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Due bergamasche

Venerabili altre tre suore delle Poverelle morte curando i malati di Ebola

Si tratta di Vitarosa Zorza e Danielangela Sorti: con loro anche la bresciana Annelvira Ossoli

Diventano venerabili altre tre suore lombarde morte in Congo nel 1995 a causa di Ebola. Non fuggirono ma restarono ad assistere i malati colpiti dal terribile virus: la bresciana Annelvira Ossoli e le bergamasche Vitarosa Zorza e Danielangela Sorti.

Il 20 febbraio erano diventate venerabili le prime tre suore delle Poverelle-Istituto Palazzolo, fondate a Bergamo: Floralba (Luigia Rosina da laica) Rondi, nata il 10 dicembre 1924 a Pedrengo e morta a Mosango (Repubblica Democratica del Congo) il 25 aprile 1995; Clarangela (Alessandra) Ghilardi, nata il 21 aprile 1931 a Trescore Balneario e morta a Kikwit, 400 chilometri dalla capitale Kinshasa, il 6 maggio 1995; Dinarosa (Teresa Santa) Belleri, nata l’11 novembre 1936 a Cailina di Villa Carcina (Bs) e morta a Kikwit il 14 maggio 1995.

Il 17 marzo 2021 Papa Francesco ha autorizzato i decreti che riconoscono le virtù eroiche di sette figure esemplari, un arcivescovo, tre sacerdoti e tre religiose. Mercurio Maria Teresi (1742-1805): trascorre la sua vita religiosa come missionario portando la Parola di Dio in ogni angolo della Sicilia ed è arcivescovo di Monreale; Cosma Muñoz Pérez (1573-1636), sacerdote diocesano spagnolo, fondatore delle Figlie del patrocinio di Santa Maria; Salvatore Valera Parra (1816-1889), anch’egli sacerdote diocesano spagnolo; Leone (Clodoveo) Veuthey (1896-1974), svizzero, sacerdote dei Frati minori conventuali.

Le altre tre suore delle Poverelle morte in Africa sono: Annelvira (Celeste Maria) Ossoli, nata il 26 agosto 1936 a Orzivecchi (Bs) e morta a Kikwit, Repubblica Democratica del Congo, il 23 maggio 1995; Vitarosa (Maria Rosa) Zorza, nata il 9 ottobre 1943 a Palosco e morta a Kikwit il 28 maggio 1995; Danielangela (Anna Maria) Sorti, nata il 15 giugno 1947 a Bergamo e morta a Kikwit l’11 maggio 1995.

Le tre religiose muoiono nel maggio 1995, a pochi giorni l’una dall’altra. In aprile erano morte le prime tre dichiarate venerabili. Suor Annelvira Ossoli, sentendo della gravità del contagio, non esita a percorrere 500 chilometri su strade impervie per essere accanto alle malate. Qualche giorno dopo accusa febbre e sintomi della malattia. Messa in isolamento, chiede di riservare il plasma per le trasfusioni ai bambini che ne hanno più bisogno.

Donarsi per amore, sono “martiri della carità”. Nell’attuale pandemia per il Covid-19 ci sono medici, infermieri, personale sanitario che pagano con la vita la propria dedizione. Papa Francesco li definisce “santi della porta accanto”. La missione delle suore inizia nel 1952 nel Paese africano che allora si chiamava Congo Belga. Ebola è una febbre emorragica molto contagiosa che non perdona. Sono nell’epicentro dell’epidemia nell’ospedale con 11 padiglioni e 400 posti letto, ma in emergenza accoglie anche mille malati. Possono scappare e invece restano fedeli alla strada indicata dal fondatore Luigi Maria Palazzolo che predicava la dedizione ai più poveri “in servizio degli ammalati anche in tempo di malattie contagiose”. Altre suore raggiungono Kikwit dove Ebola colpisce 220 persone con 176 morti. Le “martiri della carità” riposano in terra africana.

“Nella loro vita ordinaria c’è straordinarietà” sostiene la postulatrice, suor  Linadele Canclini: “Conoscendo la vita di ciascuna, trovo una dedizione incondizionata dal primo giorno della missione in Congo, una dedizione totale nel quotidiano, straordinaria nell’ordinarietà. La prima a morire fu suor Floralba Rondi, che aiutava tutti. Il personale la sconsigliava, era grave, vomitava, perdeva sangue. Rispondeva che era suo compito soccorrere i malati. La superiora provinciale si precipitò percorrendo strade impervie e arrivando a mezzanotte per assistere le consorelle. Un’altra arrivò da Kinshasa perché voleva aiutare le suore stanche”.

A Bergamo abbiamo installato un fax in collegamento con Kinshasa, collegata a sua volta con Kikwit. Di quei giorni drammatici c’è una documentazione di 200 pagine che informava la Casa madre di quello che accadeva in Africa.

Ricorda suor Canclini: “Io ho ascoltato molti testimoni prima della causa in via informale e durante la causa in via ufficiale, e tutti hanno ripetuto la stessa frase: ‘Non c’è amore più grande che dare la vita per coloro che si amano’. Per le suore tutti i congolesi erano ‘nostri fratelli’. Hanno offerto una  testimonianza evangelica semplice ed essenziale, fortissima e radicale. Mi sono recata varie volte in Congo e tutti le chiamavano e le chiamano tuttora ‘le nostre suore’. Il loro è un richiamo fortissimo che nel mondo di oggi si rischia di perdere. Le conoscevo tutte personalmente, come ci si conosce tra consorelle”.

Il sacerdote bergamasco Luigi Maria Palazzolo (1827-1886) sarà proclamato santo. Fonda la Congregazione delle suore delle Poverelle a Bergamo nel 1869 con suor Teresa Gabrieli. L’Istituto si diffonde prima nel Nord Italia, poi nei continenti Africa e America Latina. Non sono le “Suore poverelle” ma le “suore delle Poverelle” – cioè le religiose che assistono le poverelle – e il fondatore lascia loro l’impegno della carità verso gli ultimi e i più poveri. Racconta: “Io cerco e raccolgo il rifiuto di tutti gli altri, perché dove altri può giungere fa assai meglio di quello che io potrei fare, ma dove altri non giunge, cerco di fare qualcosa io, così come posso”. In sostanza cerca gli scarti.

Il bergamasco don Palazzolo fu proclamato beato il 19 marzo 1963 dal Papa bergamasco Giovanni XXIII.

Cinquantasei anni dopo, il 19 marzo 2019, Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto di canonizzazione di don Palazzolo e la bergamasca Teresa Gabrieli è stata dichiarata venerabile. A causa della pandemia di Covid-19 le celebrazioni di beatificazione e di canonizzazione sono sospese.

(foto suoredellepoverelle.it)

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