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Dossier 2021

Quegli impianti da sci dismessi in Bergamasca, Legambiente: “Ripensare il turismo invernale”

L'associazione: "Valorizzare le realtà che da tempo promuovo alternative al costoso e impattante business dello sci da discesa. Verso i Giochi Olimpici invernali Milano-Cortina bisogna proteggere le aree montane dagli appetiti speculativi"

Il comparto sciistico sta vivendo una crisi senza precedenti a causa del Covid-19, così come tanti altri comparti che afferiscono al settore turistico. Un quadro da tenere certamente in considerazione quando si parla dello stato dell’arte del turismo invernale, nel quale si inserisce il dossier Nevediversa 2021, redatto da Legambiente e che annualmente illustra le condizioni di impianti da sci dismessi o abbandonati e analizza gli ingenti costi ambientali ed economici per sostentare il comparto sciistico con innevamento artificiale laddove gli effetti del cambiamento climatico sono tangibili nell’assenza di precipitazioni nevose.

In Lombardia si contano ad oggi 669 chilometri di piste per lo sci alpino e 33 comprensori serviti da 214 impianti di risalita. Sono 21 gli impianti che risultano dismessi, per assenza cronica di neve, fallimenti, crisi economica, fine “vita tecnica” delle strutture poi non rinnovate. Queste installazioni spesso lasciano sul territorio ruderi delle stazioni di partenza e arrivo, piloni in cemento armato abbandonati, cavi in acciaio non rimossi, come nel caso dello skilift sul Monte Poieto, nei Comuni di Selvino e Aviatico, dismesso addirittura negli anni ’60, e la seggiovia sul Monte Arera nel Comune di Oltre Il Colle.

“Queste situazioni devono essere di forte monito a quello che potrebbe essere il destino degli impianti che verranno realizzati per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina – sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Ci chiediamo cosa potrà accadere sul territorio una volta passata l’euforia dei Giochi: se le condizioni climatiche ed economiche non dovessero consentire il rilancio tanto atteso, avremo altre cattedrali nel deserto? Per evitare di trovarci in situazioni già viste, come nei mondiali 2005 in Valtellina o nelle Olimpiadi di Torino del 2006, ci aspettiamo una forte vigilanza su progetti e conti economici, per proteggere le aree montane dagli appetiti speculativi che inevitabilmente vengono generati dai grandi eventi”.

L’Europa oggi chiede agli Stati membri di sostenere nei territori una ripresa “verde” in grado di arginare i cambiamenti climatici e costruire nuovi posti di lavoro. Il Green Deal impone di affrontare il sistema montagna nella sua globalità e nelle sue potenzialità, non come un’appendice residuale della città, della quale ci si ricorda solo perché non si può andare a sciare. Proprio in questo particolare periodo storico la montagna, per le caratteristiche che le sono proprie, che consentono una fruizione all’aria aperta e il distanziamento sociale, può diventare uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità, dove iniziare con uno spostamento degli investimenti tradizionali dallo sci alpino verso attività alternative.

“La rincorsa alla montagna dell’era Covid ha messo in luce il problema della mobilità, con piccole aree un tempo marginali, prese d’assalto con parcheggi selvaggi e una frequentazione irresponsabile dei territori, basti pensare al massiccio ricorso alle motoslitte per ovviare all’assenza al non funzionamento degli impianti di risalita, on inevitabili conseguenze in termini di inquinamento acustico e dell’aria – aggiunge Lorenzo Baio, vicedirettore di Legambiente Lombardia -. È necessario ripensare la frequentazione di questi ecosistemi, delicati e spesso fortemente compromessi dall’attività umana, anche e soprattutto a seguito di una pandemia che sta spingendo a modificare il nostro approccio ai luoghi”.

Il dossier Nevediversa ha anche il compito di raccontare storie di riconversione e buone pratiche di un turismo soft e più sostenibile. Perché la montagna non è solo industria della neve e sono molteplici le attività che vanno oltre lo sci da discesa: dai rifugi, agli agriturismi, dalle guide alpine ed escursionistiche, agli artigiani, ai produttori locali. Nel rapporto 2021 si leggono le esperienze positive dell’albergo diffuso di Ornica, gestito dalla cooperativa Donne di Montagna, tra gli operatori che in questa stagione stanno perdendo la gran parte dei visitatori a causa delle restrizioni per il perdurare dell’emergenza sanitaria e che vanno sostenute perché non scompaiano.

“Il turismo dello sci rappresenta un settore economico essenziale per molti centri montani – conclude Baio -. Ma l’offerta turistica invernale in Italia, come mostra il dossier è spinta da sussidi e iniezioni di capitali speculativi, che non tengono conto di vincoli ambientali e paesaggistici, delle aree protette, e che non riescono ad andare ‘oltre lo sci’, valorizzando i paesaggi, le risorse culturali, naturalistiche, gastronomiche che rendono inimitabile ogni località alpina. Noi vediamo però molte iniziative interessanti che andrebbero accompagnate. Ci vuole solo una volontà diversa”.

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