione, mal di testa, febbre, malessere e modificazioni sensoriali intorno al sito del morso dell’animale. Sono comuni eccitabilità, allucinazioni e aerofobia, seguite in alcuni casi da paura dell’acqua (idrofobia) dovuta a spasmi dei muscoli della glottide e da un delirio progressivo, convulsioni e morte in pochi giorni dall’esordio.

La rabbia continua a essere un importante problema di sanità pubblica a livello mondiale, essendo una malattia presente in tutto il mondo e circa il 98% dei casi di rabbia umana riguarda regioni con molti cani randagi e domestici ma è presente in molti altri mammiferi. Particolarmente vulnerabili sono i bambini che giocano in strada. Essi possono non riferire immediatamente morsi e graffi ricevuti da cani. Si calcola vi siano 55.000 morti all’anno per rabbia, la maggior parte delle quali causate dal morso di un cane. L’Asia e l’Africa sono i continenti dove si registra la maggior parte dei casi.

Nella maggior parte dei Paesi industrializzati, la rabbia è tenuta sotto controllo mediante vaccinazione orale degli animali selvatici e vaccinazione parenterale obbligatoria degli animali domestici, oltre che mediante trattamento pre e post esposizione in campo umano. E malgrado la rabbia sia una malattia assolutamente prevenibile, si conta che ancora oggi nel mondo muoia di rabbia una persona ogni 10 minuti.

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