È un giovedì grigio arancione.
La città nel freddo inatteso del mattino pare triste, e orfana di allegri schiamazzi di bimbi e adolescenti in uscita da scuole ora repentinamente chiuse.
Bar ed i ristoranti sono inaccessibili agli avventori.
Qualche rider sfreccia in bici. Stringe il cuore.
Epperò. A un tratto il mio telefono cellulare, che custodisce molti dettagli della mia e di altrui vite emette un suono di notifica.
Sobbalzo.
Un SMS da RL (acronimo di Regione Lombardia, chè a scriverlo per esteso sembrava uno spreco) convoca la mia mamma in un remoto paese di provincia per la prima dose di vaccino contro il Covid.
E son felice.
Perché per più di un anno non ci siamo più abbracciate, per non rischiare, ripeteva lei.
Ma la sua perseveranza in questa cattività forzata non è stata vana.
Oggi, orgogliosa che tocchi a me l’incombenza di restituirla a quella vita che lei stessa un giorno mi diede, la carico in auto e con grande anticipo arriviamo al centro vaccinale.
Volontari di encomiabile efficienza lo presidiano.
C’è chi indica dove parcheggiare l’auto, chi spiega il percorso, chi quali moduli da compilare, chi come compilarli.
Tutto sotto l’occhio vigile e rassicurante degli Alpini, che se non ci fossero bisognerebbe inventarli.
Gli stessi Alpini che nei giorni più tragici di Bergamo allestirono in poco più di una settimana, con gli artigiani bergamaschi e i medici di Emergency, l’Ospedale della Fiera.
Il primo lume di speranza per tanti.
Ecco.
Debbo dire che se dovessi pensare a un esempio di generosità organizzazione e operosità bergamasca non penserei a nessun politico e neanche imprenditore .
Penserei invece proprio alle Penne Nere.
E allora viva gli Alpini. In servizio e congedati, che tanto si sa: Alpino un giorno Alpino sempre.
Siete la generosità sotto un cappello. Con la piuma.
Una lettrice
commenta